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Approfondimento

Dal “Caos” al Cosmo, l’ultima fatica di Fabri Fibra

Fabri Fibra

Fabri Fibra è tornato con Caos. Sapevamo che dopo cinque anni da Fenomeno qualcosa sarebbe successo, nonostante i segnali online e offline fossero pressoché assenti. Anzi, forse è stato proprio questo alone di non-presenza a suggerircelo. E poi tra la fine del 2021 e gli inizi del 2022 ci sono stati dei grandi ritorni (Marra, Salmo, Guè, Noyz) e lui, Fibra, ultimo dei Mohicani, ha firmato la giustificazione del suo ritardo con un nuovo disco finalmente in digitale dal 18 marzo 2022 (Epic/Sony Music Italy).

fabri fibra
La copertina di Caos

Caos è il titolo di questa raccolta di 17 tracce confezionate dall’unico che nell’Olimpo dei rapper over 40 non aveva ancora detto la sua dei nostri tempi moderni. Di come si sta lassù, seduti sul trespolo della maturità, di com’è fare musica dopo dieci dischi e di quanto gli si sia incasinata la vita (e la mente) dopo il boom che lo ha portato al successo con tanti singoli controcorrente, fastidiosi e politically incorrect, che rendono la sua cifra stilistica ben identificabile, sempre. Questa volta, però, nessun singolo di anticipazione, nessuna foto, tracklist, copertina. Non gliene è fregato assolutamente niente.

E ha fatto bene: Caos non è un album che si può togliere dal proprio contesto, suddividendolo in porzioni per imboccare i suoi ascoltatori cucchiaio dopo cucchiaio. Caos va ingoiato così com’è, tutto insieme, per coglierne il percorso, le sfumature, il bisogno di Fabri Fibra di dire: sono ancora qui a fare musica, e “non è facile eh”, come lo si sente ammettere nell’Outro.

Caos, dentro il nuovo album di Fabri Fibra

Di cose da snocciolare ce ne sono in grande quantità, ma avevo il sentore di sapere già cosa ci fosse in questo album. Non parlo banalmente del featuring più fico (di questi ne ho indovinati un paio) o della base stracciahater (ne parleremo più avanti in questo articolo): è che quando si arriva a 45 anni non si può fare dell’egotrip e dell’ironia, nonostante siano in grande parte presenti e siano poi i tratti distintivi di Fibra, il proprio unico argomento di comunicazione. E, inoltre, ci si può immaginare cosa pensi un artista di questa età dopo che sulla “giostra” della discografia ci è salito pure tuo cugino di terzo grado con le basi da triplo platino, fatte in cameretta.

Fabri Fibra è cresciuto, OK, e di questo ne abbiamo assoluta certezza: con lui però anche il suo caos interiore, e se nel disco precedente ne abbiamo avuto un assaggio, qui esplode in tutta la sua lucida follia. Ho ritrovato un percorso, all’interno del disco, forse me lo sono sognato o forse no, ma c’è della coerenza nel passare da traccia a traccia, nel piazzare un featuring piuttosto che l’altro a quel punto esatto della tracklist, nella scelta delle basi. Insomma, è pur sempre un disco di Fabri Fibra e di certo non è uno che non abbia niente da dire. Come lo ha fatto è alla Fibra, di questo saranno felici i fan, ma ci sono dei fili da seguire che vi propongo di seguito.

Il Caos visto da Fibra: fuori

Il perché del titolo lo abbiamo capito: tutto è caos, tutto è incasinato. Forse nell’Intro c’è bisogno di fare un po’ d’ordine mentale, ecco perché Fibra ripercorre i suoi anni di carriera dal primo all’ultimo, con date, titoli, eventi significativi. Come per dire: “Me lo appunto qui, e lo faccio anche per voi, così che possiate ricordavi chi sono”. Ma anche per dire a se stesso: “Senza musica non sarei niente”. Il problema arriva quando ci sono troppi players nel gioco a fare la stessa cosa che fa lui, a DIRE la stessa cosa che dice lui, ma senza aver passato quello che ha passato lui. Quanti giovani promesse ci hanno provato spuntando dal nulla nelle charts del rap italiano? Tante. Quanto dà fastidio a Fabri Fibra? Moltissimo. Perché per lui questa roba della musica è vera, spinta da un’esigenza reale, nata quando c’erano i Colle di Odio Pieno, e sciorinando citazioni sfida chiunque a dirgli che il rap per lui non sia una cosa seria.

