

Il mese scorso Peppe Serpe, dopo aver pubblicato il singolo Il gioco, pubblica il suo album di debutto Crash test, distribuito dal label catanese Tomato Sauce Records, prodotto, registrato e mixato interamente dall’artista stesso. Il progetto contiene 11 singoli con presenti featuring di altri rapper siciliani.
Peppe Serpe oltre ad essere un rapper rinomato è anche un producer di talento, e ha creato l’etichetta Tomato Sauce Records, un label indipendente che unisce tanti artisti giovani siciliani a creare musica insieme per riuscire ad emergere in una delle regioni forse più difficili in Italia, sopratutto per le nuove generazioni.
Peppe non si è fermato ad usare il suo talento solo per aiutare se stesso e i ragazzi che come lui vivono nella regione sicula, ma si è coinvolto in un progetto sociale dove mette a disposizione la sua esperienza musicale in un workshop di scrittura, che aiuta i detenuti dei vari carceri della regione. Un grande esempio di come la musica e sopratutto il rap può aiutare socialmente e cambiare le vite delle persone meno fortunate in maniera positiva.
Ciao Peppe benvenuto a Lacasadelrap, da poco hai pubblicato il tuo album di debutto Crash Test, vuoi raccontarci di cosa parla è perché hai scelto questo titolo?
Buongiorno a voi! Crash Test è un album che ho iniziato a comporre fra dicembre 2021 e febbraio 2022 scrivendo e riadattando testi che avevo da anni nelle mie notes. Mi sono ispirato a delle sonorità classiche poiché ritengo le lyrics molto riflessive e cantando mi rendevo conto che rendevano molto meglio nella semplicità elegante di un boom bap con sample, piuttosto che su basi elettroniche moderne.
I testi sono sono molto nostalgici, raccontano come la vita sia cambiata crescendo, quello che si è perso durante questi anni, dalla pandemia all’avvento dei social, come la socialità, la musica e il mio umore ne ha risentito di conseguenza.
Il concetto principale del Crash Test quindi è l’autodistruzione ma il titolo dell’album è venuto dopo risentendo una barra de il gioco che dice appunto “abbiamo fatto il crash test con noi dentro”. Mi ha dato un filo conduttore fra i brani e mi ha ispirato per l’artwork fatta da Alessio Andronico.
Oltre a rapper sei un rinomato produttore in Sicilia, vuoi raccontarci come sei arrivato a diventare prima produttore e poi rapper o le due cose sono nate insieme?
Quasi tutti gli step nella mia esperienza musicale si sono sviluppati mentalmente assieme, ma praticamente nel tempo. Ho iniziato a fare graffiti prestissimo e Catania era una città piena di hip hop: bastava spostarsi da una piazza all’altra per trovare breakers o writers o freestylers che facevano ballotta.
Mi sono integrato quasi subito e provando tutte le discipline ho capito che avrei dovuto prendere una tastiera midi e iniziare a comporre musica, poiché già immaginavo beats e testi. Oggi diciamo che ho sbloccato la voglia di espormi perchè mi sento completo e sicuro su quello che voglio esprimermi ed essere.


Vuoi parlarci del tuo tuo singolo il gioco è il video relativo, chi sono i personaggi nel visual e dove è stato girato?
Il gioco è il brano fa un da legame ai contenuti del disco, è personale nella prima strofa e sociale nella seconda. È stato però il ritornello e il titolo che mi hanno fatto immaginare il viversi e l’essere hip hop come un gioco o uno sport dove si da tutto, come la kick boxing o la breakdance.
Per questo ho chiamato due cari amici che sono anche dei campioni nelle loro discipline: Damiano Moovycube e Savvo Savvo. Vedo in loro tanta passione e tanta disciplina nel portare avanti la loro volendo migliorare ogni giorno le loro skills. Questo ci somiglia perchè sto spingendo tantissimo per me e per gli altri durante questo periodo e sto vivendo questa musica con sana competizione e costanza.
Poi Roberto Oliveri e Alessio Consoli si sono lasciati trasportare dall’idea e hanno reso al massimo, facendo un video di altissimo livello. Il video è stato girato a Catania nelle palestre di Academy Kick Boxing Club e Artnotes e a Fabbricateatro. In quest’ultima abbiamo fatto le riprese nella scena di Post Mortem, lo spettacolo di mio padre Nino Romeo nel quale ho fatto da tecnico di compagnia.


