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Intervista

Numi, l’intervista su Fast Cheap Good (you can only have 2)

Numi

Numi, rapper romano, approccia presto al rap, producendo i suoi primi mixtape e partecipando a contest e battle di freestyle già dal 2012. Milita sui palchi di Roma cementificando i rapporti con la scena locale e collaborando con alcuni dei maggiori esponenti che ne fanno parte.

Il nome di Numi spicca nella scena underground a partire dalla pubblicazione del suo primo album in studio: Ostracismo , prodotto interamente da Dephabeat. Il 2017 è l’anno di Falene. Nell’ottobre 2017, Numi pubblica un EP: Rehab. Il 2022 è invece l’anno di AUT | AUT, album in cui affronta il tema della doppia vita/duplice identità, in contrapposizione al tema della scelta.

Ed è proprio sulla linea del tema della scelta che prende forma l’ ultimo progetto di Numi: Fast Cheap Good (you can only have 2) pubblicato il 12 aprile 2024.

Il titolo riprende un motto americano: non è possibile ottimizzare tutti e tre gli elementi – tempo, costi, qualità – di fronte alle scelte di tutti i giorni. Noi abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Numi e scoprire retroscena intriganti sul progetto.

Ascolta Fast Cheap Good (you can only have 2) di Numi

Ciao Numi e benvenuto su La Casa Del Rap! Cominciamo dal titolo: tempo, costi, qualità. Quali sono i due elementi che hanno guidato la creazione di questo album? E secondo te, esiste un segreto per stabilire un equilibrio tra questi?

Proprio per il titolo che porta, Fast Cheap Good (you can only have 2) si è servito di tutti e tre gli elementi durante la fase di realizzazione. Inizierei dalla qualità, quello che per me (specialmente in ambito creativo) è l’elemento più importante: all’inizio avevo dei testi forti scritti senza pretese, non avevo messo in conto neanche di pubblicarli, volevo solamente sfogarmi, divertirmi e mantenermi in attività. 

In generale, anche quando non pubblico, scandisco i periodi della mia vita con brani in cui riverso i miei stati d’animo e le mie esperienze. Quando ho iniziato a riascoltare quello che avevo prodotto senza stufarmi, a farlo riascoltare ad amici che mi dicevano “questa è una bomba, perché non la pubblichi?”, ad individuare una visione d’insieme, un fil rouge che legava tutti i pezzi, ho pensato che quello che stavo portando avanti fosse Good.

Continuavo a collezionare produzioni su misura per il mio rap, barre potenti, con la spontaneità di chi non ha pressioni o aspettative, la voglia di esprimermi senza edulcorare o filtrare, mantenendo sempre uno spirito di agonismo. Così ho ritrovato la voglia di confrontarmi con il mondo esterno e ho iniziato a raffinare il tutto, per portarlo alla massima qualità. 

Da lì a poco sono passato a scontrarmi con il fattore tempo, che non è mai abbastanza per quello che uno ha in mente di realizzare: attese per i featuring, strumentali, sample, modifiche, mix/master. Sono passato da un’idea, da un progetto personale, fino a lavorare con altre persone. Quando i tuoi tempi si scontrano con quelli delle vite di altri, andare fast diventa sempre più difficile oltre che necessario, per chiudere il progetto senza rimandare o rischiare di perdere l’entusiasmo

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Alla fine, si passa ai costi: mix/master, grafiche, video, sponsor. Bisogna chiudere il progetto e arrivano gli scontrini. Sicuramente più cheap dell’investimento di una major, ma alla fine mi accontento di arrivare, con quello che posso, a fare del mio meglio. Chi fa musica da indipendente mi potrà capire. L’equilibrio tra questi tre elementi secondo me esiste, ma è raro, speciale.

La frase “Fast Cheap Good” durante la lavorazione del disco è diventata un mantra, un intercalare che utilizziamo anche tra amici. Ad esempio quando andiamo a mangiare in un posto in cui il servizio è veloce, il cibo è buono e il conto è basso e ci offrono gli amari: “’sto ristorante è FCG”. In generale sono un estimatore di quelle rare cose che sono allo stesso tempo veloci, economiche e buone.

Questo disco segna il tuo ritorno sulla scena a due anni da distanza dal tuo ultimo progetto. Quante cose sono cambiate per te e la tua musica in questi anni? E cosa, invece, è rimasto uguale?

È rimasta uguale la mia cifra stilistica, è cambiata la mia esigenza comunicativa. Me ne frego di più. Ho sentito spesso la frase: “Quando arrivi ad una certa età, te ne freghi totalmente di cosa pensano gli altri di te”.

È un po’ quello che mi sta succedendo adesso. Una specie di crisi di mezza età anticipata. Prima avevo più paranoie da rapper, ora mi sento più libero. Prima davo retta a più a voci che potevano affossarmi o potevano dire “sei matto a dire quella cosa?” un po’ come dico anche nel brano Numile.

Ora sono più estremo, dico quello che voglio come voglio, senza stare a farmi troppi problemi. Dal punto di vista musicale, in questo disco ci sono più basi mie, ho veramente cavalcato dei beat che mi sono cucito su misura.

Numi
Numi – Fast Cheap Good (you can only have 2) cover

Nel tuo nuovo album, lo street life è preminente. Certi ambienti sono come immensi tavoli da poker: che tipo di giocatore sei stato in quei contesti?

Tight-aggressive. Ho rischiato di brutto ma partendo sempre da buone carte, sempre facendo le cose con la testa. Il termine più adatto è “attento”. Sono stato molto attento. Ho giocato con il fuoco e sono stato anche molto fortunato, al contrario di tanti amici miei e ragazzi che invece non possono dire lo stesso.

