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ApprofondimentoIntervista

In “Armageddon” Ketama126 vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, lontano dalla sua confort zone

Ketama126

Se c’è una cosa che l’imprevedibilità di questi tempi ci ha insegnato, è che bisogna riscoprire il valore di quel carpe diem letto molte volte sui libri e anche sulla pelle di tanti. Insomma, imparare davvero a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Il rapper e producer romano Ketama126 l’ha capito bene e ha fatto di questa filosofia l’anima del suo ultimo disco. Disponibile in digitale e nei formati fisici (doppio LP e CD) a partire da oggi venerdì 3 giugno per Epic/Sony Music, il nuovo album è intitolato, non a caso, Armageddon

Lontane dall’apocalisse in senso biblico, le 16 tracce (e 1 bonus track) vanno anche oltre quanto vissuto nel periodo pandemico, arricchendosi delle esperienze vissute dall’artista attraverso i suoi viaggi, sia in Africa che dentro di sé. Questo fa di Armageddon un cammino umano e spirituale che, da solitario, diventa una celebrazione corale, come la stessa musica, sin dai tempi antichi, ha la potenza di essere.

Corale può essere definito anche il disco nella sua interezza, perché nonostante le produzioni musicali siano firmate per la maggior parte da Ketama126, sono arricchite dal prezioso contributo di personalità quali Nino Brown, Drone126, Il Tre Beats, GFERRARI, Night Skinny, Kamyar, Toxicismad e Baby Pantera. Per di più, l’artista romano non è da solo nel suo viaggio neanche al microfono: oltre ai compagni di crew Franco126 e Pretty Solero e agli amici Carl Brave e Noyz Narcos, anche ospiti internazionali quali l’austriaco Raf Camora e gli spagnoli Kaydy Cain e Yung Beef. L’artwork di copertina, invece, è di Carlo Sancho.

ketama126 armageddon album cover

Oltre ad aver avuto l’opportunità di ascoltare le tracce in anteprima, abbiamo avuto il piacere di partecipare alla round table con Ketama126, in cui l’artista ha ripercorso le tappe dell’apocalisse che infuoca il disco per farci ritrovare al suo interno parti di sé e, in fin dei conti, anche di noi stessi

Armageddon: vittoria, guerra e viaggio secondo Ketama126

“Non per la fama, per la gloria, fammi tornare indietro all’inizio della storia / Per i soldi e per la droga ho perso tanti amici, non ho perso la memoria” recitano le prime barre del primo brano di Armageddon, intitolato Intro (Vivo per vincere).

Se si pensa al fatto che si dica spesso che la prima riga di un romanzo debba introdurre al meglio tutta la pagina e che la prima pagina debba fare lo stesso con tutta l’opera, questi versi e questa traccia riescono a fare lo stesso con l’album di Ketama126. Infatti, l’intro, che come da tradizione hip hop dà inizio al viaggio sonoro, riassume tutta la poetica dell’artista: se non ci si scorda da dove si è partiti, anche se si è nati perdenti si può vincere, non perdendo mai la forza di lottare. E cosa vuol dire vincere nella musica, Ketama126 l’ha spiegato proprio durante la conferenza stampa:

Vincere nella musica significa non tanto conquistare il disco di platino in poco tempo, ma fare ciò che ami fare senza pensare ai numeri. Vincere è ottenere i risultati senza ricercarli, riuscendo a portare anche qualche innovazione. Se questo disco sarà una vittoria, sarà la gente a dirlo quando lo ascolterà.

Parlare di vittoria, fa pensare a una guerra e proprio Guerra, tra l’altro, è il titolo di uno dei pezzi del disco. Per l’artista, l’accezione di questo termine è anche quella di conflitto interiore e ha raccontato di credere che una guerra personale viene combattuta da ognuno di noi e che, anzi, sarebbe strano se non fosse così. Nel suo caso, combatte per riuscire a fare ciò che ama, la musica, e per farla come gli piace, senza limitazioni e senza pensare a ciò che piace agli altri. Essendo anche un lavoro, però, ha ammesso che non sempre sia facile riuscire in questo intento.