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Uno sfogo che inizia nella seconda traccia, GoodFellas, per proseguire con Brutto Figlio Di (quanto vi ricorda The Way I Am?) e Sulla Giostra (feat. Neffa), un trittico secondo me strettamente legato insieme che affronta, una per volta, le piaghe del rap italiano. Il pubblico senza cultura né fiducia, i giornalisti (“una piaga per il rap”, lo dice lo stesso Fibra), la fama VS la credibilità. “Lavoro duro ma nessuno se lo immagina”, dice Fibra nelle strofe interposte al ritornellone di Neffa in Sulla Giostra, e questa triade che punta il dito contro la scena e il suo pubblico ignorante e assuefatto dalla bassa qualità si conclude con un respiro profondo. Quello che Fibra fa dopo aver detto la sua, sempre come il vecchio Fibra avrebbe fatto, su questo panorama musicale con cui c’è da sempre un rapporto di amore-odio.

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Fabri Fibra. Foto: Mattia Guolo

Le hit dell’album: da Stelle a Propaganda

Non ditemi che Fabri Fibra non sa scrivere le hit, perché nella sua carriera ce ne sono state eccome. Così come fatto in passato, ecco spuntare in Caos il singolo dance che probabilmente suoneremo tutta l’estate e che fa parte del bagaglio musicale di Fibra dai tempi di Tranne Te, o ancora di Pamplona, o di tante altre. Stelle prodotta da Dardust ospita il primo featuring inaspettato, quello di Maurizio Carucci degli Ex Otago, che sostituisce la voce di Paradiso in questa Pamplona 2.0. Peccato solo per la voce di Fibra che fra le sonorità festaiole del brano un po’ scompare, ma riesce comunque a mantenere la variazione sul tema, anche nel pezzo dance: “Quando arrivano i soldi e la fama i veri amici dove sono?”, un concetto che ritroveremo più avanti anche in Amici O Nemici.

Su Propaganda (prodotta da Zef e Marz su un R&B dei primi 2000, che acquista sfumature quasi circensi un po’ come i contenuti del brano), Fabri Fibra sceglie come ospiti Colapesce e Dimartino, i re delle chart dopo Sanremo 2021, su quello che non a caso sarà il primo singolo ad essere suonato in radio da oggi. Come fatto ai tempi con In Italia insieme a Gianna Nannini, il rapper non si trattiene nel classico brano politically incorrect, satirico quanto basta, sul filone che abbiamo richiamato all’inizio, in un carnevalesco alternarsi di immagini che attaccano il nostro sistema politico in tutte le salse.

A metà del Caos

Eccolo qua, Fibra. E Madame, e Lazza, sul beat di Low Kidd, a parlare d’amore nella title track. Il brano d’amore non può mancare in un album (ce l’ha detto anche Salmo con Kumite, Marra con Love) e per Fibra non è una prova nuova, anzi. Stavo pensando a te ce ne aveva già dato un assaggio insieme ad altre cose del suo passato. Ma chi meglio di una delle artiste più interessanti degli ultimi tempi può dare una ringiovanita al tema? Con Lazza sul ritornello, tutto ha senso, tranne l’intervento breve di Fibra che avrebbe potuto essere più presente. Si farà perdonare più avanti, su Nessuno, dove l’amore prende una direzione che non avevamo considerato.

