
C’è chi, per alchimia, intende la possibile trasformazione dei metalli in oro e chi, invece, il rimedio per il prolungamento della vita. Altri la interpretano come insolito accostamento di fattori che genera un effetto originale e raffinato. Per Ainé, al secolo Arnaldo Santoro, prima che tutto questo, l’alchimia indica il ritrovamento di un equilibrio tra due elementi che non si trovano al di fuori da sé stesso: l’essere artista e musicista, ma, ancor prima, una persona.
Ed è principalmente di questo che parla Alchimia, Ep pubblicato per Virgin Records in cui le parti dell’artista si parlano nei testi così come i generi musicali dialogano sulla strumentale, spaziando dal soul all’elettronica, mentre ci si libra sull’R&B.
I sette nuovi brani di questo progetto arrivano a due anni di distanza dal secondo album ufficiale, Niente di me. Due anni in cui Ainé e Arnaldo si sono persi, cercati e ritrovati: finalmente insieme, le due anime dell’artista si rintrecciano in un viaggio musicale ed umano, mirando al futuro e senza dimenticare il passato. In questo percorso né l’artista né l’essere umano, però, sono stati da soli.
Ad accompagnarli, infatti, un team di artisti che prima di essere tali sono anche amici: Davide Shorty, Serena Brancale, Sissi, Clementino, Ensi e Tormento. Insomma, un’alchimia che riguarda anche le collaborazioni in cui soul e rap si combinano senza soluzione di continuità. E allora, per farci raccontare di tutte queste sfumature della sua alchimia, sia di musica che di vita, abbiamo fatto una bella chiacchierata con Ainé o, dovremmo dire, anche con Arnaldo.
Ciao Ainé! Benvenuto su lacasadelrap.com! Questo progetto arriva a due anni di distanza da Niente di me. Cos’è successo alla tua musica in quest’arco di tempo?
Prima che alla mia musica è successo qualcosa alla mia persona. È stato un momento di grande riflessione, una ricerca del fulcro e della via sul piano personale prima che a livello musicale. Tra l’altro, in questo tempo, c’è stata la pandemia, quindi questo percorso è stato rallentato.
Per quanto riguarda la musica, c’è stato, da un lato, un desiderio di tornare un po’ alle radici delle mie sonorità e, dall’altro, quello di trovare qualcosa di nuovo. Nonostante io abbia riportato alcune sonorità dal mio primo disco, insieme a Qwuale, produttore di questo Ep, ho cercato di inserire anche un suono molto più moderno, guardando avanti e non scordando il passato allo stesso tempo.
Due anni, discograficamente parlando, sono un lasso di tempo immenso. La velocità con cui si produce e si fruisce di musica può essere controproducente sul piano artistico?
Sì, io ho avuto bisogno di prendermi questo momento proprio perché le parole di Hangover sono reali: ho vissuto un momento che mi ha portato a dovermi fermare un secondo, resettare e ri-azzerare tutto per far partire qualcosa di nuovo. Non potevo continuare sulla stessa strada, avevo bisogno di un cambiamento che mi desse nuove emozioni, nuova voglia di fare, di scrivere.
Le difficoltà che la vita porta a vivere, le esperienze, portano a riflettere e a pensare che la priorità non possa essere solo la musica, come è stato per me in passato. Oggi, avendo 30 anni, ho la maturità per capire che ci sono anche cose più importanti del lavoro: le cose della vita, come gli affetti e l’amore.
Questa riflessione porta anche a fare meglio la musica. Infatti, ho capito che se non sto bene con me stesso non riesco neanche a fare musica. La musica mi porta all’apice della felicità, nell’etere, quando la base mentale e di anima di partenza è pulita, altrimenti non riesco a godermi il momento.

