

Lo scorso mese ho terminato la lettura dell’utimo libro di Piotta Il primo Re(p). Alle origini del rap italico, edito dalla casa editrice Il Castello, collana Chinaski Edizioni.
In questo suo terzo libro Piotta racconta le origini del rap italiano e romano a partire da ricordi famigliari e personali. Incuriosita dal contenuto delle 174 pagine nitide, sorrevoli e intense gli abbiamo rivolto alcune domande.


Ciao Tommaso! Sono molta contenta di poterti rivolgere alcune domande. “Il mio primo Re (p)” è molto diverso dai tuoi lavori precedenti. Da quale esigenza nasce?
Sinceramente adoro scrivere, da sempre. È una necessità psichica, a volte fisica, in tutti i casi terapeutica, che sia in rima o -come in questo caso- in prosa.
A livello invece produttivo, la richiesta di questo terzo libro, nasce direttamente dall’editore, dopo aver letto i precedenti due, che sono piaciuti molto, ma sono oramai fuori catalogo.


È un libro molto intenso. La storia del rap italiano e della scena romana è intrecciata a quella tua personale. Ci sono stati degli eventi, personali e non, che hanno influenzato il tuo modo di scrivere?
Sì tutti. Ogni evento, piccolo o grande che sia, lascia il segno sul mio percorso umano ed artistico. Un percorso che ritengo davvero personale, originale, particolare. Poi ci sono alcuni momenti, crescendo, che lasciano davvero un solco profondo sulla pelle e nell’animo, com’è chiaro anche libro, a partire dall’introduzione.


Questo viaggio alle origini del rap italiano raccoglie aneddoti particolari, storie di viaggi, ma anche retroscena pungenti di spettacoli musicali. Che cosa ha rappresentato scrivere questo libro?
Trarne una sorta di diario personale e generazionale, ma anche un dipinto dell’Italia, dagli anni 80 fino a qui, attraverso la lente d’ingrandimento della musica.
Il libro ha un forte taglio cinematografico. Ad un certo punto citi la celebre frase di Gino Paoli:”Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il Mondo,destinati a qualche cosa in più…” aggiungendo ” se questo libro dovesse mai diventare un lungometraggio o, che ne so, una serie tv – quel brano sarebbe il giusto commento sonoro“. Qual è il tuo rapporto con il mondo della televisione?
Con la tv è ridotto ai minimi termini, perché raramente l’ho apprezzata (vedi Stracult per esempio), con il cinema, che invece è un’arte, il rapporto è molto buono da sempre, da giovane spettatore ad autore di colonne sonore. Poi c’è anche un lato come attore, molto saltuariamente, ma quella è più una boutade.


Questo libro potrebbe mai diventare una serie TV? E, se sì, come te lo immagineresti?
Devo dirti che abbiamo già ricevuto richieste in tal senso, richieste che stiamo valutando, perché se va fatto va fatto con attenzione. C’è una super produzione di film e serie, e spesso ci sono cose sciatte o sono pieni di erroracci, dalla scrittura al girato.
In alcuni passaggi del libro sei molto critico verso le dinamiche dell’industria musicale. Sembra quasi che, correggimi se sbaglio, il rap da strumento di aggregazione e mezzo per celebrare unità e divertimento finisca per creare nuove gerarchie e divisioni. Come si può correggere questa ingiusta dinamica?
Questo non solo per il rap, ma per la musica tutta, e non solo. Vale anche per lo sport, per esempio. Nascono per unire e aggregare, poi arriva un po’ di danaro, e tutto sommato tengono botta. Quando però si passa dall’economia reale alla finanza, allora tutto implode; e dove c’è unità c’è disgregazione.
La colpa non è del rap, della Musica (che è una Dea) o di altro, la colpa come sempre è della spremitura e della speculazione che se ne fa. L’olio è buono, quello industriale molto meno, al di là del colore simile.


Piotta se ti chiedessero di dare tre aggettivi al rap italiano d’oggi, quali sceglieresti e perché?
Bim, bum, bam. Può andare bene. Tanto ci sono un sacco di testi dove si parla di armi e violenza, diciamo che non sono aggettivi, ma suona onomatopeico come fosse una risposta estemporanea fornita da Marinetti o da Luigi Russolo.
Nel libro fai un piccolo spoiler sul tuo prossimo album.Ti va di condividere qualche segreto con noi?
Non li sto condividendo nemmeno con me stesso. Aha. Battute a parte, vi faccio lo spoiler. Il prossimo sarà il disco più profondo e incisivo che io abbia mai realizzato, mai sentito prima!