Il Caos visto da Fibra: dentro

È qui che inizia il vero Caos. Quello che abbiamo dentro, quello che Fabri Fibra ha dentro. E non a caso, ancora (perché nessuna scelta di questo disco è casuale, l’abbiamo ribadito più volte) è in questa seconda ampia parte dell’album che Fibra smette di guardare al di fuori per iniziare a osservare cosa accade dentro di lui. Bisogna essere quindi Pronti al peggio, come intitola la traccia insieme a Ketama126 su una produzione di Big Fish in bilico tra la trap e il punk. Che conferma quanto piaccia alla fine questa piega inedita di contaminazione che l’hip hop, attualmente, ha preso, con buona pace di chi l’aveva capito da un pezzo.

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Tornando al viaggio interiore di Fibra, da qui in poi – passando per Fumo Erba (prod. Strage), fino a Demo Nello Stereo (prod. Zef e Marz, con gli scratch di DJ Double S) e per finire con El Diablo (prod. 2nd Roof) – l’artista è sempre da solo. Non ci sono feat: c’è solo il bisogno, estremo, di capire cosa gli sta succedendo, come fare per placare la sua ansia su uno status raggiunto ma di cui non si conosce né la durata né la reale concretezza, un’ossessione che è una costante nei rapper più established, come lui. Lo esprime con guizzi di totale follia ma anche di lucidità brutale (“Un giorno di questi giuro mi ammazzo”). È il Fibra goliardico di Vip in trip, quello schietto di Mal di stomaco. Quello che, a un certo punto, non si fa problemi di scendere al livello dieci del politically incorrect di cui parlavamo prima e diventa il suo Demo(ne) Nello Stereo a parlare per lui. Conscio che per quante verità possa avere pronte da sparare con le sue cartucce, “Metà Milano rappa come Guè, l’altra come Marra e al pubblico va bene lo stesso”.

Il lato oscuro del Caos

Tutto questo enorme momento confusionario, folle e lucido allo stesso tempo apre la parentesi più scura di tutto l’album. Piazzarla all’inizio sarebbe stato altrettanto folle, ed è per questo che dopo aver dato una pacca sulla spalla ai suoi ascoltatori, convincendoli di essere il Fabri Fibra di una volta nella prima decina di pezzi, è pronto a sbattere loro la porta in faccia ammettendo con estrema sincerità di non essere più lo stesso di prima. Amici O Nemici apre una nuova triade in questo disco perlopiù formato da trittici tematici, appunto, e apre una finestra sulla fama e sul successo, visto da chi li ha vissuti in tutte le loro accezioni negative. Perciò ora molta della sua fiducia nel prossimo è minata da questo, tanto da ammettere che “nel dubbio, prima ti sparo”.

Cocaine ospita i colleghi che come lui, nei loro ultimi dischi, hanno avuto qualcosa da dire sul raggiungimento – e la soddisfazione – di certi obiettivi, da un punto di vista inedito e inaspettato. Guè e Salmo seguono questo retrogusto conscious e ombroso parlando di una nostalgia che nel rap si fa viva e vegeta: “Quanto successo devo fare per sentirmi amato? Tanto lo so che alla fine rimango fregato”. Questo il senso del successo secondo chi, di questo argomento, sa qual è lo scotto da pagare.

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Fabri Fibra. Foto: Mattia Guolo

Noia e Nessuno, i mostri finali

Siamo quasi alla fine di questo viaggio. Fabri Fibra, dopo essersi sfogato in lungo e in largo, scrive un pezzo di letteratura in Noia affiancato da Marracash. Lo stesso effetto che fanno certe scritture moraviane: un pezzo esistenzialista, che affronta fra un sample di Miles Davis e un estratto da un’intervista di Bukowski (Gli elogi ti rammolliscono, la fama è una forma di elogio) il rumore di una città notturna, quella che vive nel cuore dell’artista. Sul pianoforte malinconico, tutto assume finalmente un senso, o forse no. “Pensavo con le rime di fare la storia, ma col tempo chissà, mi è passata la voglia”.

