
Una inconfondibile barba rossa e un outfit minimal bianco spuntano da un avvolgente groviglio di lenzuola. È questo il biglietto da visita di Stupido Amore, il nuovo (e ottavo) album di Mecna – al secolo Corrado Grilli – pubblicato il 5 maggio via Virgin Records / Universal Music Italia. Se la cover di un disco è parte fondamentale di ogni progetto musicale, immaginate quanto sia importante in quello di un artista che, oltre ad essere un rapper e cantautore, è anche un grafico. Immaginate non solo quanto possa contare la copertina – uno scatto di Simone Biavati – ma soprattutto quanto di questo disco ci sappia iniziare a raccontare.
Mecna sprofonda tra le lenzuola di un letto così come si immerge negli stati emotivi di cui scrive e canta, venendo quasi risucchiato da quello che è simbolo domestico per eccellenza dell’amore. Un amore romantico come suggeriscono le rose disegnate sulla stessa biancheria, ma al tempo stesso quasi opprimente proprio come un garbuglio di lenzuola troppo stretto in una notte tormentata da brutti sogni.
Stupido amore lo chiama Mecna, per sottolineare la doppia natura del sentimento più semplice e più complesso al mondo, quello che come ti fa ridere il cuore te lo può anche spezzare. Nel descriverlo lungo le 10 tracce che compongono l’album, però, ci dimostra quanto questo amore sia tutt’altro che stupido. E tutt’altro che riducibile ad una sola faccia.
Immergiti in “Stupido Amore”
Testi
Di fronte all’ottavo progetto discografico della carriera di un artista, può sorgere spontaneo chiedersi cosa possa avere ancora da raccontare con la sua musica. Se poi si tratta di un disco che, già dal titolo, sembra avere a che fare col sentimento più cantato – in tutti i sensi – di ogni tempo, la domanda diventa ancora più lecita. Per non parlare del fatto che l’album in questione sia di un rapper e cantautore che ha fatto dell’amore forse il principale marchio identitario della sua produzione.
Una delle sue fatiche musicali più apprezzate, non a caso, si intitola Laska, che vuol dire proprio amore in ceco, mentre tra i suoi brani più iconici ci sono quelli della cosiddetta “trilogia del 31” che altro non sono che la messa in musica di una storia d’amore in tre atti. Per di più, Corrado, insieme ad un altro Corrado del rap italiano, ovvero CoCo, ha addirittura incentrato un joint album sull’amore fraterno, Bromance. E questi sono solo alcuni dei tanti esempi che si potrebbero fare. Cosa aggiunge, allora, Stupido Amore all’esplorazione di questo sentimento da parte di Mecna? Di cosa ci parlano i suoi testi e in che modo lo fanno?

Forse sarebbe il caso di partire dall’idea che, in contrasto con l’immaginario collettivo, non si tratti di canzoni d’amore, ma di canzoni sull’amore, per dirla con le parole che un collega e amico di vecchia data dell’artista, Ghemon, usava per descrivere i propri brani. Nell’album, Mecna non solo mette in luce diverse sfaccettature dell’amore, ma se ne serve per raccontare altro.
L’amore è la base, l’opportunità, il motivo e la scusa per sviscerare diverse narrazioni e diversi tipi di relazione: amicizia, rapporto con i genitori, con la propria terra, con Dio e addirittura con la morte. E ciò è possibile solo grazie ad una buona dose di maturità nella scrittura.
Mescolando sensazioni e ricordi di amore e odio in vari legami, Corrado riflette su quanto questi cambino col trascorrere del tempo, riuscendo a rendere con la sua penna l’inevitabile susseguirsi di ciò che accade intorno e dentro di noi col passare di giorni, mesi e anni. Le immagini, infatti, si delineano una dopo l’altra spesso con quella frenesia che caratterizza le nostre vite in un mondo che corre a volte troppo veloce.
E se quelle cose tanto care a Mecna – che erano semplici in Le cose buone (2011), personali in Vieni via (2017) e fugaci in Mille cose (2020) – continuano a cambiare come racconta in Questi Giorni Matti e Ciò che splende, cos’è che rimane? Forse solo i nostri sogni che dicono tanto di chi siamo davvero, suggerisce l’artista.
I concetti di identità, della sua affermazione e della sua protezione permeano in effetti l’intero apparato testuale dell’album. E se ad uno sguardo superficiale questi temi possono sembrare discostarsi dal fulcro del disco, l’amore, guardando – o sarebbe il caso di dire ascoltando – meglio, ci si rende conto che non sia affatto così. Come si costruisce e si preserva l’identità se non anche attraverso il confronto con l’altro nelle relazioni?
Altro che, ricordiamo, non è necessariamente un individuo, ma può essere anche un concetto, come la vita, la morte e la religione, oppure un contesto, come il luogo in cui si è cresciuti. “Ricordami chi sono e quanto sono cambiato / Anche se non sono cambiato” dice, non a caso, Mecna rivolgendosi al mare della sua terra, chiamandolo oceano in Oceano Adriatico, uno dei migliori testi – e brani – del disco.
