
Daniel Mendoza, storico membro del collettivo Romano Gli Inquilini e ora precursore dell’Indie Rap, torna dopo anni a distanza da “Rivincita” con un nuovo disco. In questa intervista parliamo del nuovo progetto “Pop corn scaduti da una settimana” e cerchiamo di capire con lui le differenze stilistiche fra il Daniel di prima e il Daniel Mendoza di adesso. Ideato nelle cantine di Street Label Records, il disco lo trovate negli scaffali immaginari del
mondo digitale!
Diresti qualcosa di te ai lettori de La casa del rap che non conoscono Daniel Mendoza?
Non sono troppo bravo a raccontarmi, sono più capace a farlo scrivendo canzoni, e ho la presunzione, o meglio la speranza di esserci riuscito negli anni con la mia musica. Penso che ogni album che ho fatto, e cominciano malinconicamente ad essere così tanti da perdere il conto, descriva chi sono nel modo più onesto. Ho sempre odiato la costruzione di un personaggio artificiale, ascolti un mio brano, vecchio o nuovo e forse arrivi un po’ a conoscermi.
Artisticamente penso di aver fatto molte cose, ma odio crogiolarmi delle cose passate e la mia volontà è sempre costruire un capitolo successivo. Sono un creativo, e ogni mattina mi sveglio con un’idea da inseguire e mi aiuta un carattere tenace e non evanescente.
Se lo chiediamo a Daniel Mendoza, come mai Gli Inquilini si sono sciolti?
Si è romanzato tanto sulla chiusura di quel progetto. Ognuno degli ex componenti del gruppo ti darà una sua versione personale e non è detto che sia quella reale. Neanche per comodità ma semplicemente perché ogni persona analizza le cose da un suo preciso punto di vista e ha una motivazione e una lettura degli eventi propria. Io penso che ogni storia ha un inizio ed una fine, come la vita stessa. Le grandi storie d’amore possono durare per sempre o chiudersi dopo un vissuto importante.
Ecco, in questo caso l’epilogo è la naturale conseguenza di una storia vissuta intensamente. Per me Gli Inquilini restano quelli della prima formazione, la seconda versione è stata una crew allargata che doveva semplicemente concludere qualcosa di incompleto, ovvero un album in piena lavorazione. Restano bei ricordi e affetto per i miei ex compagni di avventura (o sventura).
Da Gli Inquilini a oggi come è cambiata la scena Hip Hop?
Tantissimo, troppo. Se in meglio o peggio non saprei dirtelo. Ognuno di noi è legato ad un periodo storico preciso e tendiamo a discutere i cambiamenti. L’HipHop poi è quasi una religione e quindi ogni azione è soggetta a critiche. Io penso che non ci siano salvatori della patria perché non c’è niente da salvare. I tempi cambiano, le generazioni cambiano.
E’ ovvio che io ritornerei a fine anni 90 o inizio 2000 perché ho vissuto visceralmente quel periodo li, ma non posso criticare i ragazzi di oggi più giovani che quegli anni li non li hanno vissuti. La grande differenza si può trovare su vasta scala volendo generalizzare che oggi si fa musica per diventare famosi e fare soldi, quando ho iniziato io c’era uno spirito più genuino. Oggi c’è interesse delle multinazionali e dei media importanti, noi eravamo i disperati che facevano una musica che per le grandi label non era proponibile in Italia. Sbagliavano. La storia non gli ha dato ragione.

E Daniel Mendoza stilisticamente nei vari dischi usciti?
Il vero cambio stilistico lo avverto in questo. “Pop Corn scaduti da una settimana” propone un nuovo me in una versione forse inedita. Resta l’attitudine rap, il modo di scrivere ma ho modificato il modo di pensare e realizzare una canzone.
Infatti troverai nel nuovo album molta più melodia e ironia, e ho messo da parte la rabbia e l’aggressività al microfono. Mi iniziavo ad annoiare e dovevo trovare nuovi stimoli. Ascoltando questo nuovo album ti accorgerai però di non trovarti davanti ad un melenso polpettone pop ma noterai una chiave diversa del rap.
Cosa troviamo in Pop Corn Scaduti da una settimana?
Trovate una serie di canzoni che raccontano tante cose. Nessuna fine a se stessa. Nessun brano scritto per ammiccare a qualcosa. Nessun pezzo paraculo. Molta musicalità, zero autotune. Si parla di tante cose, in modo diretto, più semplice, fruibile a tutti. Dal quotidiano alle teorie complottiste, dal post pandemia alle guerre. Si sorride di noi stessi riflettendo su cosa siano diventati.
Cosa ti rende fiero di questo disco?
Tutto. Non scrivo un disco all’anno ma lo penso, lo vivo e lo produco in tempi più dilatati. Questa volta me la sono presa comoda. Non ho mai la presunzione di pensare di aver
fatto il disco dell’anno o il miglior album della mia carriera, ma penso di aver fatto semplicemente quello che volevo fare al 100% in questo preciso momento. Il tutto nella più completa libertà artistica senza dover rendere conto a nessuno.
Anche stavolta esprimo la mia arte nella mia personale totalità con la speranza che piaccia a più gente possibile.

Come ti sei avvicinato all’Indie fino a diventare un precursore dell’Indie Rap?
Ascolto di tutto e quello che ho ascoltato di meno negli ultimi due anni è proprio il rap. Mi incuriosiva molto la rivisitazione del cantautorato storico italiano nella nuova scena cantautorale definita indie pop.
Essendo una bolla trovo però che nonostante tanti spunti innovativi ci sia una differenza sostanziale nella qualità dei testi. Non trovo nulla di De Andrè, Dalla, Venditti, Gaetano nei brani dei nuovi cantautori. Mi piace moltissimo però il mix tra rap e quelle sonorità li che creano qualcosa di nuovo e piacevole se i testi però restano in primo piano. Non scriverò mai stronzate senza senso per attrarre un pubblico abituato al vuoto cosmico.
Dove possiamo trovare il tuo disco?
In tutti i digital store. Per ora non sono previste copie fisiche ne cd, ne vinili.