Nayt, pseudonimo di William Mezzanotte, è un rapper italiano con un background musicale totalmente fuori dagli standard a causa del suo percorso evolutivo che lo ha portato ad effettuare determinate scelte sotto svariati punti di vista.
L’artista, nato ad Isernia ma con un intenso vissuto a Roma, muove i primi passi nel rap con l’album Nayt One uscito nel 2012. I primi riconoscimenti importanti, però, cominciano ad arrivare nel 2017, successivamente alla pubblicazione di Raptus 2.
Nel 2019, il terzo capitolo della saga Raptus, chiude un cerchio fondamentale nell’esistenza umana ed artistica di Nayt, poiché se fino a quel momento, il rapper aveva scelto uno stile crudo improntato sulla rabbia, contornato anche da tutta una serie di dissing, a seguito di un intenso percorso psicoterapeutico, decide di effettuare una svolta sia contenutistica che musicale.
Da quel momento in poi, i testi, anche attraverso dei suoni maggiormente melodici, analizzano il subconscio e la psiche dell’artista, il quale si immerge in una catarsi interiore. Il cambiamento avviene prima in Mood e poi in Doom, fino ad arrivare ad Habitat. Tale parola è stata già utilizzata dall’artista nei live e nel brano (partenza).
Anticipato da provare qualcosa, al suo interno non presenta alcun featurung, scelta non inusuale per Nayt, che negli anni ha sempre ridotto al lumicino le collaborazioni. Il concept ruota attorno a delle domande esistenziali, ovvero: “chi sono io?” e “chi si nasconde sotto la maschera del personaggio?”
Testi
Chi si aspettava che Nayt si fosse adeguato ad un mood maggiormente Pop a causa di alcune declinazioni melodiche, viene immediatamente smentito all’inizio del disco che presenta subito in successione due banger hip hop. In FRAGILE, servendosi di un fast flow e una metrica impeccabile, Nayt sputa rime al veleno contro il qualunquismo ed effettua critiche ben mirate all’industria musicale.
Tali contestazioni trovano il suo culmine in guerra dentro, manifesto interiore che sfocia in palesi accuse al mercato discografico. L’artista, dunque, sceglie di porsi come una specie autoctona che si autosostiene in un habitat parassitato da numeri, marketing ed apparenza. La chiusura di guerra dentro eleva la penna di Nayt sul Machu Picchu.
L’album prosegue con cazzi miei, contornato da un flusso cadenzato ed assonnato. La seconda strofa, tra le altre cose, esamina impeccabilmente le ipocrisie societarie basate su competizione tossica e nessun rispetto verso l’altro. Habitat nasce dall’ esigenza di spogliarsi della maschera del personaggio in favore di un’autenticità spesso dispersa nello scenario plastificato dello spettacolo in cui troppi fingono per accaparrarsi tornaconti personali e tale intento viene esposto alla perfezione in cosa conta davvero e un’idea, due passaggi estremamente introspettivi e profondi.
La scrittura presenta concetti elaborati fitti di contenuti che invitano l’ascoltatore a riflettere attentamente e porsi domande esistenziali non tanto per trovare delle risposte ma quanto più per spronarlo ad essere un organo senziente in un contesto che tende a limitare le facoltà individuali in favore di un movente collettivo. Solo domande, penultima traccia, esplora esattamente questo territorio. Non mancano gli episodi più romantici che però non cadono mai nella banale retorica mainstream.
La gabbia per l’uomo è una zona di comfort
L’ignoto è qualcosa di troppo
Nayt, un’idea
Strumentali
“La gabbia per l’uomo è una zona di comfort, l’ignoto è qualcosa di troppo” è questa, una delle frasi più belle dell’intero disco. Partendo da questa espressione di Nayt che invita alla sperimentazione e alla scoperta di qualcosa di sconosciuto, possiamo comprendere al meglio le dinamiche che hanno portato l’artista a selezionare le basi adatte al progetto.
3D ha steso quasi tutti i tappeti musicali, eccezion fatta per wertigini, curata da Orang3. L’artista ha optato per dei beats dai suoni camaleontici ma mai completamente definibili in un genere preciso. Iconici son quello da battaglia con un sottofondo lirico e allarmistico di tutto normale e il beat di cosa conta davvero, dal sapore orientale.
Il disco suona molto ambient con soffusi richiami country e soprattutto blues come nel caso di no more drama e solo domande. L’album presenta anche assonanze lo-fi e risuona molto quieto, ponendosi come un sottofondo relax spesso in contrasto con i bollenti spiriti di Nayt.
Stile
Partiamo dal presupposto che Habitat è un disco rap. Nayt, non appare affatto un ibrido quanto più un precursore di un’ evoluzione stilistica dell’hip hop. L’artista, cura dettagliatamente l’aspetto tecnico, chiudendo incastri attraverso svariati flow che presentano metriche alternate e rime chiuse con assonanze o sillabe troncate.
L’originalità del suo orientamento al mic è un marchio di fabbrica ben visibile lungo le 13 tracce che compongono il progetto. Tale peculiarità, non rappresenta solo uno sfoggio stilistico poiché il plus di Nayt è quello di affiancare dei contenuti complessi ad una tecnica altrettanto fine.
La qualità nell’elaborazione del testo è indiscutibile anche se l’uso del vocabolario non presenta un rimario abbellito da parole da approfondire attentamente ma capiamo tale scelta poiché la ricerca di un metodo troppo complicato nell’uso del linguaggio avrebbe minato una rapida estensione del prodotto al grande pubblico.
Nayt effettua scelte chiare e precise, non prostrandosi alle voglie mainstream succubi di un egocentrismo pop. Tutti i ritornelli, così come i pezzi più fruibili dalla massa, non appaiono mai scontati o banali. Nulla è lasciato al caso di un algoritmo o alla predisposizione di un pubblico propenso alle hit. La direzione artistica intrapresa esula da conteggi matematici e non notiamo alcuna assonanza con le caratteristiche del settore.
Habitat ha il raro pregio di percepire l’arte come catarsi interiore per sprigionare la propria creatività cercando di non seguire troppi schemi preconfezionati. Non risulta evidente una maggior affinità ad un ambiente meno vicino al rap poiché se musicalmente, il lavoro si discosta dal classico boom bap, non rientra comunque in canoni ben definiti e non condiziona in negativo la stesura ritmica del protagonista.
Concludiamo affermando che la scelta in totale controtendenza con l’appeal generale, di non chiamare nessun ospite in Habitat è un quid che onora maggiormente il lavoro svolto, poiché Nayt, da solo, riesce egregiamente a compiere la sua opera senza il minimo bisogno di inserire collaborazioni atte a soddisfare logiche mercantili.