Ecco il rapper maturo, quello che non vuole più uscire a prendersi tutto. Quello che l’ha già fatto, ma non sa se questo abbia per lui avuto un significato importante per la sua vita o se sia stato un semplice abbaglio, portandolo alla completa assenza, ora, di prospettiva. E chi meglio di Marracash potrebbe condividere una sensazione del genere? “Fotto con la depressione, ne conosco i nei, sono andato anche in Giappone per fuggir da lei. Pensavo proprio al posto più remoto, pensavo proprio Kyoto scaccia Kyoto, ma non puoi uscire dalla tua pelle”.

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Si prosegue con Nessuno, prodotta da D-Ross e Startuffo, con un Fibra canticchiante su scene a metà tra la violenza e la psicosi, raccontate dal punto di vista di un amante-stalker. Insomma, uno non troppo a posto con la testa in una specie di storytelling in prima persona. Forse di tutto l’album è una storia che esce dalla vita singolare di Fibra, per raccontare l’incubo plurale di molte persone.

La fine: Liberi e Outro

La luce, la speranza. Ecco Liberi. Ultimo brano prima dell’Outro, prodotto da e con Francesca Michielin. Una soffiata di vento che spazza via tutte le nuvole scure che si sono formate fuori e dentro la mente di Fabri Fibra, e che ci riportano un briciolo di speranza in questo Caos che è la vita e la nostra coscienza. E per l’artista, l’equilibrio sta tutto tra la “voglia di vincere e la paura di fallire”, un sentimento sondato in mille modi e che pervade tutto l’album, dalla prima all’ultima traccia. E alla fine chi lo rende davvero libero è proprio la musica, colei che gli ha salvato la vita, che gli ha permesso di mettere a posto qualcuno dei suoi casini, di affrontare la famiglia, per esempio, o di uscire dalla fila in cui rischiava di restare bloccato. L’autoanalisi è finita: si può finalmente essere se stessi, con tutti i pro e i contro della nostra persona. Un finale che chiude tutto il percorso di Fabri Fibra, da quando ha preso per la prima volta in mano un microfono ad oggi.

In Outro, un pezzo boom bap da quasi cinque minuti, sa benissimo chi ringraziare per questo risultato, elencando ciò che grazie alle sue scelte non è diventato, alla fine che ha evitato (con una citazione a Mac Miller), ma anche i suoi scivoloni lungo il percorso e come ha fatto a rialzarsi, ogni volta. Un Fibra tecnico, che schietto come non mai ringrazia tutti, ma soprattutto se stesso per essere arrivato sano e salvo fino a qui. E dal Caos, forse, si aprirà per lui l’era del kosmos: un nuovo ordine, un universo in cui Fibra e la sua musica convivono pacificamente con tutto quello di cui è fatta la nostra realtà.

BONUS

Le produzioni: i 2nd Roof, che sono presenti per la maggior parte delle tracce, si alternano ai nomi di Kermit, Sixpm, Neffa, Dardust, Zef & Marz, Low Kidd, Big Fish, Strage, BretBeats, Ketama, D-Ross, Startuffo e T&O. Una scelta variegata che ha dato vita a strumentali altrettanto eterogenee che mi hanno portato a pensare molte cose. Due fra tutte: la riapertura di uno spiraglio per il boom bap, quel tipo di suono quasi scomparso nell’hip hop di oggi e che ci riporta con un un back in the days – da brava nostalgica che sono – a muovere la testa a tempo. La seconda cosa è la presenza di alcune parti dance, R&B, punk e a tratti reggae (il bounce di Sulla Giostra vi dice nulla?) contaminate in mille modi diversi che finalmente danno respiro a più ispirazioni musicali, senza restare costrette in un unico genere, e anzi: confermando che il rap sa essere sempre molto versatile.

Lo avete trovato caotico? Forse è ancora quello che dicevamo prima: tutto ha senso, nel Caos di Fabri Fibra. E ora ha senso anche per noi.

Conosci meglio

Caporedattrice di questo incredibile portale. Nostalgica q.b., senza mai smettere di guardare al futuro.
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