Se già nel 2018 canticchiavi Una vita in vacanza de Lo Stato Sociale, seppur prendendoti poco sul serio, sei già parte integrante di quella rivoluzione sonora e mainstream che ha coinvolto il festival di Sanremo appena giunto alla sua settetaduesima edizione.
Il più popolare format televisivo della canzone italiana è sempre stato un evento cardine nell’agenda mediatica del nostro paese mostrando, soprattutto negli ultimi anni, quella sua incisività talmente forte da risultare divisivo.
Il rap al festival della musica italiana
Da una parte gli stakanovisti-integralisti del “no” – come i Fabri Fibra – che quasi con disprezzo hanno rifiutato Sanremo reputandolo un palco non adatto a un certo tipo di contenuto oltre, ovviamente, al rischio di arrecare “danno d’immagine” alla propria fanbase.
Poi ci sono stati i Willie Peyote, divenuto anche una delle più piacevoli sorprese lo scorso anno con Mai dire mai (appunto), dove denunciava una sorta di mercificazione della musica – “siamo giovani affermati, siamo schiavi dell’hype“, così recitava la canzone. Una sommessa interna, che ha affascinato non poco il pubblico.
Ci sono stati rapper in gara negli ultimi anni che hanno pienamente sfruttato, a vantaggio proprio e quello del festival, il sodalizio su un palco tanto discusso: Ghemon, Shade, Briga, Rancore etc, oltre ai classici Piotta o il primo Caparezza. Per non parlare poi della partecipazione di notevolissimi producer nelle ultime edizioni: Boss Doms, Frenetik & Orang3, Zef, Big Fish, Charlie Charles etc.
Sanremo 2022: tra passato e futuro
Sanremo è storia di contaminazione non soltanto sul versante rap, ma diviene un grosso contenitore di quel “lato oscuro” fatto di musica urban, di pop venato di elettronica e sintetizzatori, di rock e hyperpop; tutto questo è diluito con il “candore” originario di una competizione in chiave popolar-melodica più tradizionale.
Cosa ha determinato un reale cambiamento all’interno del festival? Semplice! La vittoria inaspettata di Mahmood, la proficua partecipazione di giovani provenienti da talent e rappresentati di quel sottobosco che è l’indie italiano. Anche il controverso chiacchiericcio attorno a personaggi come Achille Lauro o la novità che ha visto finalmente il fondersi delle categorie big e nuove proposte ha sicuramente modificato la natura del festival.
Tutto ciò ha decretato un successo di ascolti negli ultimi anni dettato proprio da questa nuova trasversalità sonora e d’immagine di Sanremo (nel 2019 49,22% di share con 9.762.600 di telspettatori; quella del 2020 diviene addirittura l’edizione più vista degli ultimi dieci anni con il 54,78% di share e 10.113.600 di telespettatori). Si registra invece un calo di ascolti lo scorso anno 46, 24 % complice però anche un contesto storico particolare come quello della quarantena e dell’esplosione delle piattaforme di streaming.
Come è cambiato il festival di Sanremo nel corso degli anni
Anche in questa edizione del 2022 si frappone una sorta di “competizione nella competizione”, che manifesta la divisività dello spettacolo. Un versante vede la partecipazione di categoria della musica leggera – pienamente aderente ai canoni sanremesi con Gianni Morandi, Iva Zanicchi, Massimo Ranieri, Donatella Rettore.
Tra i più giovani vediamo Noemi, Emma, Fabrizio Moro scontrarsi con quel macrocosmo della nuova scena pop che unisce le correnti synth pop, indie o con reference all’immaginario urban; chiaramente immancabili anche personaggi di spicco della musica ad alta fruizione d’ascolti che hanno comunque scelto di ritrovarsi in gara.
Aspetto, questo, abbastanza anomalo rispetto al passato in cui si prediligeva la partecipazione di “vecchie glorie” un pò snobbati dalle chart contemporanee e nuovi artisti in rampa di lancio. Ma andiamo un pò più nello specifico rispetto a quel “lato oscuro” di cui facevamo riferimento.
In gara quest’anno figurano nomi come La Rappresentate di Lista, il duo formato da Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina, con il brano Ciao ciao, grandi protagonisti fino a un paio d’anni fa dell’underground musicale grazie a quello sperimentalismo sonoro pop che li ha poi consacrati al pubblico generalista. I due hanno già rubato la scena sul “Green Carpet” di quest’anno con i loro look firmati Moschino.
Il rap: un suono generazionale
Ci sarà Dargen D’Amico, producer e autore grande protagonista dell’ultimo Disumano di Fedez, che canterà d’attualità con Dove si balla coniugando la grande complessità ritmica del suo repertorio con il sound congiunto di elettronica ed orchestra. Nuovamente sul palco dell’Ariston Achille Lauro – in congiunta all’Harlem Gospel Choir – con la sua Domenica, in quella che sarà sicuramente una interessante condensazione vocale tra pop rock, gospel e black. Lui rigorosamente vestito da Gucci.
Tra i campioni di vendita sopracitati non possiamo non menzionare Rkomi con Insuperabile, brano che sicuramente vedrà l’influenza rap dell’artista con le venature di una produzione soft rock. Tra i brani più attesi sicuramente Brividi, featuring di Mahmood con il talento freschissimo di Blanco, commistione ampia di due voci importanti che uniscono matrici di vario genere con ampie liriche melodiche. Anche loro grandi protagonisti del carpet con Balenciaga.
Tra gli outsider Ana Mena, grande protagonista di hit estive con un pezzo che porta la firma anche di Rocco Hunt. Tre grandi protagonisti del talent “Amici” degli ultimi anni come Sangiovanni, Aka7even e Irama.
Tra le nuove proposte promosse sul palco dei big sicuramente anche il rapper Highsnob in coppia con la giovane polistrumentista e voce Hu, già presente nel 2020 nell’album Yang (Sony Music) con feat importanti come Mambolosco, Nitro, Samuel Heron, Axos, Pacestema, e produzioni firmate da Datboidee.
Cosa rappresenta Sanremo nel 2022?
Non resta allora di considerare oramai il festival di Sanremo come una sorta di gigantesco social network democratico e senza distinzioni di target dove più implementare l’idea di una competizione testa a testa bisognerebbe consideralo nell’ottica di una grande vetrina personale per ogni artista.
Un social, come tutti gli altri d’altronde, senza una distinzione generazionale o di provenienza, dove effettivamente non esistono zone scure o chiara, ma zone grigie dove guardare il paese che si ferma per una settimana davanti la tv.