
La storia di Mike Lennon è tanto complessa, quanto interessante. Nato in Vietnam e alla fine approdato a Parma, dopo avere intrapreso non senza difficoltà un percorso d’integrazione e aver scritto anche canzoni in Inglese, grazie alla pubblicazione di un breve (ma intenso) documentario riesce ai mostrarsi a tutti per la persona che è veramente. Ma questa è solo una parte di ciò che rivelano la storia e l’identità di questo ragazzo dalle origini asiatiche che si contraddistingue producendo musica per alcuni nomi di respiro nazionale come per esempio Gue Pequeno, 2ndroof e Emis Killa, e al contempo porta avanti la sua passione studiando come designer al politecnico di Milano.
Gli piace anche intrattenere i suoi fan e secondo lui il modo migliore per farlo è trasmettere dirette sul suo canale Twitch nelle quali si rilassa facendo yoga con la sua fidanzata e dove ottiene anche un discreto seguito. Questo album rappresenta per Mike Lennon la possibilità di esprimere la sua personalità a 360 gradi e lo fa mescolando sonorità elettroniche e trap, includendo alcune collaborazioni rap. Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del suo nuovo disco ITASIAN fuori per la Carosello Records.
Ciao Mike e benvenuto su lacasadelrap.com! Il primo singolo che hai fatto uscire si intitola “Kanye west“, un brano socialmente impegnato. Tu stesso dici: ”ho finto due anni di essere cinese”. Quanto hanno condizionato le tue radici vietnamite nel mettere nero su bianco i testi che hai scritto per questo disco?
Sicuramente tanto, diciamo che soprattutto con Kanye West ho avuto modo di raccontare un pochino di più del mio background, della mia famiglia e di tutte le cose che con il progetto precedente non potevo raccontare con la stessa credibilità.
Nel video ufficiale di Kanye West c’è del romantico, verso la fine del video troviamo una dedica alla tua Kate. Cosa intendi esattamente quando dici di voler essere il suo Ye?
Intendo l’essere un uomo che ha il pieno controllo della sua attività e della sua vita, un uomo che non ha paura di dire e di essere cio che è, e su cui nonostante i dubbi e le difficoltà lei puo sempre contare.
Quando hai capito che era il momento di toglierti la maschera?
Dopo Asian, i vari live e la prima quarantena, ho capito che tutto quello che potevo ottenere da quel personaggio l’avevo ottenuto e sentivo il bisogno di esprimermi al 100%, cosa che con quel progetto non potevo fare. Per me questo è solo l’inizio di un progetto molto più lungimirante.
Ti autodefinisci il primo asiatico in Italia a fare rap. In una strofa dici che odi le etichette, ma il titolo del disco è in contrapposizione a questo tuo ideale. Questo album ha senza dubbio dei testi che si sviluppano su basi prettamente trap, con influenze elettroniche e all’interno collaborazioni con artisti della scena rap. Pensi che questo lavoro sia rivolto a un pubblico che ascolta soprattutto musica rap o che possa coinvolgere anche un pubblico più vasto?
In realtà la definizione del primo asiatico d’Italia me l’ha data la prima volta Studio Aperto in un servizio su di me. Da lì l’ho semplicemente usato come tag nelle produzioni. Odio le etichette perché viviamo nell’era della playlist, dove si vuole inscatolare ed etichettare tutto quando ora più che mai i generi si mischiano tra di loro, come le culture. Io stesso ho sposato una russa. Per questo odio essere etichettato come uno che fa una sola cosa, perchè ne so fare molte di più e col tempo lo dimostrerò.
Il disco è sicuramente prettamente rap, frutto di questo periodo scuro, ma penso sia il giusto punto di incontro con quello che farò dopo. Pezzi come Lady, Johnny Dang e Lenny Pane hanno strutture, topline e arrangiamento molto pop. Il prossimo progetto sarà sicuramente più appetibile per tutti.

Barzelletta freestyle è il brano che più di tutti mostra cosa sei artisticamente. Anche qui dirigi l’attenzione dell’ascoltatore sul fatto di essere asiatico e parli di alcuni ricordi della tua infanzia – sempre con un tono molto auto ironico. Il tutto si sviluppa attorno atmosfere psichedeliche. Come è nata questo brano?
Ho fatto questo beat un pomeriggio, poi è passato G.bit, mio vicino di casa: in 20 minuti è venuto fuori il claim “c’erano un magro, un pelato, un asiatico e un punkabbestia e ti giuro che non è l’inizio di una barzeletta”. Quella frase di G.bit mi ha preso molto bene, così ci abbiamo scritto il pezzo.

Inoltre, parli delle maschere che le persone indossano e del fatto di essere tutti omologati nello specchio della società moderna. Cosa ti ha permesso di sviluppare tale consapevolezza su queste tematiche?
Sono sempre stato uno che sapeva cosa voleva, molto determinato, per questo non ho mai pensato di fare qualcosa che fa qualcun altro. Reputo l’essere me stesso qualcosa di unico e che nessuno potrebbe fare al posto mio. Quando capisci questo concetto, realizzi che non ti manca niente per farcela.
Cosa ti aspetti dopo l’uscita di questo disco?
Non voglio mai avere troppe aspettative da ciò che faccio, voglio solo farlo come ce l’ho in mente. Già solo il riuscire fare qualcosa che hai progettato è una vittoria. Sicuramente per me rappresenta l’anello di congiunzione tra il vecchio progetto e il me maturo, sposato e consapevole di adesso, oltre ad essere una dimostrazione di tecnica, ricerca e stile.
Sei soddisfatto di quello che hai tirato fuori intraprendendo questo viaggio?
Si, come dicevo per me questo è il vero inizio. Sono contento perchè questo periodo buio di pandemia e difficoltà ha tirato fuori il me più affamato e determinato di sempre. Ogni giorno imparo nuove cose e sono pronto per tutto quello che verrà. Mi reputo finalmente una persona felice, non come stato d’animo ma come atteggiamento verso la vita.

Qualora ci siano i presupposti, è previsto un tour?
Al momento no, ma se ci sarà l’occasione sarei mega contento.
G.bit, Nicola Siciliano e Pepe sono i featuring presenti all’interno di ITASIAN. Qual è il filo conduttore che lega questi tre artisti a tuo stile?
Semplicemente amicizia e stima.
Perché hai scelto proprio questi nomi?
È stata una scelta dettata dai brani che avevo fatto nel tempo. Non c’è stato nessun progetto a tavolino, diciamo. Sicuramente quest’anno amplierò il mio range di collaborazioni dalle produzioni ai miei pezzi.
