TRAPHOUSE è il secondo album degli Slings, uscito il 20 ottobre con i featuring di Gué, Shiva, Bello Figo, Niky Savage e Villabanks. Il disco ha ottenuto immediatamente un riscontro più che positivo, scalando le classifiche di Spotify.
Gli artisti originari di Brescia stanno spopolando tra i giovani e sono riusciti a crearsi un solido seguito che li supporta e fa sì che riescano a raggiungere numeri impressionanti. Noi abbiamo avuto il piacere di poter intervistare telefonicamente Ibra e Prince che ci hanno raccontato un po’ di retroscena succulenti su TRAPHOUSE e non solo! Prima di leggere l’intervista metti in play il nuovo disco degli Slings!
TRAPHOUSE. Un termine sempre più ricorrente. Come mai questo titolo per il vostro album d’esordio?
Ibra: Abbiamo scelto TRAPHOUSE perché questo vocabolo ha un doppio significato: anzitutto la traphouse è la casa trap in America, in cui si fanno robe da delinquenti ma in realtà abbiamo optato per questa parola stimolati dal significato che ha assunto dal lockdown in poi tra i ragazzi qui a Milano e in giro.
Nel periodo della pandemia la Traphouse è stata usata per identificare la festa in casa poiché dato che i locali erano chiusi si cominciava a dire :”facciamo una traphouse” ed essendo che i nostri brani sono molto da club e da festa, abbiamo deciso di chiamare il disco così perché sono pezzi trap e da traphouse. L’obiettivo della nostra musica è far evadere e divertire.
L’ intro Life è il mio brano preferito. Dimostrate di saper fare anche roba conscious. È stato difficile raccontare una parte così personale di voi stessi? Da dove nasce l’idea creativa di cominciare il disco in questo modo?
Prince: A primo impatto sembra sempre che a noi venga più facile fare i pezzi stile nostro – quelli un po’ da club ma in realtà raccontarci ci viene più semplice e ci sentiamo molto più a nostro agio a parlare di noi e della nostra vita.
Lo facciamo poche volte perché secondo me é una cosa estremamente importante e privata quindi non è che creiamo spesso pezzi dove parliamo della nostra vita, della nostra infanzia e di quanto è stato difficile. Siccome nell’album c’erano tutti pezzi da club, abbiamo deciso di iniziare in maniera differente per portare l’ascoltatore su un mood diverso.
Proporre come intro un banger da club sarebbe stato un po’ scontato, la gente se l’aspettava. Cominciare con qualcosa di diverso fa sì che il pubblico rimane lì attento ed ascolta quello che sta succedendo.
Ibra: Noi anche nel progetto precedente abbiamo inserito roba più conscious, poi è ovvio che chi non è un vero fan conosce solo i pezzi che hanno più stream, ovvero quelli da club ma comunque noi abbiamo sempre voluto fare un po’ tutto e andremo avanti così.
Richard Church e Reizon sono cresciuti di pari passo con la vostra ascesa. Come nasce questo connubio vincente con i due producer?
Ibra: Reizon noi l’abbiamo conosciuto tramite Villabanks, ancora ai tempi in cui avevamo fatto Beauty con lui perché la strofa Villa l’ha registrata da Reizon. Reizon era bravo come fonico e abbiamo cominciato a lavorare con lui per registrarci. Lui è un ragazzo molto timido e infatti per questo motivo abbiamo scoperto che produceva solo dopo un anno che lavoravamo insieme. Gli abbiamo chiesto di preparare qualcosa per noi e ci siamo trovati bene.
Richard invece ci ha scritto un messaggio su instagram prima del progetto Wave chiedendoci se volevamo sentire qualcosa di suo. Lo abbiamo fatto venire in studio da Reizon ed ascoltando un po’ di beat ci siamo resi conto che il suo stile era molto affine alla nostra musica, a quello che facciamo noi. Da lì abbiamo cominciato a lavorare tutti insieme perché si é creato anche un rapporto di amicizia tra tutti e quattro.
Che approccio avete con la scrittura? Scrivete i testi dopo aver ascoltato i beat oppure scegliete i tappeti musicali in base ai contenuti proposti?