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In generale ho preso sempre precauzioni e ho sempre tenuto un piede nell’upperworld. Quando un ragazzo di una certa età si ritrova con un bagaglio di esperienze e di soldi tale, la cosa più immediata è avere una specie di delirio alla Tony Montana e sputtanarsi o autodenunciarsi. Ecco, io sono stato sempre molto “attento”.

Nel primo brano, tratti l’interessante tema dell’umiltà. Quando secondo te sfocia nel patetismo o nell’ipocrisia? 

Ahimé spesso è così. Ed è anche quello che molti vogliono ascoltare o vedere. Perché accettare i successi o i traguardi altrui, spesso vuol dire guardarsi allo specchio e capire di non essere all’altezza.

In molti preferiscono personaggi edulcorati, sfigati o “soft” perché è più facile andare incontro a uno che ci sembra meno di noi, piuttosto che spingere qualcuno in gamba, che ce l’ha fatta o che è bravo ma risulta arrogante.

Prima nel rap andava molto la parabola dello sfigato, quasi a fare pena o impietosire, per conquistare il ben volere delle persone con una storia strappa lacrime. I vincenti danno fastidio, osare e dire le cose come stanno attira l’invidia delle persone.

Per chi si sente inferiore è più facile lanciarti dei sassi per farti cadere, portandoti al basso livello in cui si trova, piuttosto che mettersi gambe in spalla e provare a raggiungerti al piano superiore. Ma mi pare di capire che è un po’ quello che succede in Italia quando si ha successo, in tutti i campi.

Numi
Numi

La mentalità occidentale è l’apoteosi della velocità e il mercato musicale odierno ne è un ritratto fedele. Come uscire da questa impasse sovraccarica di numeri e spesso poca qualità?

Secondo me ce ne stiamo accorgendo. Sarà una mia percezione ma ci stiamo pian piano sempre più accorgendo, anche le nuove generazioni, che alti numeri non sono necessariamente sinonimo di qualità.

È innegabile che al giorno d’oggi i numeri influenzino i gusti. Una canzone con un milione di ascolti verrà sempre considerata diversamente rispetto a una con 10 mila. Le persone sono insicure e hanno bisogno di conferme.

I numeri spesso danno quelle conferme, ma il problema è che non sempre i numeri sono veri e non sempre i paragoni sono calzanti. Un rapper in carriera farà sempre un milione di play minimi a brano, vorrebbe dire che fa sempre delle hit? Si dà per scontato che una volta arrivati si spacca sempre anche quando si fanno delle cagate, per me ce ne stiamo accorgendo pian piano tutti.

Non per fare l’integralista o il vecchio cagacazzi, ma quando ero pischello non era così: il rap che andava di più, spaccava. Io non guardavo le views che avevano i Club Dogo o il Truce Klan, li ascoltavo perché spaccavano e basta. Un altro importante tassello sono i live. In generale, il ritorno alla socialità che molti cercano, prima o poi creerà un mercato diverso e parallelo a quello dei freddi numeri da social. Lo spero.

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In Lungomare Bouganville citi Kokoschka che si dedicò ad uno stile di pittura molto psicologico. La cit è solo un riferimento alla sua firma o questo artista ti ha ispirato anche in altro modo?

Bellissima domanda, grazie. Ho visto le opere di Kokoschka dal vivo a Vienna e mi ha fleshato completamente. Insieme a Klimt e Schiele mi ha colpito il loro essere ribelli e contro la tradizione accademica.

Kokoschka porta il suo mondo interno, sentimenti soggettivi e forti emozioni, una pittura sciolta e immediata, senza filtri, come a me piace fare rap. Come è scritto sopra il palazzo della secessione viennese: “A ogni tempo la sua arte a ogni arte la sua libertà”, sono pienamente d’accordo con il significato di questa frase. Non appena tornato dal viaggio ho scritto la barra su Kokoschka.

Numi
Numi

Numi, come hai selezionato le strumentali ideali per il progetto e a chi sono state affidate le produzioni?

Ho due produzioni di Otalay con cui ho fatto delle sessioni in studio a Milano insieme a Yamba e Valos. Una produzione di Dephabeat, producer e amico di vecchia data, con cui lavorai ai primi album.

Un’altra di Pablo Limo, giovane talento e musicista a 360 gradi. Il resto delle produzioni sono tutte mie. Quando stacco da lavoro mi metto a scegliere i sample, mi stappo una birra e inizio a svagarmi producendo.

Ho seguito il mio gusto musicale, a volte cupo, scuro, graffiante. Sono contento che il sound risulti coerente con i testi, è tutto al posto suo. Non escludo che vorrò fare un disco da produttore, mai dire mai.

Il metodo di scrittura dell’album ha seguito un focus preciso o ti sei lasciato andare ad un flusso creativo spontaneo?

Molto spontaneo, coerente con il viaggio “Fast Cheap Good”, ma non mi sono mai forzato di restare sul tema, è venuto naturale. Come vi ho raccontato, mi sono divertito molto ed è un disco che se ascolto ancora adesso non mi stufa, nonostante le ore di sessione e di riascolto mix/master di ogni brano.

Numi – Numile (Official Video)

L’album ruota attorno al concept delle scelte da compiere e la skit conclusiva ne pare l’ultima conferma. In alcuni casi, credi sia possibile non scegliere affatto e lasciarsi guidare dall’evoluzione degli eventi?

Come direbbe Kierkegaard, anche la ‘non scelta’ è una scelta di per sé. In molte situazioni l’ho sperimentato sulla mia pelle, le conseguenze possono manifestarsi dopo anni.

La citazione di Matrix è per dire che alla fine conta cercare di capire chi sei, una volta che si ha consapevolezza, le nostre scelte saranno solo una conseguenza. Vi lascio con questa frase mistica e vi ringrazio per lo spazio dedicato. A presto!

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