L’intro di Hangover, invece, si apre con una frase: “Non sapevo più dove volessi andare o chi fossi”. Questo rimanda all’alchimia, nonché al titolo all’Ep. Ti va di parlarcene?
Certo! L’alchimia a cui fa riferimento il titolo riguarda quell’equilibrio che ho voluto e dovuto trovare con me stesso, non con un’altra persona, per poi trovare anche quello con gli altri. Questa alchimia riguarda l’artista e il musicista Ainé e la persona Arnaldo, l’essere umano. Negli anni ero diventato solo Ainé e avevo perso Arnaldo.
Ainé, però, è solo il vestito,: senza Arnaldo come base, cadrebbe. E per capire questo sono stato un po’ in silenzio con la musica. È stato un processo difficile è lungo, pieno di viaggi introspettivi e lavoro di analisi su me stesso, ma finalmente ne sono venuto a capo.
Se vogliamo intendere l’alchimia come insieme di elementi che vengono trasformati in qualcosa di nuovo, non possiamo non parlare del contribuito che i featuring danno a questo progetto. Ti va di raccontarci come li hai scelti?
Il percorso che ho affrontato è partito da solo, ma una volta che ho imparato a stare bene con me stesso, ho avuto anche bisogno di condividere dei momenti con gli altri, sia nella musica che nella vita. Ciò che mi ha guidato nella scelta delle collaborazioni è, prima di tutto, il rispetto verso questi artisti.
Davide Shorty e Serena Brancale sono miei amici intimi da molto tempo e conoscevo già anche Tormento. Ensi, Clementino e Sissi, invece, li ho conosciuti quest’anno, ma li ammiravo già dal punto di vista musicale.
Nella traccia con Ensi, ti spingi verso territori sonori su cui non avevi mai camminato. Com’è stato approcciarsi a una produzione che strizza l’occhio alla trap?
Tutto è nato da un’idea del produttore dell’Ep, Qwuale. La trap non mi ha mai fatto impazzire, ho sempre preferito il soul, l’R&B, il jazz e l’hip hop. Il brano, infatti, nella sua idea iniziale, aveva un arrangiamento molto R&B. Poi, una mattina, Quale mi ha mandato questa versione. Inizialmente ero molto scettico, a differenza delle persone a cui l’ho fatto ascoltare che lo hanno apprezzato subito. A Ensi, per esempio, è piaciuto molto sin dall’inizio.
Col passare del tempo, mi son detto che forse era il caso di spaziare, ho cercato una sorta di alchimia anche tra me e questo brano. E adesso, più lo ascolto, più mi piace. Questo prova che se si riesce a trovare la chiave giusta si possono fare cose diverse, anche se, nonostante le sonorità trap, resta comunque un pezzo soul per cantato e melodie.

Proprio in Flash, citi “Xdono” di Tiziano Ferro, un brano che è considerato da molti l’anticamera del nuovo R&B italiano.
A me piace molto Tiziano Ferro e lo stimo come artista, ma non si tratta di un elogio: ho ripreso una frase del testo di quel pezzo per creare un contrasto tra il perdono di cui parla e il mio non voler chiedere scusa. Al di là di questo, ho notato che questa citazione è stata davvero apprezzata.
Spesso si parla di “R&B all’italiana”, includendo artisti che come te si muovono con naturalezza tra il soul, il pop e l’hip hop. Cosa ne pensi?
A me questa definizione non piace, perché preferisco parlare di R&B in italiano. Quello che io e altri artisti facciamo è riprendere un genere che non è nato in Italia e declinarlo nella nostra lingua. Ed è bello che oggi siamo in tanti a farlo: si può finalmente davvero parlare di una scena italiana.

Il giorno della pubblicazione di questo Ep hai tenuto uno showcase esclusivo a Milano. Possiamo considerarlo come l’apertura di un tour?
Ho in mente un tour con la band e anche un disco. Non vedo l’ora di concentrarmi su della nuova musica a cui sto già lavorando. Ho sempre un sacco di idee, quindi è necessaria una scrematura, ma c’è già l’intenzione di pubblicare dei nuovi brani nel 2022.