Prince: Dipende dalle canzoni. Coraggio io ho incominciato a scriverlo, inizialmente non c’era neanche il beat ma ho cominciato a buttar giù delle parole, poi siamo andati in studio e a Reizon ho fatto leggere il testo da cui ha preso spunto per creare la strumentale e poi da lì siamo andati avanti con la scrittura.
Io e Ibra scriviamo insieme, ormai si legge anche dai testi che ci alterniamo, magari lui mi chiude le barre, io non ho ancora finito e arriva lui e mi interrompe. Penso che tutto ciò si percepisce nella musica dato che noi in studio usiamo un solo cellulare per scrivere e spesso scriviamo proprio insieme.
Ci sono delle canzoni che canta Ibra ma che ho scritto io così come alcune parti che ha scritto lui e canto io perché in quel momento tocca a me. Quindi noi abbiamo molte volte fatto tutto in studio, cominciando col beat e finendo col testo eccetto per i pezzi più conscious tipo Coraggio o Life che hanno richiesto una scrittura diversa perché erano testi un po’ più profondi.
A proposito di Coraggio, nell’album spesso ritorna il tema del sesso. In questo pezzo però c’è anche tanto “amore”. Qual è il vostro rapporto con le donne e il sesso in generale?
Prince: Noi anche se facciamo musica da club dove ovviamente parliamo in maniera un po’ più spinta del sesso, alla fine siamo dei latin lover. Persino i rapper più crudi che fanno musica “cattiva” vivono l’esperienza d’amore in modo più profondo quindi in Coraggio ci siamo espressi a 360 gradi senza parlare in modo più spinto e cercando di essere più romantici rispetto al solito.
Spesso nella musica si tende ad ostentare molto i propri successi, sia materiali che di vita. Cosa ne pensate? È solo immagine o ha un valore?
Ibra: Dipende, secondo me esiste un confine molto sottile tra l’ostentare un qualcosa per motivare chi ci sta provando e l’ostentare fine a se stesso utilizzato solo per farsi notare con cose che magari non si posseggono neanche solo per dare a vedere più di quel che si ha effettivamente. Il nostro obiettivo è sempre quello di motivare i ragazzi di seconda generazione perché comunque ormai sentiamo di avere una responsabilità grossa dato che siamo i primi ragazzi italiani di colore che ottengono certi risultati. Il nostro focus è quello di aprire le porte a chi arriverà dopo di noi.
Per quanto riguarda i featuring, come mai avete puntato proprio su Gué, Shiva, Bello Figo, Niky Savage e Villabanks? Parte tutto da una stima artistica o ci sono anche delle amicizie aldilà della musica?
Prince: Assolutamente entrambe, poiché ci rispettiamo artisticamente. Io Villa lo ascolto tantissimo e anche Bello Figo da quando sono piccolo quindi li abbiamo scelti in base a quello. Facciamo fatica a fare musica con uno che non ha un bel rapporto con noi perché quando tu vai in studio con una persona con cui hai un certo feeling diventa tutto più facile compreso essere sinceri.
Ad esempio puoi dire :” guarda che questa cosa non mi piace, possiamo riprovare a fare qualcos’altro.” Per quanto riguarda Niky Savage e Shiva, noi avevamo solo la strofa di Niky e volevamo chiuderla così, poi siamo andati a Milano Ovest in studio con Shiva, gli abbiamo fatto ascoltare l’album e lui è rimasto molto gasato da Freaky tanto è vero che ha scritto subito la sua strofa quindi abbiamo anche avuto fortuna perché Niky Savage e Shiva non si erano mai sentiti perciò è stata anche buona sorte averli entrambi sulla traccia dato che non avevano mai collaborato. Tutto ciò ha creato grande curiosità tra i fan
E difatti anche il riscontro numerico è stato molto positivo poiché con Freaky siete arrivati al 20 posto della top50Spotify. Oltre 50 cent avete altri riferimenti musicali sia italiani che esteri?
Prince: Italiani assolutamente. Gué, Marra, Noyz Narcos, Jack The Smoker. Personalmente mi sono legato alla musica rap italiana da quando ho cominciato ad andare alle medie, invece Ibra ha sempre ascoltato musica più americana.