Tu sei siciliano, regione che ha sempre regalato grandi artisti musicali, cosa ne pensi della scena rap siciliana attuale e in generale di quella italiana?
Personalmente penso che la situazione, come un po’ in tutta Italia, si sia polarizzata fra chi vuole dare dei contenuti pesanti tematicamente e chi porta avanti dei clichè della trap, ormai noiosi, tossici per la società. Un po’ la solita lotta fra underground e mainstream riportata a livello regionale.
Parlo per la mia città, perchè vista dall’esterno la realtà palermitana mi sembra più unita rispetto a quella catanese e sforna prodotti di livello più alto (almeno per il mio palato). Poi non riesco a parlare per la realtà siciliana in generale.
Sono nate tante realtà nuove che vogliono creare più coesione: forse un venirsi incontro reciprocamente, per ricreare quello che c’era una volta, potrebbe essere una soluzione per spingere assieme prodotti ed eventi validi su tutta la regione. I tempi sono sicuramente cambiati rispetto agli anni delle jam, ma sono sicuro che c’è ancora un pubblico che richiede quelle vibrazioni che solo il vero hip hop sa dare.
Sul panorama nazionale la penso identicamente: ci vorrebbe più collaborazione nell’underground. Gli artisti grossi ormai collaborano sempre fra di loro, al massimo inseriscono una nuova leva ogni anno per vedere se regge. I featuring sono sempre i soliti volti ed è difficilissimo entrare in quei contesti per rispetto o per valore: devi essere sotto etichetta o forte sui social. Anche lì è difficile trovare una nuova leva che non porti gli stessi contenuti: spaccio, violenza, armi ecc. Capisco che chi fa sta vita parla di questo, ma se è l’unica cosa che frulla in mente allora c’è da rivedere i valori dei discografici e del pubblico in generale.
Il rap è uno strumento potentissimo, usato nella maniera giusta potrebbe cambiare il mondo in positivo. Credo in questo sennò non lo farei con questa voglia.


Quali sono state le tue più grosse influenze musicali?
Essendo anche un producer davvero tante. Dj Premier, Dr Dre, Scott Storch e The Alchemist nella mia fase di crescita sono stati dei totem. Con loro i rispettivi rappers con cui collaboravano.
Quando è arrivata la trap (o comunque la nuova wave americana) mi è piaciuta parecchio la roba dark in stile A$AP Rocky, Schoolboy Q e Kendrick Lamar. In seguito in UK ho ascoltato tantissima roba del posto: High Focus Records su tutti! Ultimamente ascolto molta drum n bass e metal. Ma faccio troppa musica per ascoltarne altra, a volte il silenzio è la mia canzone preferita.
Se ti dovessi trovare su un isola deserte quali tre album vorresti avere con te?
Illmatic di Nas, L’attesa di Kaos, Hybrid Theory dei Linkin Park.
Sei il fondatore del label Tomato Sauce Records, vuoi raccontarci come è nato e di cosa si tratta?
Tomato Sauce Records è inizialmente nata dalla necessità di inserire le mie produzioni musicali in un contenitore che non fosse solo il mio nome come producer ma fosse anche un gruppo coeso di artisti che vogliono esprimere dei contenuti analoghi e lavorare assieme.
La situazione in pochi mesi ha attratto molti rappers della provincia etnea con album e progetti già pronti e stiamo organizzando delle jam a Catania. Il mio studio è il fulcro dell’etichetta e siamo un team giovane ed operativo. Abbiamo aperto da 6 mesi ed è un esperienza nuova per tutti, con la giusta pazienza e la giusta dedizione secondo me possiamo ottenere dei bei risultati, sta nel crederci e sbattersi.
Cosa ne pensi del rap come strumento costruttivo e positivo nel sociale ?
Personalmente vedo la scrittura rap come una forma d’arte dalla potenza incredibile dal punto di vista sociale e psicologico. È pazzesco quanto possano uscire fuori tanti pensieri che rimangono nascosti o mai formulati in pieno su un testo.
Gli ultimi anni con Zu Luciano artista veterano siciliano, abbiamo fatto diversi laboratori di musica rap in città, dai quartieri periferici fino ai carceri minorili. Molti ragazzi hanno scoperto questa passione e hanno imparato a rileggersi e a capirsi. Da sei mesi lavoriamo con il progetto Crisi Come Opportunità nel carcere minorile di Acireale e in una cooperativa sociale chiamata Prospettiva.
Là facciamo scrivere, cantare e registrare i ragazzi di questi istituti. A febbraio ci è venuto a trovare Lucariello, in prima linea nel carcere minorile di Airola a Napoli, che ci ha illustrato dalla sua esperienza come lavorare coi ragazzi. È un esperienza formativa molto forte dal punto di vista emotivo ed è fantastico poter dare ai ragazzi 2 ore di svago in delle situazioni così difficili.