
Dario Donatelli, meglio conosciuto come Deriansky, è una giovanissima promessa dell’etichetta Asian Fake. Cresciuto a Parma, muove i suoi primi passi nel mondo del rap, da autodidatta, all’età di 14 anni.
Si appassiona, fin da subito, alle sonorità della dubstep e finisce così per sviluppare un personale linguaggio, in grado di coniugare elettronica, hardcore e rap. Negli ultimi anni, l’artista ha frequentato la scena underground milanese, prendendo parte a battle di freestyle ed eventi legati al mondo hip hop, percorso che lo ha formato artisticamente e umanamente.
Dopo il suo primo lavoro Qholla, l’8 aprile 2022 è stato pubblicato “qonati” e, oggi, Deriansky è qui per raccontarsi.
Ciao Deriansky, benvenuto su lacasadelrap.com! Come stai? Ti sei ripreso dai conati e dal “prosciugamento” post album?
Ciao! Sono sempre in giro ultimamente, sto molto bene.
Quali sono i momenti che hanno dato vita a “qonati” che ricordi con maggior piacere? E quali, invece, ti tormentano ancora?
“qonati” è frutto di vari momenti, il disco in sé nasce in ospedale proprio per un malessere fisico legato allo stomaco. Sicuramente molti momenti belli della creazione sono legati alla soddisfazione della creazione stessa.
I momenti brutti sono stati svariati e diversi tra loro, creando così diverse tracce nel disco, mosqe è legata ad una paranoia riguardo a un problema visivo che ho che sono riuscito a superare, legno nasce da un malessere che tutt’ora mi accompagna ed è solo una parte del tutto, ci vorranno altre canzoni per estinguere i tormenti dai ricordi e buttarli fuori.
Allo stesso tempo però, va considerato comunque che ogni disco è come un viaggio, tenendo conto di questo, sono già totalmente immerso in un altro, non mi fermo mai.

Quando è iniziata la tua presa di coscienza verso chi sei e chi vuoi essere in questo mondo?
Molto presto, io sono una persona riflessiva e sin da piccolo ho iniziato a farmi domande esistenziali, ma ho sempre mantenuto una coerenza genuina, non mi sono mai fatto un piano, bensì ho iniziato presto ad assemblare la bilancia della vita. Siamo ancora in fase di lavorazione, sicuramente il percorso musicale è strettamente legato alla vita personale sin dai 15 anni.
A volte, sono ancora un po’ barcollante e cado, ma so cosa mi piace e cosa voglio fare. Chi vuoi diventare credo che sia una domanda da non porsi, bisogna assecondare la propria etica alle proprie esigenze e cercare di dare il meglio sempre.
Qual è, oggi, il rapporto di Deriansky con l’ambiente circostante?
Lo analizzo molto, a volte così tanto che mi fermo. Credo che l’ambiente circostante sia molto importante per un’esistenza e che da questo derivi poi anche la riflessione su chi vuoi diventare.
Io oggi con l’ambiente circostante sto capendo chi non voglio diventare e in cosa credo, quindi ho un rapporto di analisi continua. Ho le mie idee che cerco di esprimere in ciò che faccio e decido poi se renderle pubbliche con l’ambiente o tenerle private.
Vivo sempre con l’idea di dover imparare, quindi scelgo bene su cosa mettere i punti. “qonati” non vuole denunciare un sistema, è un’analisi profonda sulla reazione di un singolo (che sono io) all’ambiente circostante.

Ti senti ancora prigioniero della tua psiche o quest’album ti ha aiutato a liberarti dalle catene mentali?
Non mi sento prigioniero io, sono molto autocritico e spesso mi devasto da solo ma ho sempre lavorato “di squadra” con la mia psiche. Diciamo che “qonati” rappresenta un periodo di analisi. Credo molto nella tutela della salute mentale e so che devo fare ciò che mi piace per stare bene, poi non smetterò mai di farmi mille domande.
Quale brano del disco credi ti rappresenti di più in questo momento?
In questo momento sono su un treno, mentre torno a Parma da Milano. Mi sento rappresentato da lovlov, perché mi sprona a spingere e non mollare con coscienza di ciò che ho fatto e voglio fare.
La traccia nasce una domenica, dopo una serata impegnativa, che mi fece riflettere molto sul futuro e sul fatto che stavo per cominciare a chiudere “qonati”. Oggi, si confermano le previsioni di quel giorno.

“Cambia la storia dell’individuo che c’è dentro, so che un giorno sarò lì a sorridere, pieno di storie da ricondividere”; “Non voglio una vita da schiavo, danno rimedi ma temo sia finto…”. Queste sono parole forti, non credi però che la musica ti stia aiutando, passo dopo passo, a tirar fuori i tuoi demoni interiori, a guardarli in faccia e a non averne più paura?
Io ho molta difficoltà a capire le cose finché non le provo e non riesco a metabolizzare finché non lo dico a voce alta. La musica mi aiuta molto, ma allo stesso tempo mi depista, nel senso che a volte bisogna rendersi conto dell’importanza di non dare troppo peso ai nostri sbatti.
Non voglio una vita da schiavo, con schiavo intendo un servitore infelice di una causa che né condividi né ti appartiene, perché nel mondo che vedo è pieno di canne da pesca coi soldi che ti propongono rimedi, ma in realtà è solo tempo che passa e sopravvivenza.
Io miei demoni li tirerò fuori pian piano ma il passo grosso lo farò quando li conoscerò tutti e, se dovrò, ne accetterò la convivenza, ma spero facendo quello che mi piace. Non voglio essere schiavo di una vita che non voglio.
Grazie per essere stato con noi, Deriansky.
Grazie a voi.