
Ogni settimana sono tantissime le uscite, ma alcune lasciano un segno. Barroso, il nuovo progetto di Vacca per Solo Bombe, è una di queste. Il termine “barroso” è un’espressione tipicamente sarda, non ha corrispondenti in italiano e indica una personalità fortemente in contrasto con ciò che la circonda; indica qulla voglia di contestare anche con prepotenza ed arroganza. E Vacca, in questo disco, contesta eccome. Abbraccia il suo passato pur lasciandoselo alle spalle. La prima volta che ho avuto la possibilità di ascoltare questo progetto sono stato completamente rapito: sembra quasi che tutto il percorso dell’artista sardo avesse come direzione questo album.
Sia chiaro, in Barroso non troverete le sonorità di Vh o di altri classici della carriera del “Don Don”: piuttosto quello che troverete è l’imprinting musicale che ha caratterizzato la sua musica fin dalla prima ora. Fin da subito si percepisce la complessità di questo disco, il tempo e la dedizione (maniacale) per ogni aspetto – dai suoni alle liriche, dalle strofe fino alle punchline. Leslie, Sa Razza, Styles P, Jack The Smoker, Inoki, Speranza, Artan, tutti gli artisti coinvolti contribuiscono a evidenziare le sfumature che rendono Barroso un disco dalle tinte color sangue: un lavoro viscerale e profondamente autentico.
Nel momento in cui ho iniziato a strutturare le domande per l’intervista ho pensato che ad un artista come Vacca, negli anni, è stato chiesto di tutto: difficile non risultare banali.
Ho riflettuto sul nome “VACCA” e sulle caratteristiche che hanno contraddistinto la sua carriera. 5 lettere, 5 parole. Vacca, ovvero: verità, amicizia, continuità, carisma ed arte.
Senza dilungarci più del dovuto, lascio spazio alle parole di un artista (gigantesco) dell’hip hop italiano. Prima di proseguire, non dimenticare di mettere in play Barroso, ultima fatica discografica di Vacca.
Prime due lettere V e A. Prima dicotomia: verità-amicizia. Quanto è importante la verità nella musica di Vacca?
Sono sempre stato coerente alla mia personalità: da quando ho iniziato con Vh sono sempre stato coerente. Intendo proprio musicalmente parlando. Mi ricordo quando ero piccolino c’era J ax, c’erano gli articolo, quelli erano gli artisti.
Mi ricordo di un suo pezzo su tutto ciò che non era hip hop. Parlava di questo tipo che un giorno era rockettaro, una volta punk. Ha parlato di ciò che era lui. Il soggetto nella canzone ha sempre fatto cose che si contraddicevano con il passato. Io non ho mai fatto cose che erano totalmente altro da me. In effetti, riosservando il mio percorso, sento di aver fatto tanti generi, ma non per tendenza, piuttosto per coerenza a quello che sono.
Quando ho iniziato con Vh, in Italia era tutto conscious, triste e incazzato; io parlavo di cartoni, divertimento, scop**e ed erba. Robe che non erano pensabili nel nostro ambiente, proprio a livello di argomenti. Dopo quello, siamo stati noi a portare la crunk, la south in Italia. Anche solo la base di Accalappianani è la prima di tutta ciò che può essere avvicinato alla trap dieci anni dopo.
Anche quando io mi avvicinavo a generi che risultavano molto diversi da quello che proponevano i miei colleghi, anche quando ho avuto l’influenza più reggae/dance hall, facevo comunque i pezzi da guerra. Non è che io cantavo di pace, amore. Non mi ricordo di quelle robe. Non mi ricordo di un Vacca incoerente, che segue le mode. Anzi spesso e volentieri ho fatto l’esatto opposto di tutto quello che facevano gli altri proprio perché non volevo finire nel calderone in cui tutti erano messi.

