

Versailles è un artista particolare. Lui è in grado di mischiare nel modo migliore possibile tanti stili musicali. Questa cosa, attenzione, non è affatto scontata. Produrre musica crossover accattivante, ma che risulti rispettosa dei rispettivi generi di riferimento è complesso: significa mescolare tanti elementi, farli propri e attribuire loro un’identità precisa – e personale. E questo Luca Biscese (a.k.a. Versailles) lo sa bene. (Ne avevamo già parlato con lui qui!).
Piccolo momento di considerazioni. Confrontarsi con Versailles è sempre molto interessante, perché è in grado di ribattere alle domande con uno spirito critico; la conversazione non è mai scontata o “banale”. Quando pensi di averlo capito, di aver compreso il suo viaggio è pronto a proporti qualcosa di nuovo, stravolgendo le carte in tavola. E questo, onestamente, mi piace molto di lui. È un ragazzo che, tanto nei lavori precedenti quanto in -PATICO , così come nella deluxe A-PATICO, di cui parleremo oggi, mette tutte le sue conoscenze, e lo fa con grande consapevolezza. L’apatia con lui e la sua musica non c’entra niente. Godetevi quest’intervista e date un ascolto al suo ultimo lavoro: non ve ne pentirete!
Ciao Luca! Bentornato. L’ultima volta che ci siamo sentiti era da poco uscito il video di “Truman Show”. In chiusura mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa: << Il mio percorso è la mia storia: non lo definirei “preciso” e “chiaro”>>. A distanza di un anno come si è evoluto Versailles musicalmente?
Ciao! Beh a distanza di un’anno direi che sono successe parecchie cose sia per quanto riguarda la mia vita che la mia musica che è più o meno la stessa cosa. Musicalmente sono sempre più interessato al fondere produzioni organiche con strumenti veri a sonorità più elettroniche nel senso più ampio del termine.
Ho passato un bel periodo a comporre solo in the box (al computer) per imparare tutti i segreti e le meraviglie della musica digitale, per poi rendermi conto però che per me l’elemento umano è indispensabile, che si tratti di una chitarra o di una registrazione fatta col telefono della gente in stazione.
Ora che sei nella schiera dei professionisti e non più una persona che prova a sfondare in questo mondo, come spiegheresti il passaggio ad una persona che non conosce il dietro le quinte di questo mondo?
Ritengo che la percezione esterna di queste due categorie sia molto distorta. La causa principale di questa confusione è data dai numeri che leggi su spoty e dalle cose che vedi sui social di un’artista e sopratutto cambia tra ascoltatori generici e addetti ai lavori.


Per la gente che mi conosce (indistintamente dalle categorie sopracitate) lo “status” di pro l’ho guadagnato con il programma, mentre per come la vedo io, questo status l’ho guadagnato con il mio percorso di formazione che dura da più di dieci anni, e in realtà nemmeno sento di averlo ancora guadagnato. Ora chi ha ragione? Nessuno, parlano le canzoni.
In “A – PATICO” noto con piacere che la vena sperimentale di Versailles non è assolutamente venuta meno, è semplicemente cambiata. È solo una mia impressione o anche i tuoi ascolti sono cambiati rispetto ad un anno fa?
No, i miei ascolti non sono cambiati, ovviamente mi piace scoprire un sacco di artisti e canzoni nuove ma a livello di influenze Tutto quello che senti di nuovo nel mio progetto è pronto da almeno un anno.
Semplicemente ho cercato di dare un senso a un EP che doveva uscire così, sporco e abbastanza incazzato, svelando solo sul finale, con la repack appunto, un’altro lato di me più morbido nelle produzioni o nel modo in cui canto, anche perché ho imparato che una canzone può arrivarti come un cazzotto in faccia anche se chi canta non urla.


Che poi in verità la tua anima “punk-rocker” è ancora molto evidente. Pensi che sia arrivato il momento per una nuova ondata di musica su questo stile anche per l’Italia?
Sentendo quello che l’Italia ha proposto finora in questo genere spero proprio che non ci sia una nuova ondata di “punk” italiano (ride, ndr). Io stesso non mi ritengo un portavoce del punk in Italia, il mio è più un post rock ed è comunque solo una delle mie tante aree di interesse.
L’Italia è pronta per questo tipo di sonorità o il mercato stia ancora cercando la propria direzione?
Io penso che al pubblico italiano ormai interessi molto più ‘chi’ canta di ‘che cosa’ canta (ovviamente con le dovute eccezioni), ma per rispondere alla tua domanda non mi sembra che attualmente questo tipo di sonorità interessi all’ascoltatore medio, siamo in piena Rap Era.


Ti ripropongo la stessa domanda che ti ho fatto un anno fa, ma con un’accezione diversa. Se il tuo percorso è davvero poco definito e chiaro, cosa dobbiamo aspettarci dal caotico mondo musicale di Versailles nel prossimo futuro?
Ad oggi ho tante cose pronte e tante cose in fase di costruzione ma sento che manca ancora un filo conduttore che riesca a dare un senso a questo materiale perciò mi limiterò a dire che sicuramente ci sarà tanta melodia, ma anche del rap, musica bellissima e forse nessun genere in particolare.