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A proposito di battaglie, si è discusso anche di quella che coinvolge la droga. Durante la round table, infatti, si è riflettuto su come questo sia un periodo in cui nella musica si sta cercando di sdoganare l’uso di droghe in relazione al processo creativo. Non sono pochi, infatti, gli artisti che hanno dichiarato di aver fatto uso di sostanze stupefacenti come l’LSD durante la creazione dei loro progetti musicali. Ketama126, tuttavia, non si sente troppo parte di questa corrente perché, come ha voluto sottolineare, per lui le droghe son state più un ostacolo che un aiuto. Ha riconosciuto che all’inizio possano dare ispirazione come ogni cosa nuova, sebbene dopo un po’ di tempo l’elemento di novità si esaurisca. 

Anche per la realizzazione di questo disco, allora, il rapper e produttore ha scelto di farsi ispirare da altro e, in particolare, dai suoi viaggi. Ha raccontato che viaggiare gli ha permesso di sbloccarsi dopo il primo periodo del lockdown in cui, senza spunti esterni, non riusciva più a scrivere. Il primo viaggio che ha dato una svolta a questa situazione è stato a Ibiza, dove ha completato i primi nove pezzi del disco in uno studio creato appositamente all’interno di una villa. È stato anche in Africa, esperienza che gli ha dato nuovi spunti a livello sonoro, facendogli utilizzare delle chitarre acustiche, caraibiche, molto più black rispetto a chitarre rock e metal che è solito impiegare nelle produzioni.  Nella musica, non ha inserito episodi particolari di questi viaggi, ma ha rivelato gli siano comunque serviti, non solo per dimenticare i problemi relazionati al Covid, ma anche per venire a contatto con modi di vivere che non aveva mai esperito e per cercare, di conseguenza, di vedere la realtà da un altro punto di vista. 

Con Armageddon Ketama126 si spinge oltre la trap

Al di là dei viaggi compiuti negli ultimi anni, l’artista ha riconosciuto di essere sempre stato influenzato dalla musica estera, perché ha sempre voluto portare qualcosa di nuovo attraverso le sue produzioni, cercando di non limitarsi a importare delle sonorità, ma puntando a creare un suono personale. Per di più, ritiene giusto che si cerchi di far arrivare in Italia qualcosa che non c’è a livello sonoro e crede che anche i grandi artisti italiani abbiano sempre compiuto operazioni di questo tipo. 

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Rispetto al suo album precedente Kety (2019), in questo ha cercato di uscire ancora di più dai suoi confini musicali, come dimostrano le commistioni sonore presenti nelle varie tracce che ora abbracciano la sperimentazione elettronica, ora sonorità dub-reggae e dance hall o, addirittura, un suono elettro-funk.

L’obiettivo che mi son posto sin dall’inizio è stato quello di mischiare alla trap generi che non avevo mai affrontato. Non volevo rifare un disco uguale al precedente, ma qualcosa di nuovo, magari riuscendo anche a dettare dei nuovi standard

D’altronde, nel riflettere su ciò che gli ha lasciato questo disco, ha fatto riferimento proprio al nuovo approccio musicale basato sul mescolare influenze sonore diverse. Le parole che, invece, ha utilizzato per ciò che ha lasciato indietro ci hanno stupito non poco:

Mi son lasciato alle spalle tutta la parte della carriera che era trap nel vero senso del termine, anche se continuo comunque a risentirne musicalmente, a livello di ritmica. Non escludo, però, che questo disco possa essere l’ultimo con questa formula, perché voglio sperimentare sempre di più

Ciò si lega al fatto che ha raccontato di amare lavorare con altri artisti anche nelle vesti di produttore, proprio perché è un altro modo per allontanarsi dalla comfort zone

Ketama126
Foto di Lola

Produrre musica è rilassante, mentre scrivere è come andare dallo psichiatra. Penso che nella mia vita continuerò a fare beat a prescindere e spero e credo che mi vedrete sempre di più nella veste di produttore 