E questo si ricollega all’idea di “amicizia” di cui ti avevo accennato prima..
Quando ho iniziato l’amicizia era una componente fondamentale nel far gruppo, nell’essere uniti da questa componente che era l’hip hop, l’amore per questa cultura: essere hip hop anche senza farlo. Eravamo davvero piccoli, ma allo stesso tempo molto più maturi di tanta gente che lo faceva. E ti dico in quegli anni li, l’aggregazione e l’amicizia era una componente quasi prioritaria in tutto quello che girava intorno a questa musica.
E adesso com’è la situazione?
Adesso vedo più un’alleanza, che un’autentica amicizia. Tutti per uno, fin quando mi servi. Mi servi tu, ti servo io: bella li. Ma quanti rapporti sono veri? Non sono legati da interessi personali? Alcuni ci sono, certo, ma poi realmente nel bussiness non ci sono amici.
Pochi. Magari ci sono, ma tra esserlo e dirlo c’è un abisso. Se tu prendi 10 rapper vedrai che sono tutti amici. Quanti effettivamente hanno condiviso momenti se non per interessi personali? Nel 2022 l’amicizia esiste, ma probabilmente non tra colleghi.
Doppia C. Due parole tanto contrastanti, quanto complementari, come nel tuo caso: carisma-continuità..
Se un artista incentra tutto sul carisma succede che “l’artista” finisce per non avere lo stesso potenziale del “personaggio” che è andato a creare. In Italia purtroppo – inutile negarlo – molti hanno pregiudizi verso di me per il mio passato, che ahimé fa parte della mia vita, anche se è superato tanto da me quanto dalle fazioni nemiche.
Però il pubblico spesso e volentieri non dimentica, o non vuole dimenticare: ti vede in un modo e non ha interesse a cambiare opinione su di te. La mia musica è sempre venuta in primo, l’ho sempre messa avanti a tutto, mia figlia a parte. Però per farti capire il valore che io do a questa cosa qua, basta leggere il titolo e la copertina: nel 2021 potevamo vestirci in qualsiasi altro modo, come qualsiasi altro rapper per far venire il ca**o duro alla gente. E invece abbiamo deciso di essere reali.

La copertina è in bianco e nero, manco il colore abbiamo usato (ride, ndr). Siamo tutti in bianco e nero noi: tra di noi non gioca il fatto di essere vestiti in un certo modo, o fare certe cose. Noi siamo apprezzati perché siamo noi stessi, nella nostra semplicità. In questo disco non volevo che nessun elemento esterno (o estetico) potesse distratte dal proprio contenuto e dall’essenza dei messaggi che ci sono all’interno di questo lavoro. Reputo che questo disco possa completamente appagare le aspettative di chiunque lo ascolti.
A differenza dei miei colleghi che magari ci hanno messo un po’ più di tempo per far uscire il disco e poi il lavoro non è stato all’altezza delle aspettative, questo disco parla da solo. Soprattutto negli ultimi tempi vedo molti miei colleghi che in fase di promo vogliono spiegare il suo contenuto. Se il tuo disco è brutto, è brutto: stop. Non esiste “spiegare il contenuto“, è la musica che parla per te.

Cosa significa per Vacca essere un artista indipendente nel 2022?
Sono arrivato al decimo disco nella mia carriera: nessuno immagina quanto abbia sofferto in questo periodo e in questi giorni (alcuni giorni prima dell’uscita dell’album, ndr). Ricorda che sono sempre un artista indipendente: non ho gli spazi che i media riservano agli artisti in Major. In più se tieni conto delle antipatie che ho collezionato all’interno del settore della musica – parlo proprio nella discografia – delle porte che io ho chiuso capisci la difficoltà della situazione.
Immagina cos’è per me, per Vacca, non aver tirato fuori neanche un singolo: vorrei dirti la verità questa cosa non è stata dettata dal fatto che fossi fermamente convinto nel non voler far uscire nemmeno un singolo. Anche perché a me serve qualsiasi mezzo per pubblicizzare l’uscita di un mio lavoro, e instagram non basta. Io non ho altri artisti che possano spingere il mio disco, non sono in certi meccanismi che possano aiutare a sostenere l’uscita.
Questa volta non sapevo che singolo proporre: ma non perché non ci siano singoli; ogni pezzo ha il suo potenziale. Il problema è che sono talmente diversi fra loro stessi, che proponendone uno andavo a beccare una determinata tipologia di pubblico, facendone scontenta un’altra. Quando le persone avranno ascoltato il lavoro nel complesso, comprenderanno il suo valore nell’intero.

