
Quest’estate abbiamo visto un fiorire, o meglio un fluire di Dissing. Quando Salmo, Luchè, Inoki, Trucebaldazzi e Niko Pandetta si rispondevano per le rime, io ero in compagnia di un libro che ruotava intorno a quelle di Fabri Fibra.
Pubblicato a giugno Tutti vogliono un fenomeno. La storia di Fabri Fibra, è scritto dal critico musicale Michele Monina, edito da Il Castello editore, marchio Chinaski edizioni. È già al primo posto su Amazon, nella sezione Libri, in Musica Rap.

Raccontare le rime di Fabri Fibra
Il novantesimo libro dello scrittore marchigiano Monina non riguarda però unicamente i pur numerosi dissing che il rapper ha acceso durante la sua ascesa. Limitarsi a questi sarebbe molto parziale. Tutti vogliono un fenomeno ruota attorno a tutte parole in rima scritte dal rapper di Senigallia. Sono le parole, infatti, al cuore di questa storia; e queste negli anni sono state caustiche, rabbiose, allucinate, violente, misogine, omofobe, ma anche critiche, nichilistiche, intime ed esistenziali. Così d’impatto da non lasciare mai indifferenti. Fibra infatti è ancora oggi un nome controverso e rilevante non solo del rap italiano, ma della musica italiana in generale.

Proprio per l’influenza e le critiche che le sue canzoni hanno avuto o suscitato Tutti vogliono un fenomeno sviluppa in modo appassionato una serie di considerazioni sulla “vita, le opere e soprattutto la poetica” (p. 11) di Fabri Fibra.

Interpretare un Fenomeno
Il libro di Monina non è infatti solo una biografia, anche se di elementi biografici – e anche autobiografici – ce ne sono parecchi. È più piuttosto una fenomenologia ossia una ricognizione ordinata, colloquiale e a tratti divertita “sulla carriera e sulle rime” (p.13) di Fabri Fibra. Insomma un testo piacevole ed esauriente che vi potrebbe tenere compagnia in vacanza.
In Dietrologia (2011) Fabri Fibra a proposito del rap scriveva: “Il rap è un classico nel suo genere perché ha come caratteristica fondamentale quella di fotografare il momento”. Le canzoni rap “sono istantanee, più che manifesti” (p. 243).

Ecco, il libro di Monina offre un’interpretazione a queste urgenti, a volte deliranti, malate e spesso urticanti istantanee. Attraverso diversi aneddoti personali, il critico musicale esplora e racconta la carriera di uno dei rapper più odiati – o più amati, dipende dai punti di vista – d’Italia.
Dove nasce un Fenomeno?
Nel ripercorrere la carriera di Fabri Fibra, lo scrittore parte dalla terra marchigiana, terra natale di entrambi, ne racconta le dinamiche provinciali. Si focalizza sull’infanzia non proprio idilliaca di Fabri Fibra. Infanzia che il rapper ha raccontato nelle sue canzoni, così come il suo complicato rapporto con la madre e con il fratello Nesli, ormai compromesso. Come si legge anche nel capitolo Fibra vs Nesli, scontro fratricida (p. 230).

Il libro narra quindi il suo deflagrante arrivo in major, le critiche che il rapper rivolge al mondo dello spettacolo alle sue ipocrisie e logiche malsane; parla poi dell’immobilismo provinciale italiano e di come oggi il rap italiano parli sia periferie, ma anche di rapper nati/e, oppure cresciuti/e in Italia da famiglie migranti e delle loro difficoltà all’interno delle nostre metropoli urbane.
Monina confronta, infatti, sottotraccia, la storia della cultura rap afroamericana e internazionale con le varie anime presenti nel rap italiano, o meglio con la storia italiana del rap. Domandandosi e domandandoci: “di quale ghetto italiano è la voce, il rap?” (p. 38).
Fabri Fibra e il politicamente scorretto
In Tutti vogliono un fenomeno. La storia di Fabri Fibra ampio spazio è dedicato poi all’analisi delle rime omofobe e sessiste delle canzoni. Monina premette di fare molti ragionamenti. Il primo è quello che fa su se stesso a proposito del razzismo, sessismo e omofobia interiorizzati:

«Sono un razzista. Un omofobo, per essere precisi. E ho studiato, scrivo, voto a sinistra. Ma sono un razzista omofobo. E sono italiano. E come me, va detto, sono razzisti e omofobi buona parte dei miei compatrioti. Allora come oggi. Forse un po’ meno, ma neanche troppo, il gender fluid docet» (p. 136).
Ammettere di aver pregiudizi o degli stereotipi è il primo passo per sradicarli e per demolirli per realizzare una società fatta di persone più aperte e tolleranti alle diverse soggettività che la popolano. Il secondo è che tutte le persone possono dare il proprio contributo, dopo aver avviato un processo di coscientizzazione: ossia di presa di coscienza onesta. Il terzo, visti anche i recenti casi di cronaca, non sono solo i testi rap misogini e sessisti ad essere problematici e reazionari; ma anche e forse soprattutto la mentalità ancora largamente misoginia, sessista, razzista e omo-lesbo-bi-trans-ofobica che caratterizza la nostra società.

Caos, non Anarchia
Se è vero che per Fabri Fibra “i soldi non finiscono mai”, le pagine ad un tratto si. Il libro si chiude con il “Caos” portato dal Covid. È proprio durante questo periodo di sospensione surreale delle nostre vite che esce l’ultimo album del rapper di Senigallia: ormai maturo, ma comunque arrabbiato soprattutto con sé.
Il racconto di Michele Monina sull’evoluzione artistica del rapper è sciolto, attento, completo e lucido. Tuttavia spesso nelle sue 298 pagine la voce narrante copre il soggetto a cui è dedicato il libro. Questo limita un po’ questa gradevole fenomenologia su un “Fenomeno”, appunto, ormai divenuto un’icona affermata, che ci piaccia o meno del rap italiano.

Infine, non mi ha convinta da un punto di vista politico, filosofico e personale l’aggettivo “anarchico” associato a Fabri Fibra: anche dopo aver ri-ascoltato quasi tutta la sua discografia. Caotico, caustico, critico, eclettico,anticonformista in parte, sì; anarchico: no, non è Militant A, o Kento!
Nel caso voleste fare lo stesso, vi lascio qui il link al profilo di Fabri Fibra su Spotify.