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Intervista

Djomi racconta 4 Sberle, contro la violenza sulle donne

Djomi

Djomi è un giovane artista cervese che parla d’amore attraverso quelle dinamiche quotidiane che viviamo tutti. Il suo punto forte è la proprietà di linguaggio, infatti ogni brano riporta barre molto ricercate con molteplici significati.

Il giovane artista vanta ben tre progetti all’attivo, (FINALMENTE, Djomi Unchained, Vol.1, Il difetto dei pregi) e se si parla di brani di spessore infatti, Djomi non può che essere citato. Alla fine dello scorso anno è stato il primo rapper ad aver vinto il premio Castrocaro 2023 ed è stato uno dei quattro finalisti del premio Lunezia 2023.

Oggi, abbiamo deciso di intervistarlo in merito al brano 4 Sberle, che l’artista ha deciso di scrivere in occasione della giornata contro la violenza sulle donne. Uscito a febbraio 2023, ha una narrativa travolgente e racconta una storia in un modo davvero inaspettato.

Ascolta ora 4 sberle di Djomi!

Parto in maniera classica! Come mai il nome Djomi?

Ho scelto il nome “Djomi” da una conversazione con mia nonna. Chiamandomi “Domi” ha sbiascicato un po’ il mio nome e ora eccoci qua.

Come ti sei avvicinato alla musica?

La data dell’inizio della mia carriera la farei risalire al 2018, anno in cui scrissi i primi testi, ma alla musica mi sono avvicinato da piccolino suonando il pianoforte alle elementari.

Ad inizio gennaio è uscito Dead Poets 4 di DJ Fastcut, all’interno del quale sei presente nel brano Bloody Mary, in collaborazione con Nyvek. Come è nata questa collaborazione?

Valerio (n.d.r. Valerio è il nome di Dj Fastcut) aveva creato un gruppo su WhatsApp assieme a me e Nyvek spiegandoci che c’era la possibilità di lavorare a un brano e aveva deciso di premiare noi due essendo stati quelli più rapidi nel mandargli le nostre parti per altre canzoni. Inizialmente avevo provato a buttare giù un’idea con la strofa e ritornello io, poi ho sentito quello che aveva mandato quell’altro pazzo e visto come è venuto fuori il brano sono molto felice di aver avuto il piacere di condividere la base con lui e – di conseguenza – il palco.

Djomi
Djomi

Ascoltando il tuo ultimo album FINALMENTE, la percezione che trasmetti è quella di un artista che si avvicina molto alle sonorità più Indie ma le tue origini sono molto vicine all’Hip Hop. Lasciando da parte le etichette che troppo spesso vengono attribuite agli artisti, sotto quale genere riesci ad esprimere meglio la tua arte?

Personalmente non è una questione in realtà di genere, quanto di “vibrazioni”. Due basi nello stesso stile con la stessa ritmica ma magari suoni diversi possono essere una meravigliosa e piena di spunti e che l’altra non mi dica niente. Semplicemente per dire che non c’è tanto una questione legata al suono in sé o allo stile del brano quanto a ciò che la produzione ti trasmette 

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In riferimento al tuo album FINALMENTE, c’è stato un brano che mi ha piacevolmente stupito per una metafora in particolare. “Ogni volta che tu mi scrivi, il mio Wi-Fi di colpo muore, chiama un dottore”, sapresti spiegarcela meglio?

Qui cerco di riprendere giocosamente il fatto che “l’estate chiama”. Io non appena chiama non rispondo con la scusa che il mio Wi-Fi è morto. Per questo dico che serve chiamare un dottore.

Djomi
Copertina del singolo 4 Sberle

Passiamo alla ragione per cui siamo qui: 4 Sberle, nato in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Come è nato il brano?

In occasione della giornata contro la violenza sulle donne è stata organizzata in teatro a Cervia una serata a cui sono stato invitato. Vista l’importanza del tema e – da Cervese – della situazione, non volevo cantare un mio brano così tanto per farlo e allo stesso tempo non volevo neanche cantare una canzone fatta da altri. Ho scelto di scrivere qualcosa di nuovo dedicato all’evento. Nel momento in cui mi sono chiesto quale fosse il modo giusto per approcciarmi al tema ho ragionato sull’espressione “ogni corda ha due estremità” e ho lavorato la tematica dal punto di vista dell’aggressore, più che della vittima.

La narrativa del brano si chiude così: “È triste questa narrazione, nota già a certe persone, senza che i due personaggi non abbiano un nome”. Che tipo di riscontro hai avuto dagli ascoltatori?

Alcuni – devo dire purtroppo – sì, poi essendo anche cose personali uno non vuole chiedere per curiosare nella vita di altri quindi ti limiti a ringraziare e a sperare che si parli di uno scenario il più lontano possibile. Altri magari non si sono rivisti nella narrazione o non avevano in mente una storia in particolare ma hanno apprezzato e compreso ciò che dicevo, e questo per me è fondamentale. 

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Il fatto che i due personaggi rimangano anonimi ci permette di poter immedesimarci nel racconto e forse proprio per questo la musica è uno dei mezzi più efficaci per sensibilizzare i più giovani sul tema. Quali sono però, secondo il tuo punto di vista, i mezzi più efficaci per trattare di temi così delicati, arrivando comunque ai giovani?

Se devo essere sincero, non sono la persona giusta per parlare in queste dimensioni di determinate cose. Io stesso nella lavorazione del brano ho avuto problemi, perché sono stato fortunato: non ho mai veramente conosciuto da vicino una realtà del genere, così come non ho mai ricevuto una “lezione” su come fosse sbagliata la violenza sulle donne: lo sapevo, l’ho sempre saputo, a casa sono cresciuto con questi princìpi sin da quando ero bambino.

Cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro?

La risposta potrà suonare banale ma è veramente la più onesta che vi possa dare, ed è: di tutto. Mi tengo sempre impegnato e con lo sguardo rivolto ai prossimi passi più che ai traguardi conquistati.

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