Strumentali
Come a livello di scrittura si può apprezzare un inedito sviluppo dei temi cardine della discografia dell’artista, così sul piano strumentale risulta evidente un’evoluzione sonora. Ascoltando Stupido Amore si percepisce subito che si tratti di un album che è nato già al fianco di una band. Si tratta, infatti, di un progetto molto suonato che sembra essere un naturale prosieguo dei tour degli ultimi anni. La partecipazione del violinista Rodrigo D’Erasmo è sicuramente esempio di spicco di questo modus operandi, di cui la direzione e la produzione è comunque stata sempre affidata ai fedeli Lvnar e Alessandro Cianci.
Rispetto ai progetti precedenti, in cui Mecna ha dimostrato di essere più che a suo agio su sonorità elettroniche, questo album appare decisamente più organico dal punto di vista sonoro. È come se dopo il ben riuscito esperimento pop con Sick Luke in Neverland, dopo il precedente disco solista Mentre nessuno guarda con atmosfere house e uptempo e dopo il joint album con Coco dalle vibe R&B, l’artista abbia cercato un suono più maturo e adulto. E, visto il risultato finale, sembra proprio esserci risuscito: basta ascoltare anche solo la title track e Canzone Da Dedicare per rendersene conto.
Stile
Se c’è una cosa che più del parlare d’amore identifica Mecna è la sua capacità stilistica di rendere questo sentimento e le sue sfaccettature più universali di quanto già non lo siano. Mettendo in musica esperienze personali e vissuti di persone a lui care, grazie ad un linguaggio semplice ed incisivo l’artista riesce a parlare a tutti, ma anche di tutti.
Una delle considerazioni che si legge più spesso tra i commenti social o sotto i video YouTube dei brani di Mecna è infatti che parlando di sé, della sua vita e dei suoi affetti, è come se parlasse anche di noi. D’altronde argomenti come le difficoltà che si possono sperimentare nelle relazioni ci riguardano tutti, al di là del tempo e anche a prescindere delle generazioni, come dimostra il feat con Drast degli psicologi in Mille voci.
Dare vita a un racconto autobiografico, se da un lato è un punto di forza, dall’altro rende più vulnerabili, perché espone ancora di più al giudizio altrui.
Io so chi sono e ho raccontato da sempre cos’ho in testa
Quindi non è un miracolo, c’è chi mi detesta
canta con consapevolezza Mecna in Questi Giorni Matti.
Nel coraggio di rendersi vulnerabile, tuttavia, sta a sua volta un altro dei tratti distintivi dell’artista. Se non si mette a nudo, e non ci da la possibilità di farlo, non è Mecna. E di questa sua capacità ne va – giustamente – fiero, non sentendosi ferito da chi cerca di attaccarlo per la sua spiccata sensibilità o per la sua scelta di cantare l’amore fraterno in un album.
Sono rimasto nel mio mood quando ero in tour con CoCo
Volevi ferirmi di più, non mi chiamavi fr***o
sputa al microfono in delle barre di Oceano Adriatico, tra le più potenti di tutto il disco.
Se a contraddistinguere un artista è più la sua attitudine che la corrente musicale che sceglie per esprimersi, si comprende la difficoltà a poter inscatolare, ormai, Mecna in un solo genere. Certo, riferimenti al mondo rap quali la citazione a Neffa in Ciò Che Splende (“Cielo grigio piombo/ lascio che mi prenda”) e a Bassi Maestro nel titolo del brano Questi Giorni Matti ricordano sempre da dove è partito. Così come il modo di stare sulla base e la fotta in alcune strofe riportano alle vibes del suo primo album in studio, Disco Inverno. Ne sono un esempio le strofe de L’Odio, la cui prima di apre proprio riprendendo alcune parole dell’iconica intro di un brano di quell’album, Senza Paracadute.
Ma al di là di questo, Mecna ci tiene a ribadire il suo essersi sempre voluto separare da un certo tipo di rap e immagine di rapper, proprio grazie al suo rappare d’amore, come ricorda in Oceano Adriatico:
Lettere ad amanti nei miei versi
Ho più diamanti che sul collo dei tuoi rapper performanti

Uno stile così personale e definito non ha comunque impedito all’artista di accogliere nel suo mondo i vari feat – tra cui Guè con cui aveva già collaborato – o di entrare lui nel loro. Principale esempio del secondo caso è Lo Dovevi Fare Con Me con Bais e Dargen D’Amico che sembra un vero e proprio spin off dell’universo scanzonato, irriverente e acutamente divertente di quest’ultimo, nonostante la vera chicca del brano sia il ritornello del cantautore udinese che fa entra in testa e non esce più. Questa, infatti, è la vera hit del disco, sorprendente non la collaborazione con il cantante dell’amore tormentato per eccellenza, ovvero Coez, il cui contributo avrebbe potuto essere sfruttato meglio nell’economia complessiva progetto.