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Intervista

Litothekid torna con Kill The Beat. L’intervista

litothekid

Si è conclusa da poco la seconda stagione di KIll The Beat, il format pensato e realizzato da Litothekid. Noi abbiamo avuto modo di incontrarlo nello studio in cui è stato realizzato il tutto, ovvero il Substrato Studio. Ma facciamo un passo indietro per capire cosa sia realmente Kill The Beat.

Kill The Beat è un forma in cui diversi rapper torinesi si esibiscono sopra le sue strumentali di Litothekid, il quale oltre che essere presente dietro tutte le produzioni della prima e della seconda stagione, ha anche dato sfogo alle sue doti da MC nell’ultimo episodio della season 2.

Il format proposto è una realtà innovativa, soprattutto se pensiamo che a Torino non esisteva nulla di tutto ciò. Litothekid, alias di Paolito, ha portato nuovamente sul beat capisaldi della sena underground torinese che ci hanno dato dimostrazioni di alto livello, fronteggiate da giovani promesse che non sono state da meno.

In termini qualitativi, Kill The Beat è stato un vero successo ma le sorprese in casa Substrato non sono finite, infatti è da poco stato annunciato il live ufficiale della seconda stagione che si terrà il 2 dicembre al Capodoglio di Torino. Si esibiranno tutti i rapper presenti nella seconda stagione più alcuni special guest, l’ingresso sarà gratuito e per finire ci sarà un DJ SET curato da Litothekid e Frank Sativa.

Insomma Kill The Beat è solo la punta dell’iceberg che sta dietro il progetto di Litothekid, ma per saperne di più, passiamo all’intervista!

Prima della nascita di Kill the Beat nel 2021 non esisteva un format che riunisse diversi rapper della cultura hip hop torinese. Da cosa è nata l’idea?

L’idea nasce soprattutto dall’esigenza personale di mettersi in gioco come beatmaker, ma anche per riallacciare i rapporti che avevo con la scena torinese prima della mia esperienza all’estero. Portare un format come Kill The Beat parte dalla necessità di dare voce ad una città ricca di talenti come Torino, ponendo come punto nevralgico il Substrato Studio sfruttando mie varie conoscenze nell’ambiente. 

Ascoltando i vari episodi di Kill The Beat si nota come dietro la scelta di ogni ospite, ci sia stata della meritocrazia oltre che della stima personale. Come è avvenuta la scelta? Conoscevi già qualcuno prima che entrasse in substrato studio a registrare?

Il primo criterio che ho utilizzato nella scelta degli artisti è stata l’originalità, che poi è ciò che ricerco sempre in un artista, nel suo flow o nella sua attitudine. In secondo luogo, ho cercato di coinvolgere dei rapper attualmente attivi nella scena, puntando sempre ad unire realtà differenti ed artisti di diverse crew.

Conoscevo già alcuni artisti, perché spesso ci si incontra nelle serate e si scambia qualche parola, anche se prima del Kill The Beat non avevamo mai avuto modo di incontrarci in studio ed avere un confronto, che poi è quello che preferisco.

Questo tipo di approccio mi ha anche portato a conoscere nuovi artisti che oggi sono presenti in Kill The Beat, che mi hanno piacevolmente sorpreso.

A proposito di questo, trovo interessante capire, una volta scelto l’ospite, come possa avvenire la scelta e la composizione del tipo di beat da proporre. Hai pensato per ogni rapper un beat cucito su misura? Oppure ognuno di loro ha scelto un beat tra quelli che gli hai proposto?

Il focus di Kill The Beat è un quello di tornare alle origini, mettendo da parte tutti i pensieri che riguardano la promozione dei brani per riportare la visione ludica delle barre, infatti, quasi tutti i beat di questa season sono stati realizzati con uno stampo “classico”.

Sono tornato a campionare alcuni sample, perché il mio obbiettivo principale era quello di lavorare nella maniera più naturale possibile e questo ha permesso agli artisti di scegliere delle tipologie di beat che magari non avrebbero scelto per un loro progetto personale.

Anche se i beat erano già pronti, quando gli artisti sono venuti in studio hanno avuto modo di scegliere la stoffa su cui lavorare ed io di di prendere le misure, per poi cucire il tutto su misura attraverso il mix e gli arrangiamenti.

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Litothekid

Sempre parlando di ospiti, ho trovato interessante il contrasto generazionale che si è creato. Rapper della nuova generazione hanno avuto modo di confrontarsi con capisaldi della vecchia scuola, il tutto all’interno di un unico format. Come pensi sia stato recepito tutto ciò dal pubblico? E dagli stessi rapper?

Essendo un appassionato del genere, non posso negare di avere sempre l’orecchio vigile sula nuova scena, cercando di captare sempre nuovi talenti. Per questo, il risultato è stato un format transgenerazionale dove ho coinvolto sia i veterani sia i nuovi arrivati, creando un senso di continuità del genere dove passato e futuro sono strettamente collegati.

Penso che il pubblico in generale abbia scoperto nuovi rapper, per esempio il pubblico di Duke ha scoperto il rap di Dafa e viceversa, ma allo stesso modo gli artisti hanno avuto la possibilità di avere un confronto.

Oltre che essere presente dietro tutte le produzioni, nell’ultimo episodio della seconda stagione, ti sei messo nuovamente in gioco e sei tornato davanti al mic. Nonostante tu non abbia mai definitivamente smesso, ma ti sia invece reinventato con l’alias Litothekid, come è stato tornare a rappare dopo un po’ di tempo?

Per me è stato piacevole e quasi necessario. Alla fine della seconda stagione non potevo non performare al microfono, perché è vero che ho l’alias Lito The Kid ma io nasco come mc e non avendo mai lasciato definitivamente volevo dimostrare di esserci ancora. La mia volontà sarebbe stata quella di tornare con un progetto molto più concreto, ma siccome c’è stata quest’opportunità non ho voluto lasciarmela scappare.

Kill the Beat è un format completamente made in Torino. Lo conferma il fatto che, le grafiche che presentavano ogni ospite, sono state curate interamente da un pittore torinese: Max Petrone. Come si è svolta la collaborazione con lui? Svelaci qualche retroscena.

Max Petrone è un fratello ancora prima di essere un grande artista. Torinese e conosciuto a livello internazionale, Max ha realizzato vari dipinti per le strade oppure all’interno dei locali di Torino. É un artista con cui collaboro da un po’ di tempo e con cui voglio continuare a collaborare, tra di noi c’è una bell’intesa e mi capisce, spesso infatti si presta a fare delle cose che normalmente non farebbe.

Il suo stile molto eccentrico e ricco di colori si discosta un po’ dal mio approccio visivo, ma comunque si trova un bel compromesso quando lavoriamo insieme, per questo per la seconda stagione abbiamo deciso di creare delle copertine stilizzate a mano, una per ogni artista.

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Partendo da sinistra, Litothekid e Max petrone

La seconda stagione di Kill the Beat è stata ricca di ospiti e sicuramente molto impegnativa, ma cosa dobbiamo aspettarci dal futuro?

Sabato 2 dicembre ci sarà un evento celebrativo della stagione, al Capodoglio dei Murazzi a Torino. Sarà una serata con ingresso libero, dove tutti gli artisti del Kill The Beat avranno modo di esibirsi con i brani della seconda stagione con l’aggiunta di qualche singolo.

Ci sarà anche qualche special guest della prima stagione, oltre che un ampio DJ set di Frank Sativa e Litothekid. Quindi dopo una pioggia di barre iniziale, la serata sarà all’insegna del divertimento.

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