
Declino, caduta, fallimento, insuccesso: parole simili, eppure molto differenti. Il significato del Flop di Salmo riguarda proprio questi termini. Cosa significa fallire all’interno di un mondo così interconnesso e fatto di classifiche? Un prodotto artistico può dirsi effettivamente “sbagliato”? A tutte queste domande cerca di rispondere Salmo (a.k.a. Maurizio Pisciottu) con il disco uscito in data 1 ottobre 2021 per Columbia/Sony Music Italy.
L’insuccesso è semplicemente un’opportunità per cominciare di nuovo, questa volta in modo più intelligente.
(Henry Ford – Elogio dell’insuccesso)
Partendo proprio da questa citazione, cercheremo di mostrarvi la retorica dello scherno attorno a cui ruotano i testi dell’artista di Olbia e, ancor più, qual è il vero “declino” trattato nell’album. Ad essere messo in discussione è il panorama musicale che circonda l’artista: già da ora, sappiate che Flop non è affatto un errore artistico, anzi. Questo disco è un progetto ampio che mette in luce il “peccato veniale” – rimanendo nel quadro concettuale proposto dal rapper – che il mercato sta compiendo negli ultimi anni.
Immagini speculari: Salmo ed Eric Draven
Vorrei proporre ora un’analogia: chi è cresciuto nei ‘90 sicuramente ricorderà il film The Crow (il Corvo) con protagonista Brandon Lee – il figlio di Bruce Lee, venuto a mancare proprio durante le riprese del film a causa di un colpo di pistola. Per quanti non lo conoscessero (nel caso, recuperatelo) la storia si articola in modo piuttosto lineare. Eric Draven (Brandon Lee) viene assassinato, assieme alla sua compagna, durante la Notte del Diavolo – così chiamata a seguito dell’esplosione di violenza che si ripropone ogni anno puntuale: per una notte, tutti i crimini vengono resi legali.
Il corvo costituisce il tramite tra la vita e la morte: riporta in vita il corpo esanime di Eric, trasformandolo però in un essere privo di scrupoli e con l’unico obbiettivo della vendetta. A tutti gli effetti nasce l’anti-eroe.
Sbalordito il diavolo rimase, quando comprese quanto osceno fosse il bene e vide la virtù nello splendore delle sue forme sinuose.
T-Bird (David Patrick Kally) – The Crow
A onor del vero, questa frase riprende un celebre verso in Paradise Lost (il Paradiso perduto) di John Milton. Ma cosa c’entrano il corvo di Brandon Lee e John Milton con Salmo? Il motivo è presto spiegato: esattamente come nel film abbiamo questa concezione di eroe (e di errore) che viene dilaniato dal sentimento di vendetta, allo stesso modo Salmo nel suo Flop stigmatizza l’errore. E lo fa nel modo più violento possibile, cioè attraverso il riso. Flop è un continuo schernire i luoghi comuni del rap italiano, un voler abbracciare le nuove regole imposte dal mercato ma, al contempo, un farsi beffa di queste (es. “Non sono sceso a compromessi, mami, per il rap sono una troia, quindi se mi ami mi paghi“).
Bisogna soffermarsi però un attimo in più: “Sbalordito il diavolo rimase, quando comprese quanto osceno fosse il bene”. Non è questo proprio quello stupore (misto a disillusione) che l’artista di Olbia cerca di presentare nel corso di queste 17 canzoni? Certo che sì! È proprio quella volontà di stravolgere la propria figura artistica, offrendo al pubblico suoni sempre diversi – a tratti pop, a tratti punk, alle volte dal gusto classic, altre sperimentali.
Il lavoro che c’è dietro Flop è notevole, e si sente. Quando Salmo scrive “Questo disco mi ha salvato la vita, è scritto con il sangue” intende proprio quanto abbiamo appena detto. Con Flop lui punta a spogliarsi di ogni “maschera” (e delle aspettative che il pubblico in lui ripone), per proporre violentemente una nuova figura del suo essere musicista. Così come Eric Draven cerca vendetta uccidendo senza pietà, allo stesso modo Salmo in Flop annienta se stesso e tutto quell’immaginario musicale che il pubblico aspettava con il suo ritorno.

Il declino: un mercato musicale ormai esausto
Partiamo dal primo termine che abbiamo proposto: il declino. Perché parliamo di declino dell’industria musicale? Semplice: abbiamo una generale omologazione delle tematiche proposte da artisti ed etichette – lo scenario non varia da anni, considerando alcune degne eccezioni. Alcuni potrebbero parlare di trend, ma non è questo il caso. Un trend può definire la musicalità di un certo periodo – pensiamo al suono proposto nel 2010 o, ancora, tutto l’immaginario portato dai Dogo nel primo decennio del 2000. Nonostante questo, negli anni ogni artista aveva delle peculiarità ed un modo di scrivere differente dal resto della scena.
Quello a cui possiamo assistere negli ultimi anni è un’uniformarsi di carattere tematico, e molti criticano la nuova scena proprio per questo. Parliamo di “declino del mercato musicale” proprio per tale ragione: sono davvero pochi i prodotti che riescono a differenziarsi tra le tantissime uscite. Portando la questione ad un livello prettamente teorico – successivamente vedremo cosa questa visione comporta nella vita del consumatore – notiamo che siamo in un periodo di forte “depressione” (per utilizzare il linguaggio dell’economista britannico Keynes).
Quando parliamo di declino “e/o di depressione” artistica ci riferiamo a quella volontà di anteporre al valore artistico la costante produzione: in buona sostanza, alla qualità è stata preferita la quantità. Questo è il vero “Flop” con cui deve confrontarsi il mercato, non certamente quello di Salmo.