Come ti definisci artisticamente a distanza di tutti questi anni di carriera?
Io sono sempre stato una persona strarealista: anche chi leggerà questa intervista può capire con quante difficolta difficoltà abbiamo dovuto confrontarci. Ogni volta prima di un disco, non mi facevo troppi viaggi anche se mi ero sbattutto tantissimo per realizzarlo, proprio a seguito di quelle difficoltà di cui parlavamo. Tutte le volte mi facevo mille paranoie.
A sto giro ho voluto mettere da parte tutto: dovevo crescere io e mettere da parte questo mood di merda. Essere positivo al cinquecento per cento. È successo di tutto, ma dovevo essere positivo. Solo nell’ultima settimana ho perso tre amici. Ora però ho un’altra testa. Sto iniziando a pensare che le cose andranno bene, devono andare bene.
Parliamo di featuring, di Styles P. Mi sarei onestamente aspettato molto più clamore da parte del pubblico anche solo nel vedere quel nome..
Mike un nostro amico ci ha messo in contatto con Styles. Si avverte quando un featuring è fatto per rispetto anziché programmato a tavolino. In questo si sente che c’è il massimo supporto e il massimo rispetto tanto da parte nostra che da parte sua.

Ultima lettera, ultima parola: A, ovvero arte. Cosa significa portare in modo così viscerale all’interno della musica tutta la verità, il carisma, la continuità e l’amore per questa arte?
Sono pochi gli sfigati come me. Sicuramente mi sarei potuto godere molte altre cose se in passato avessi preso altre decisioni (ride, ndr). A me non resta che questo: io non posso essere diverso da quello che sono, io non posso essere incoerente.
Ormai siam rimasti in pochi a credere in determinate cose. Se anche noi dovessimo deludere coloro che credono in questa cosa, allora possiamo chiudere tutto e dire veramente “l’hip hop è morto”. Allo stesso tempo, io continuerò sempre a difendere i giovani: penso che sia una cosa prettamente loro, che appartiene a chi ha poca cultura di vita in generale, come è giusto che sia.
Spesso e volentieri questi ragazzi si avvicinano adesso a questa musica, perché sta diventando gigantesca. E sempre più ragazzini piccoli trovano spazio e riescono a crearsi un nome, un personaggio.
È sempre uno stimolo per i ragazzi più piccoli provare ad emulare chi ce l’ha fatta. Però anche loro cresceranno, si innamoreranno di questa cosa se ancora non lo hanno fatto. Spesso e volentieri quando ti avvicini ad una moda, e non ad una cultura, non sai nemmeno dove stanno le fondamenta. Perché lo fai? Questa roba qui non è solo musica e basta; il rap è una delle discipline, ma è la cultura che ognuno di noi fa propria.
Quanto è tossica l’industria musicale?
Ormai voglio tirarmi via l’abito del portavoce del contestatore: dell’anti-sistema. Sotto di me ne sono passati tanti e penso di averli educati bene in termini di cultura. Ad esempio in passato ho dato spazio ad Emis Killa, che era reduce delle vittorie di freestyle: ce lo portavamo in giro quando facevamo i live.
Gli concedevamo spazio in apertura e aveva completa libertà. Io sono un po’ allergico a chiedere featuring a gente che esplode. Mi piace prenderli in fase embrionale, perché mi reputo un buon talent scout: riesco a capire quando un artista ha fame o meno, a prescindere dal fatto che questo lo faccia di lavoro o no. Che tu abbia tremila o tre milioni di follower a me fotte sega.
Se ne hai tremila ancora meglio perché non sono uno di quelli che sfrutta la celebrità di altri, ma ho sempre cercato di mantenere il focus su di me. Barroso non è il disco di produttori che fanno insalta mista con centinaia di rapper. Il disco è mio, di Vacca. Senza mancare di rispetto a Styles che è un gigante di sta roba, ma nel mio disco voglio che il focus sia orientato su quello che è il contenuto che io propongo.

