keyoshin, pseudonimo di Luca Abbiati, è un producer, sound designer e DJ milanese della classe ‘96. Dopo aver vinto una borsa di studio presso lo IED di Milano, insieme al suo collaboratore Fato W, fonda Chandelier Studio. Il 21 aprile 2023, dopo aver partecipato all’EP di Calab, pubblica il primo mixtape intitolato Streetwear, caratterizzato da 10 brani, i quali si pongono l’obbiettivo di miscelare la moda urban col mondo dell’hip hop. Noi della Casa del Rap abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui!
Ciao keyoshin e benvenuto! La tua ultima release, “Streetwear” è un concept album che esplora i punti di contatto tra la musica urban e la moda. Come mai hai scelto questo incipit?
Con i ragazzi che frequentano lo studio è frequente che si parli di outfit, moda o collezioni. Per ogni artista è importante avere un’immagine ben definita, molte volte il discorso musica si interseca con quello dell’abbigliamento e dell’immaginario legato ad ogni progetto artistico. “Streetwear” è nato da una suggestione di Slow C che, dopo l’uscita del suo brano, “Tute”, e del singolo, “Fresco”, di Carlo Flow e Koja, tributo a North Face, mi ha proposto di creare un progetto con il coinvolgimento di molti artisti, all’interno del quale, ogni brano potesse essere dedicato ad un differente capo d’abbigliamento e ad una diversa sonorità. L’ho trovata una bella idea e la abbiamo sviluppata insieme.
Il sound di ogni brano è curatissimo e ricco di differenti influenze. Ci sono delle reference stilistiche che ti hanno, in qualche modo, ispirato?
Dopo aver abbozzato la tracklist con Slow C, ci siamo messi ad un tavolo,insieme a Gisma e Nari, ragionando in questi termini: – Ok il brano x tratta dell’outfit y: che genere e che influenze stilistiche lo rappresentano? In questo modo, abbiamo prodotto tutti i beat e li abbiamo inviati ad una selezione di artisti andando a colpo sicuro. Eccetto, “Guanti”, la traccia in cui ci siamo maggiormente aperti alla sperimentazione e “Tute RMX”, tutti i brani sono stati realizzati rapidamente. Questo perché ci siamo sentiti padroni delle tematiche, delle sonorità e grazie alla conoscenza dell’attitudine degli artisti che abbiamo scelto (nonostante qualcuno sia stato volutamente portato fuori dalla propria comfort zone). Inoltre, grazie al mix di Fato W che, ad oggi, ha ormai missato quasi 200 brani prodotti da me, abbiamo mantenuto un solido collante della mia idea artistica in ogni brano.
Il progetto è composto da 10 brani che ospitano numerosi artisti del roster di Chandelier Music, label milanese di cui sei co-fondatore. Ci parleresti della vostra realtà?
Chandelier Music nasce dopo 2 anni di attività di Chandelier Studio. Io e Fato W abbiamo trovato una formula che permette agli artisti di uscire arricchiti dalle esperienze nel nostro studio. Dal nostro modus operandi è nato, infatti, anche il valore aggiunto di aiutare nella distribuzione i progetti più meritevoli. Cerchiamo di seguire progetti che abbiano senso di esistere sul piano comunicativo: ci piacciono le storie delle persone. E’ un percorso che ripagherà sul lungo termine.
Oltre ad essere un producer molto attivo nella scena urban e un DJ, sei anche un compositore e autore di soundtrack che lavora con brand e varie aziende. Come è cominciato il tuo percorso?
Nel 2016 ho vinto una borsa di studio al corso di Sound Design allo IED di Milano. Ho avuto la fortuna di incontrare professori che mi hanno aiutato tantissimo nella mia crescita personale e artistica: Leopoldo di Lenge, Sergio Messina, Antonio Cooper Cupertino, Painè Cuadrelli, Marco Zangirolami. Ognuno di loro ha saputo darmi i giusti stimoli per trovare il mio sound e per applicare le mie conoscenze musicali in molteplici ambiti. Sono solito trattare la produzione per le musiche un brand, di uno spot o di un artista, nello stesso modo. Cerco sempre di far sì che il mio lavoro mantenga la sua creatività e non si trasformi in un semplice processo di catena di montaggio. Detto ciò, per avere una visione più ampia e completamente chiara di un progetto, personalmente, penso siano fondamentali anche conoscenze in campi paralleli come: la semiotica dell’arte, il cinema o l’antropologia culturale.
Come produttore hai sicuramente a che fare con diversi generi musicali. Ci sono, tuttavia, delle correnti che ti hanno maggiormente influenzato?
Sono cresciuto in un paese piccolino in cui le uniche persone che facevano musica erano i membri del coro della chiesa e gli alunni della scuola di musica all’interno del municipio. Senza internet era difficile reperire i dischi: molta della musica di cui sono appassionato l’ho scoperta tramite ragazzi più grandi, delle mie zone, che mi regalavano CD masterizzati e chiavette usb, sapevano che ero super curioso.Andavo in giro con diverse compagnie. Con i miei compagni del primo liceo, prima che mi cacciassero dall’istituto, frequentavo eventi rock, metal e crossover. Con i ragazzi della piazza del mio paese, invece, andavo alle jam e ai concerti hip hop. Mentre con i gruppi più alternativi, bazzicavo tra serate tech-house e techno. Mi sono sempre sentito un ibrido, ho sempre assorbito influenze da differenti ambienti. Parallelamente, ho iniziato a suonare il pianoforte e la chitarra ma con scarsi risultati: ero bravino ma non riuscivo ad appassionarmi nello studio. Più avanti ho compreso che è stato essenzialmente per due motivi: per il fatto che mi piaceva più creare che eseguire musica altrui e perché l’approccio di chi insegna unicamente a suonare uno strumento non è sempre quello adatto ad un aspirante autore, così, ho scelto di dedicarmi da autodidatta. Il risultato è che non so suonare niente “bene” ma tante cose “male”. Conosco approfonditamente Ableton ed ho una buona conoscenza sommaria della teoria musicale: non sono un grande esecutore, non mi interessava diventare uno strumentista puro.
Consiglieresti ai nostri lettori tre dei tuoi brani per conoscere meglio la tua musica?
“Guanti” ( dal mixtape “Streetwear”) che contiene le mie sonorità preferite applicate al rap.“Cosa Voglio” (di Leslie), perché ho campionato la melodia di un mio fischio per fare il beat e “Panamera” ( dall’album “Burnout”) è una potenziale soundtrack per un videogame/film di corse automobilistiche.
Sappiamo che sei costantemente a lavoro su nuovi progetti. Puoi darci qualche spoiler sui tuoi prossimi step?
Recentemente mi ha preso in gestione editoriale una struttura che mi sta mettendo in condizione di lavorare con autori e artisti di un certo livello. Preferisco non sbilanciarmi.
Comunque uscirà molta musica dal nostro studio.