Tutte le collaborazioni di Armageddon

Continuando a parlare di produzioni, Ketama126 ne ha messo in evidenza la dimensione collettiva perché, anche se nasce come produttore e, quindi, avendone voglia, potrebbe fare un disco interamente da solo, ha ammesso che non riuscirebbe a raggiungere i risultati conseguiti in questo album. L’artista ha anche riconosciuto che la musica sia per lui collettiva non solo a livello di produzioni, perché sicuramente non avrebbe intrapreso questo percorso all’interno del rap se non avesse fatto parte di una crew. Tra l’altro, nonostante i componenti della 126 abbiano preso strade musicalmente diverse, continuano a collaborare, aspetto che per lui resta la cosa bella del collettivo, in cui non ci si smette di stimolare l’uno con l’altro nonostante il trascorrere il tempo. 

Circa la scelta di inserire nel disco solo featuring internazionali, Ketama126 ha rivelato che si trattasse di artisti che già ascoltava e di cui era molto fan. In particolare, ha raccontato di aver avuto la possibilità di conoscere e instaurare un rapporto di amicizia con Kaydy Cain e Yung Beef durante il viaggio ad Ibiza in cui stava lavorando al disco. Anche la collaborazione con Raf Camora è stata naturale, nonostante non si siano mai visti dal vivo, pur avendo già collaborato nell’album dell’artista austriaco Zukunft. Ketama126 ha aggiunto che in quel caso era stato proprio lui ad essere contattato da Raf Camora, aspetto che l’aveva molto colpito perché i loro generi sono molto diversi. Non ha nascosto che gli piacerebbe anche poter raggiungere altri paesi con la sua musica, pur riconoscendo che cantando in italiano sia un obiettivo difficile da raggiungere

Ketama126

A tu per tu con Ketama126

Durante la conferenza stampa, non è mancato lo spazio per rivolgere direttamente a Ketama126 alcune domande, cercando di leggere ancor più tra le righe di Armageddon e comprendere meglio alcune scelte stilistiche che costituiscono la forza di un album tanto vario quanto personale.

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Il titolo del disco fa pensare ad Armageddon di Michael Bay. Alla fine del film, grazie ad una missione, la Terra viene salvata. Questo album, a modo suo, parla della possibilità di una sorta di salvezza, personale, ma che può essere praticata anche dagli altri? 

Armageddon è una metafora per dire di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. L’idea dell’ultimo giorno del mondo, tra l’altro, ritorna anche nel film. In questo caso non si tratta ovviamente di salvare l’umanità, ma di salvare sé stessi. Questo è sicuramente uno degli obiettivi che mi pongo e spero che chi ascolta non tanto possa sentire salvato, perché se si hanno problemi nella vita non di certo aiuterà ascoltare il mio disco (ride, ndr), però magari possa avere anche solo un po’ di sollievo. 

Nell’intro, canti “Nati per perdere, vivi per vincere”.  Si può dire che un po’ tutto il disco parli dell’importanza e del valore delle nostre scelte per cambiare le cose?

Certamente. Penso che un destino scritto non esista. Ognuno di noi può sempre compiere delle azioni per far prendere una certa direzione alla propria vita. È solo attraverso le proprie scelte che si può cambiare davvero il proprio futuro

Dal punto di vista delle produzioni, le tracce sono costruite spesso su contrasti. Drill e suoni esotici, sonorità classiche e moderne, dance hall e sonorità elettroniche. A cosa è dovuta questa scelta?

Ho sempre inserito dei contrasti nella mia musica, sia a livello di suoni che a livello concettuale. Non mi piace fare un pezzo che sia solo triste o solo allegro, cerco sempre di mettere dei chiaroscuri. A livello di produzioni, senza dubbio questo è il primo album in cui cerco di uscire dai canoni della trap a cui ero abituato, che era al massimo influenzata dal grunge o dal metal e a cui comunque si erano approcciati già diversi artisti. In queste nuove tracce ho mischiato elementi che finora non erano stati mescolati. Mi diverte pensare che, come esiste il rock che prende spunto da tutti i generi musicali nella variante world music, ora esista anche la world trap

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