Preferisco tirare in mezzo anche artisti che non lo fanno di lavoro. Per questo disco abbiamo messo nomi diversi: dovevo cambiare tutto. Ho buonissimi rapporti con tantissimi rapper nel 2022. Ho riallacciato rapporti con tanti: sono più calmo nel valutare le cose. Non faccio come prima dove punto subito il dito.
Ognuno ha la propria vita. Questo non vuol dire che collaboro con gente che non mi piaccia. Il focus deve rimanere sempre sul disco. Soprattutto con la scena attuale ho buonissimi rapporti con tantissimi rapper: non mi sarebbe stato difficile chiedere featuring. Avrei potuto sicuramente sfruttare rapporti che ho con alcuni personaggi. Ma non è nella mia arte. Magari con il prossimo lavoro.
Qual è il singolo che pensi arriverà di più? C’è un brano di cui sei più fiero?
Non voglio passare come un pazzo con poca esperienza. In realtà abbiamo girato già il video del primo singolo. Uscirà a breve (si riferisce al video di Real Hustlers featuring Inoki, ndr). Siccome sono cambiato tanto, non volevo dare l’idea che tutto fosse fatto a tavolino. Come nel caso delle basi..
Un attimo. Cosa intendi per “come nel caso della basi”..
Partiamo dal fatto che il progetto nasce con un’idea di fondo: “NUOVO VACCA”. Non voglio parlare di strada, di quello che ho fatto in questi anni. Dovevo cambiare. Dovevo cambiare la mia vita. Cambiare la mia routine. Sono dieci mesi lunghi, quasi completamente isolato, se non con la mia ragazza.
Gli amici ovviamente passavano a trovarmi. Una volta a settimana poi ci incontravamo. Ma la mattina dopo si ricominciva. Quando è arrivato il momento di scegliere i beat ho pensato “se io scelgo i beat, faccio lo stesso album”. Dovevo trovare per forza un top producer, che sapesse fare qualsiasi roba, ovviamente in questo genere qua, e che mi facesse venire il ca**o duro quando ascoltavo le produzioni. Non devo essere io a chiedere, deve essere lui a stimolarmi.

Nel 2022 ecco cosa succede: tu contatti un produttore, gli mandi il pezzo di un artista che ti piace e gli dici che vorresti suonasse allo stesso modo. Sembrano fatti con lo stampino. Non c’è arte nei producer. A me serviva un musicista che sapesse fare questo di lavoro veramente.
Una volta trovato il buon PrinceVibe gli ho detto che mi doveva fare un disco che non avesse “rock”, a me quelle robe mi fan cagare; che non avesse robe emo, sad. Poi, all’elettronica sono allergico. Qualsiasi roba che sia techno, house o la cassa dritta non le volevo assolutamente.
Una cosa è dire “non scelgo i beat”, altra fare l’insalta mista e pezzi che non mi rappresentano. Come ho fatto in passato. Penso a Supermario: odiavo quella base. Non volevo fare una roba del genere.
Ciro è riuscito a farmi innamorare di tutte quante la basi. Probabilmente se le avessi scelte io, ne avrei selezionate al massimo tre. È stata anche una sfida: certe robe non erano adatte a me.
Ecco perché chiunque abbia ascoltato il disco, ha avuto la reazione di totale sorpresa. Barroso è il classico disco che Vacca non avrebbe mai fatto se avesse seguito la sua idea, proprio per questo è un disco perfetto (ride, ndr).

Quanto è stata lunga la gestazione dei vari testi di questo album?
Non meno di due settimane a brano. Forse qualcuno appena appena meno, ma non era mai una roba sviluppata in due giorni. Io ricordo un’intervista di Bassi in cui diceva che se era passata un’ora e il pezzo non è finito di scrivere, lui lo buttava via perché il brano non era figo. Ognuno ha la sua scuola di pensiero. Io con questo disco non potevo metterci un’ora, un giorno e nemmeno una settimana. Le cose che ho scritto sono il risultato di lavoro con una mole di tempo infinito.
Qui veramente abbiamo impiegato una settimana e mezza per fare una strofa, o per trovare un ritornello. Quando ero più giovane i ritornelli mi venivan fuori semplicemente: ho sempre avuto la fortuna di fare ritornelli orecchiabili. È sempre stato il mio punto forte.
In passato non ero punchliner, non era uno di quelli che stava a curare le parole. Stavo più a curare i flow. Ora invece è un lavoro doppio perché metto lo stesso sforzo su ambi gli aspetti. I ritornelli mi richiedevano più delle strofe. Quello del brano con Styles lo abbiamo cambiato quattro volte. Ogni volta stavamo attantissimi a tutto.
Dietro una canzone di due minuti e trentotto ci sono veramente tantissime ore di lavoro, di stress mentale e voglia di creare. È così che devono andare le cose.

