

Dopo aver scritto la recensione sull’ autobiografico film-documentario di Mahmood, torno ad occuparmi di un nuovo libro. Il libro di cui vi parlo oggi è Il primo Re(p). Alle origini del rap italico, scritto da Piotta, edito dalla casa editrice Il Castello, collana Chinaski Edizioni.


Il primo Re (p) è il terzo libro di Tommaso Zanello. Il noto rapper e produttore romano ha esordito nel 2006 come scrittore con Pioggia che cade, vita che scorre. Tommaso «Piotta» Zanello racconta Lorenzo «Jovanotti» Cherubini, edito da Arcana e poi con Troppo avanti! Come sopravvivere al mondo dello spettacolo, nel 2007, edito da Castelvecchi. Se non li conoscete ve li consiglio.


Questo terzo libro di Piotta è un profondo e lungo flusso di ricordi personali e famigliari, ma non solo. Come si legge dal sottotitolo, il rapper romano ci accompagna fin alle origini del rap in Italia, a partire dalla scena romana. Mostra fin da subito come il rap, arrivato dall’America afro-americana, riesce a far superare le distanze tra varie fasce economico-sociali delle giovani generazioni italiane. Crea quindi mescolamento sociale, unità e divertimento.
Come scrive lo stesso Piotta:
“Come per magia, non c’era più distinzione: dal proletariato all’alta borghesia, la musica aveva annullato ogni gap. C’era solo un ritmo adesso, l’hip hop finalmente italiano, in italiano, ed eravamo noi i primi a farlo a Roma” (p.12).


ll primo Re(p). Alle origini del rap italico non è però tanto una lucida e appassionata ricostruzione storica, ma quanto una no fiction novel, come spiega lo stesso autore. Si sviluppa a metà tra realtà e verosimile. Ne derivano una serie di istantanee sospese nel tempo e senza un luogo preciso: alcuni dettagli restano volutamente sfocati. A proposito di foto, il libro è arricchito da tante immagini in bianco nero, molto evocative e alcune delle quali anche di repertorio e spontanee. Fanno avvicinare a situazioni e momenti importanti per l’evoluzione artistica e personale dell’artista romano…


In 174 pagine si susseguono una serie nitidi primi piani che assomigliano a tante scene di un film. Gli stessi titoli dei singoli capitoli anticipano e collocano all’esterno oppure all’interno le scene raccontate. Posso dire che il libro si presterebbe facilmente a una trasposizione cinematografica interessante.
Questo libro è una matassa che ri-avvolge in modo delicato, attento e curioso i primi “quasi ” cinquant’anni del rapper Piotta. Lo fa in modo ironico, denso, eppure non pensante e scorrevole. L’avrei potuto finire in tre giorni filati, se avessi letto senza interruzione.Tuttavia queste origini del rap italico di Piotta mi hanno coinvolta parecchio. Ad esempio, ad un certo punto, ho letto il titolo della celebre canzone dei Cor Veleno, Un mestiere qualunque del 2004 mi sono commossa. Quindi sono volutamente proceduta lenta: per gustarmelo meglio ed emozionarmi di più.


Tra i vari passaggi che più ho apprezzato, c’è questo, in cui Piotta scrive che cos’è per lui il rap. Oltre essere “un gioco, un magnifico gioco” è stata un’opportunità professionale, ma anche: una medicina.
“un’alchimia capace di riequilibrare le forze in disordine, quelle dentro di noi, che dall’adolescenza in poi scandiscono il tempo e i pensieri oscuri di alcune giornate. Una medicina che ha questa capacità taumaturgica di trasformare la merda in oro , non nel senso del disco d’oro[…]ma proprio dell’energia che emana e propaga, a partire da chi la crea fino a chi l’ascolta, e poi di nuovo, in una sorta di meraviglioso e sacro loop senza fine” (p.158)”
Come lascio intravedere da questi lunghi stralci, il libro fluisce in modo chiaro, puntuale e avvolgente in un divertente mix di aneddoti particolari,di viaggi memorabili e di tenere memorie famigliari. È anche un insieme di esperienze tragicomiche, buffe o gustose, oppure semplicemente spassose. Questo lato si unisce a dietrologie pungenti di spettacoli musicali mainstream e a critiche sociali posizionate. Come quando ricorda l’importanza degli spazi occupati e autogestiti romani, ma non solo: spazi di possibilità, spesso sotto attacco.


In sintesi, Piotta in questo terzo libro, ll primo Re(p). Alle origini del rap italico, mescola lati grevi a quelli altri leggeri; criticando alcune dinamiche d’oggi sia sociali sia musicali, senza essere pesante. Scruta l’oggi avendo una visione d’insieme a volte malinconica, a volte disincantata e altre a volte presa bene: capace di arrivare ad un pubblico eterogeneo, come la sua musica.
Posso quindi descrive questo terzo libro di Piotta con tre aggettivi: intimo, ironico e malinconico, sul finale si dilata nella poesia.