
Di solito quando parliamo delle nuove uscite discografiche utilizziamo in maniera errata il termine “progetto”. Abusiamo della frase “È uscito il nuovo progetto di …”. Questa volta, però, è più che giustificata. La parola “progetto” tiene in considerazione l’intero processo produttivo, tutti gli attori coinvolti nella realizzazione, l’enorme mole di lavoro che c’è dietro ad ogni singola sfumatura di ciò che poi viene presentato al pubblico.
Possiamo infatti dire che Dove Volano Le Aquile non è soltanto l’ultimo disco di Luchè: è un elogio alla sua arte in tutta la sua essenza, un progetto che si declina in molteplici forme per poi consacrarsi nella musica, la vera protagonista. Parliamo di 16 tracce, di teatranti che interpretano i suoi monologhi, di un libro motivazionale per i fan, di uno show che darà una finestra ai suoi testi, di un documentario che racconta il processo creativo e le storie dietro i brani, di un lavoro grafico che accompagna il concept dove nessun dettaglio è lasciato al caso.
Da oggi, venerdì 1 Aprile 2022, l’artista napoletano mette in scena la sua ultima opera: quattro anni dopo un colossal come Potere, neanche stavolta la sua fatica passerà inosservata.

Diverse cornici, stesso Luchè
Ci troviamo su Marte. Anzi no, a Napoli. Aspetta, sembra Londra. Los Angeles? Ibiza? Forse il modo migliore per descrivere le emozioni, gli eventi e le sensazioni, è ordinandole, guardandole dall’alto, cercando di collegare tutti i pezzi che compongono questo grande puzzle.
Luca è la sua vita, e la sua vita non è altro che Luca. Sembra uno scioglilingua, un gioco di parole scontato, ma non riesco a spiegare meglio come l’una sia il risultato dell’altro. E come ogni artista che lascia il segno, la sua caratteristica più forte è quella di essere unico. Nel panorama musicale non ci sono alternative vere ad uno come lui. Si riflette nei suoi racconti, senza filtri.
Tutte le parole, anche quelle che state leggendo in questo momento, potrebbero anche essere omesse: il suo modo di fare arte è diretto. Il nostro compito, da ascoltatori, è quello di condividere il messaggio, non di spiegarlo. E non si tratta solo di testi crudi, ma del perché si fa arte. Sarebbe utile un paragone con una pellicola cinematografica: il quadro sarà chiaro e completo solo alla fine. Che altro bisogna fare? Diffondere il verbo.

Ogni nota ha un perché
Torniamo su Marte perché la musica, la vera protagonista del progetto DVLA, sembra arrivare da lì. Luchè è un autore, cantante, rapper, produttore, direttore artistico. Nonostante la presenza di diversi beatmaker e featuring, tutto è passato dalle sue mani. Dentro l’album troviamo il meglio e il peggio di sé, a nudo.
Durante l’ascolto non sono poche le immagini che mi sono rimaste impresse, e poiché non riesco a scegliere quale esporre mi trovo a dover segnalare almeno un dettaglio per ogni brano. La voce da brividi di Elisa in D10S, dedicato a Diego, non a Maradona, per i quasi-vincenti. Slang, il banger che apre realmente il disco, con la barra di Fabri Fibra che spezza i due lati della traccia. No Love, Karma e la bonus track Topless dell’affiatato duo con CoCo, dove confermano la loro wave, l’attitudine da club. Liberami Da Te, la scoperta Etta, e Qualcosa Di Grande con l’affermata Madame, dove la voce delle donne e una magistrale produzione d’orchestra rende giustizia a due brani che miscelano sperimentazione e maestosità.
Marracash, Ernia e Geolier che offrono il loro miglior contributo possibile rispettivamente in Le Pietre Non Volano, Ci Riuscirò Davvero e Over: Il primo è già un classico istantaneo; il secondo ricorda il vecchio Luchè, simile alle sonorità crude di Malammore, e un Ernia che non da meno si riavvicina al suo stile del 2016 in NoHooks; l’ultimo, infine, sembra essere un vero e proprio passaggio di testimone, tra la vecchia e la nuova scuola di Napoli, con un sample che ha fatto la storia del hip hop campano e italiano, Int ‘o rione.
In uno scenario dove i rapper si limitano alla scrittura delle strofe, Luchè dimostra di saper cantare, di saper fare delle canzoni per chi vuole ascoltare, come Password, Dire La Mia e L’Ultima Volta, quest’ultima probabilmente la canzone che avrà più successo nel lungo termine. E dopo esperimenti Lo-Fi come Tutto Di Me e dissing velati in Si Vince Alla Fine, il viaggio non si conclude con un brano riflessivo ma con una bomba a mano della triade Luchè, Guè e Noyz Narcos. Napoli – Milano – Roma.

Dove porta l’ambizione?
Candidato ad essere il miglior disco di Luchè? Probabile. Ha bisogno di più ascolti, ma ancora una volta si è superato da solo. Possiamo dire già da adesso, però, che è sicuramente il più importante della sua carriera.
Il documentario firmato da Esse Magazine, di cui vi consigliamo la visione, racconta in maniera approfondita il modus operandi di Luchè, le vicende discografiche dietro questo disco, il supporto del team che lo circonda e la loro stima nei suoi confronti. Apprezzamenti metabolizzati, ma mai sintomo di sazietà, perché ogni dettaglio può essere migliorato ancora, ancora, ancora e ancora. E per questo siamo certi che Luchè non si fermerà ma continuerà a stupirci così come ha fatto oggi.
Ci sono ancora tante altre cose da dire su questo disco che lascia tanti spunti di riflessione. Avremo tempo di raccontarlo, ma sicuramente non va risolto: va ascoltato e studiato a fondo.