Io ho fatto un periodo delle medie ad ascoltare solo musica italiana perché avevo un compagno di classe che mi diceva : “no ma tu non puoi ascoltare sempre l’americano, siamo neri va bene ma devi anche capire un po’ la musica italiana” e quindi mi ha messo in quel viaggio lì, in quell’ottica lì e sono cresciuto con quelli – con Noyz che mi piace tantissimo, Jack The Smoker, guardavo le battle Freestyle come il 2the beat.
In un’epoca come quella odierna, quanto conta per voi non confondere le persone con i personaggi Ibra e Prince?
Ibra: Secondo me conta tanto perché come penso sia abbastanza evidente noi siamo un po’ diversi dalla maggior parte degli altri rapper. Ci comportiamo in modo piuttosto naturale, non seguiamo proprio un personaggio, ci comportiamo come siamo fatti noi perché pensiamo che sia giusto così – farci conoscere per quello che siamo e per le nostre capacità di fare musica.
Quali sono i pro e i contro della fama?
Ibra: I pro ovviamente che prima andavamo in giro con le scarpe bucate, ora magari la cosa è un po’ diversa, poi soprattutto poter aiutare i nostri familiari e le persone a cui teniamo, anche poter dare lavoro ad alcuni nostri amici è molto importante.
Contro per ora non ne troviamo tanti perché comunque non siamo persone che sono sempre in giro, ci muoviamo quasi solo per lavorare, per fare musica e quindi seccature in giro non ne abbiamo così tante perché alla fine quando ci chiedono le foto per ora non è un fastidio poi magari diventeremo Sfera Ebbasta e lo sarà. Per ora è perfetto così.
TRAPHOUSE così come il vostro primo album Wave Deluxe ha fatto tantissimo rumore soprattutto fra i più giovani. Pensate di poter rappresentare una grossa novità per l’industria musicale in generale?
Ibra: Crediamo che il nostro prodotto, in Italia, al momento non esiste ed è una cosa che sappiamo fare solo noi quindi quello già è un vantaggio. Sui giovani è chiaro che se si ha una certa età, ci vuole un po’ di elasticità mentale per capire la nostra musica.
L’obiettivo nostro è quello di far divertire e di far esaltare però comunque i giovani di oggi sono gli adulti di domani quindi penso che probabilmente quando quelli che oggi hanno 20 anni ne avranno 30, si avrà una percezione diversa della nostra musica.
Slings, che rapporto avete con Brescia, come vi siete trovati a crescere lì e quanto può dare a livello musicale oltre al vostro fenomeno? C’è qualche emergente di Brescia e provincia interessante?
Prince: Noi abbiamo sempre cercato di spingere i giovani di Brescia e ce n’è uno che a noi fa impazzire particolarmente tanto con cui abbiamo anche collaborato ed è Heartman. Secondo me è veramente un talento.
Siamo cresciuti in un paesino di provincia, ci siamo spostati dopo verso Brescia e la realtà bresciana è che ci sono tanti ragazzi di terza generazione con cui abbiamo sempre avuto un bel rapporto. Mi ricordo che ci trovavamo in Frecciarossa che è un centro commerciale, magari i sabati e per noi era una cosa importantissima fare freestyle.
Brescia per quanto riguarda il discorso musicale è stato sempre un paese importante, che ci ha aiutato. Ci sono tantissimi talenti adesso ma la persona di cui noi abbiamo maggior stima è Heartman.
Ultima domanda sui live: qual è il vostro obiettivo da questo punto di vista? Cosa state pensando di portare sul palco?
Ibra: Chi ha avuto l’opportunità di venire ai nostri dj set si sarà accorto che noi proponiamo uno spettacolo molto vario, nel quale inseriamo anche una sfida di ballo e parliamo tanto col pubblico.
Il nostro obiettivo è andare avanti sempre e comunque su questa linea e specie dopo aver visto 50 cent siamo motivati a migliorare sempre di più sotto questo aspetto. Non diamo per scontata nessuna data proprio per far tornare i fan a casa contenti e farli divertire.