È un po’ il feticcio dell’editoria musicale, ma è Barroso il disco della maturità di Vacca?
Si direi assolutamente di si. È il primo del nuovo Vacca. Vacca per ora ha tre vite, spero di averne nove come i gatti (ride,ndr). Siamo all’avvento della terza vita. Il primo è stato il Vacca con i dread, poi c’è stato il taglio ed è iniziata la seconda. Già li c’era una dedizione al lavoro totalmente diversa rispetto a prima. Sono completamente cambiato da quando ho iniziato a lavorare con Solo Bombe.
So che è brutto da dire, ma penso di aver smesso di giocare a fare il rapper solo con questo disco qua. In questi anni non sapevo più sognare: avevo perso quella roba li, non avevo più obbiettivi. Prima stavo giocando, mi sono dato al divertimento. Ero ossessionato dal mio lavoro, ma avevo perso il mordente. Ad un certo punto però ho realizzato: “che cosa sto facendo?”, “dove sto andando?”. Era diventata routine. Tanti al posto mio avrebbero mollato. Io ho deciso di combattere.
Ora sono più consapevole e penso sia arrivata una maturità artistica che può dare inizio ad un nuovo, e più autentico, Vacca.
Mi è capitato di vedere un video su youtube di una tua esobizione. Su Accalappianani ti sei letteralmente buttato tra la folla. Mi piace questa idea del repper che è in contatto col pubblico. Come vivi i live? È il momento effettivamente più bello del far uscire un nuovo disco?
Vorrei che ritornasse a diventare la parte più bella. Quando ero più giovane mi divertivo di più in termini di live: se avessi dovuto scegliere un momento più divertente dell’essere artista sarebbe stato sicuramente il live.
Col passar del tempo e con l’accrescere dell’amore per questa cosa qua, ho imparato che la cosa più bella di questo mestiere è la fase in cui c’è la concettualizzazione del disco e la preparazione del lavoro. Adesso quella è sicuramente la cosa più bella: con questo album ho voglia di salire sul palco e fare belle canzoni con la carica giusta, col mood giusto per ogni pezzo.
La parte più divertente secondo me è il creare, e lo capisci solo dopo col passare degli anni. Non importa come creare: se in studio, con mille persone, in casa o ovunque. Il punto è farlo con criterio.
Ci sono dei momenti del live che magari ti pesano di più? Non so, magari quando il pubblico si aspetta determinate hit del repertorio..
Questo secondo me fa girare un po’ le scatole all’artista. In passato succedeva di più. Adesso come adesso è raro che senti tra il pubblico richiesta di musica prodotta anni fa; era una roba che apparteneva più al passato: volevano pezzi vecchissimi.
Alla fine, però, la scaletta è gigantesca e accontento sempre tutti perché facciamo davvero molti pezzi. Come dici tu, è il momento in cui si rompono le barriere tra artista e pubblico la parte più bella, perché poi io avverto in maniera viscerale questa cosa qua. Nel pre-live io non amo farmi vedere da nessuno. Ho bisogno di rilassarmi.
Non c’è ansia da prestazione che mi porta a dire o pensare “ho problemi a star lassù“. Figurati, ormai sono quasi 20 anni che sono lì e giro ovunque per suonare. Semplicemente non piacerebbe neanche a me vedere un artista prima del live, lo vorrei vedere quando esplode sul palco. Già da parte mia durante il live c’è sempre molto coinvolgimento del pubblico. In più ci sono pezzi più voluti in cui crolla tutto.
All’Alcatraz, ad esempio, ero proprio in mezzo alla gente. C’è un video in cui c’ero io e 4 dei miei e quando parte il drop la gente esplode. Delirio. Tutti che saltano ed io che sparisco tra la gente. Ti dico la verità, ho girato ovunque, collane d’oro ovunque, fuori a petto nudo con collane e gioielli facili da aggrappare (etc.) – ora figurati non voglio sfidare il pubblico, non è mia intenzione. In realtà le persone non toccano, non fanno cose che non devono fare.