La caduta: Salmo e l’angelo di Cabanel
Se per un verso stiamo assistendo ad un mercato saturo di stereotipi e cliché, con Flop di Salmo abbiamo il grande terremoto: è interessante notare come questo nuovo disco dell’artista sardo sia apertamente provocatorio nei confronti di tutto ciò che, negli anni, è stato portato avanti a livello discografico. Già nell’incipit del disco abbiamo un segno di ciò: “Ti giuro, non capisco questi ragazzini ricchi con la smania per le armi mentre sparano a salve immagino fucili tra le mani dei tuoi figli quando parte un colpo in canna dritto sulle tue pa**e”; per proseguire..
È il ritorno del Salmone sulla traccia
Antipatico – Flop (Salmo)
Il tipico stile del “tipitipititichitibum“
Fermi tutti: ha citato Neffa?! Ora, alcuni potrebbero vedere una sorta di omaggio, eppure non mi pare sia questo l’intento di Salmo. Senza alimentare le idee polemiche o presunti dissing, il messaggio che traspare da queste parole è semplice, forte ed immediato: attraverso l’ironia, con il suo Flop, Salmo si fa scherno tanto delle nuove mode – e manie protagonistiche – quanto dello zoccolo duro di una cultura hip hop, ferma nel passato.

E allora, Maurizio è proprio l’angelo caduto di Alxandre Cabanel. In che senso? Prestiamo attenzione. Proprio come l’angelo (caduto) nel suo sguardo rancoroso esprime violenza, la volontà di contrastare tanto il giudizio impostogli quanto le conseguenze che ciò comporta, analogamente Salmo con la sua musica e la sua immagine punta al cuore, canta con disprezzo di ciò che lo circonda. Riprendendo il famoso quadro, l’artista fa del suo ego immagine dannata: con quello sguardo triste e severo accetta il giudizio, accetta di non essere ciò che il pubblico richiede. La musica è il suo atto di violenza: attraverso lo scherno dimostra di reggere il peso dell’esclusione.
Il rapper è solo, certo, ma l’eco della sua caduta porta con sé tanta nuova musica (e linfa vitale per il mercato): il Flop non è di Salmo, ma di chi attorno a lui ha preferito adagiarsi sul consenso di un pubblico accomodante, alla ricerca di ciò che già conosce.
Tra fallimento e insuccesso
Seguendo tutto ciò che abbiamo detto, può apparire chiaro che “fallimento e insuccesso” hanno un doppio volto: da un lato, c’è il non essere compresi all’interno delle dinamiche di mercato, dall’altro quello di rimanere fedeli alla propria arte. L’ago della bilancia dove sta? Chiaramente nel pubblico! Il pubblico è il consumatore e, dunque, il protagonista che determina i tempi di consumo di un certo prodotto musicale. Chiaramente sono presenti anche elementi di contorno: prendiamo i molti dischi che hanno risentito della loro uscita in pieno clima covid – Famoso di Sfera, GarbAge di Nitro, Maxtape di Nerone.
Ciò non toglie il fatto che sia il pubblico a determinare la buona riuscita di un progetto artistico. Parliamoci chiaramente, in molti sono partiti prevenuti nei confronti di questo Flop: spesso ci si limita a censire un disco come “non buono” perché magari non lo si è compreso. È triste constatare che negli anni il cinismo da parte del pubblico sia sempre più persistente – non ci riferiamo solo in relazione a Salmo, chiaramente. A questo punto sorge spontanea una questione: il fallimento è davvero di Salmo? O, forse, di quanti hanno speso poco tempo per comprendere un disegno di più ampio respiro?

E qui, si palesa l’insuccesso: l’insuccesso di un mercato musicale che non ha saputo comunicare al pubblico il giusto modus operandi, che ha favorito la quantità, l’esigenza di un prodotto “sempre nuovo”, a discapito di uno in grado di resistere al tempo. E Salmo come risponde a tutto questo? Risponde presentando NON il suo flop, ma il Flop di tutta un’industria; e lo fa con il sorriso beffardo di chi non rivolge attenzione a certi meccanismi e ad un certo modo di intendere la musica.
Alcuni potrebbero insistere che, di fatto, Maurizio non è assolutamente fuori da queste dinamiche e che, anzi, il suo disco tocca più sonorità proprio per accontentare un pubblico variegato: (forse) è anche così, ma ritengo che l’artista abbia pensato a fare semplicemente quello che più gli piaceva, in modo disinteressato e fuori dal tesserato delle vendite. Sei davvero sicuro che questo disco non ti sia piaciuto? Io non credo.

FLOP: il disco peggiore (per la scena)
Giungendo alla fine di questa analisi, possiamo dire che Flop è veramente il disco peggiore! Non certo per Salmo, ma certamente per l’attuale scenario urban: è variegato, ribelle e non bramoso di ricevere il consenso popolare. Come avete modo di capire, ogni punto è perfettamente al suo posto: Salmo è proprio quel Lucifero dipinto da Cabanel; è il “portatore di luce” (lux-fero) all’interno di una scena musicale avvolta dall’oscurità del mediocre.