Questa è una riflessione interessante. Prima ai concerti non c’era assolutamente la concezione di andare a rompere le scatole all’artista..
Questa roba però capita anche a me eh. I cacaca**i in mezzo al pubblico che devono farsi il video che deve diventare virale su tik tok o fare i “social boom” ci sono sempre. Il mio pubblico non è neanche così grande in termini di età e di target, ma il mio pubblico è ben educato. Sa come sono e sa cosa si deve o non si deve fare.
Trovi anche genete di quarantanni, e ne sono grato, ma la fascia è tra i diciannove e ventotto anni. Ci sono anche i più piccoli e i più grandi però la fascia più alta è quella (19-28). La fascia comunque è alta rispetto ad altri artisti in cui è dai 13 ai 21.
E non temi che una certa fascia di pubblico non riesca a capire la tua musica?
Sai, non la vedo proprio così nel senso che è l’artista che forma il suo pubblico. Anche tra i ragazzi più giovani ci sarà sempre quel ragazzino che non ascolta wave nuove ed è abituato ad un ascolto più difficile rispetto a quello della canzoncina che ti fa quello “con meno esperienza”. In base all’artista che sei definisci il pubblico che hai. Con questo non significa adesso che chi fa un certo tipo di musica ha un pubblico di merda, solo perché magari gli arriva il ghiaccio durante i live.
Lui è Il fenomeno più grosso in Italia in questo momento e di conseguenza ci sono tanti ragazzini che provano ad emulare. Anche tra i miei ci potrebbe essere il ragazzino che si mette a rompere il ca**o, ma di certo non è un trentenne. Il trentenne non si mette a lanciare il ghiaccio, piuttosto se ha problemi con me viene a dirmelo dopo il live.

E se il pubblico, dopo l’ascolto di Barroso iniziasse con la vecchia retorica dell’ “era meglio prima”?
Vuol dire che non ha ascoltato bene il disco perché qui c’è tutto, anche le robe più semplici. Ci sono tante robe diverse in questo disco, anche divisive. Me ne rendo conto. Ma se ti piace la mia musica, se mi hai seguito veramente dal giorno zero, questo è il mio disco più completo.
In Barroso infatti è rimasto anche l’imprinting del primissimo Vacca. Quella voglia di ricerca e sperimentazione..
Io ho proprio abituato il mio pubblico, e anche la critica, al fatto che comunque non esiste che io ripeta una cosa già fatta. Quello lo fanno i perdenti. Ora non sono dell’umore di mettermi a far polemica però la reputo una cag**a. Non sono qui a fare i nomi, ma uno dei massimi esponenti della scena da qualche anno ha fatto un disco, mi sembra l’anno scorso, che tutti aspettavano da un po’ di tempo.

C’era hype da far schifo a tal punto che anche i muri trasudavano hype. Il disco una merda totale tranne l’ultima traccia in cui il tipo andava a ripescare lo stile con cui era esploso in Italia. Se dopo sette anni o sei fai venire la bava alla bocca alla gente perché ti sente rappare come lo facevi sette anni fa, vuol dire che non hai concluso un cazzo.
Se fai una cosa che hai già fatto ed è stata la tua roba più grossa, non vai a vincere ma stai andando a provare a vincere con una roba che hai già fatto perché non vinci con altro. Non ci sono altre giustificazioni quindi per mia mentalità con un disco finisce una storia. Quello è il metro di paragone per me da superare. Io non guardo gli altri ma punto a superare me stesso.
È questo ciò che ha caratterizzato la tua vita musicale e non solo. Ciò che permette a vacca di essere ancora qui, libero da schemi e da strutture..
La nostra struttura è molto più schematica di quelle li dentro: ormai ci siamo auto-formati ed abituati a vivere in questo modo. Se non esistesse sta roba bro, mi sarei perso. Avrei fatto le mie cazzate nella vita e probabilmente sarei anche finito male: sta roba mi ha salvato ogni giorno.
Mi ha dato una ragione ogni giorno. Io mi sveglio, penso a mia figlia, scrivo a mia figlia, però poi il pensiero va sempre lì: alla musica.
