In queste settimane la nostra attenzione è occupata dalle Olimpiadi di Parigi non sempre per motivi agonistici che rendono onore all’Italia. Non so voi, a me vien da piangere: No. Non fare lacrimucce. No. Non fare lacrimucce. Non piangere mon Amour, come dice Ghali. Simpaticherie a parte, vorrei parlarvi dell’ultimo libro che ho letto negli ultimi mesi. Testi espliciti. Nuovi stili di censura. Volume I, a cura di Paola Zukar e Claudio Cabona, edito da Mondadori.
Testi espliciti: la censura e le sue forme
Il titolo del libro riprende l’iconico bollino Explicit Lyrics introdotto nel 1990. Indica dischi, contenuti video, o canzoni, come sappiamo, considerate violente, pericolose, scabrose, o dure per un pubblico non adulto. È un ammonimento circa quello che si ascolterà e/o che si vedrà.
Testi espliciti è un magazine che si propone di approfondire e di fotografare un tema specifico: le nuove forme di censura. Esistono nel nostro Bel Paese? Che cosa sono essere? In che modo si manifestano? Chi censura chi?
Il libro più che un’indagine sociologica su meccanismi sociali, politici ed economici, vuole aprire un dibattito sull’ argomento: farci ragionare. A questa riflessione si aggiungono temi collaterali come: la libertà di espressione, le forme di autocensura, la propaganda, l’imbarbarimento dell’informazione; ma anche le narrazioni fatte su di un certo contesto sociale, o su di una data situazione storico-culturale, o su più dinamiche socio-economiche. In Testi espliciti si parla anche in modo non banale del rapporto tra le giovani generazioni e la povertà educativa, la marginalità sociale e il carcere; poi il rapporto tra social e le fake news, il vero tout court, il racconto delle guerre con nuovi media, e molto altro…
La censura da varie angolazioni
Questi grandi, importanti e complessi topic sono affrontati attraverso una serie d’interviste rivolte, da Paola Zukar e Claudio Cabona, a persone autorevoli nei vari campi. Sono scorrevoli, approfondite e interessanti. Si sviluppano per alcune pagine e si ampliano ulteriormente con box di approfondimento: non male.
Testi espliciti si arricchiscono poi con stilosissime illustrazioni dell’illustratrice ed educatrice Olivia Twist che ricordano quelle delle fanzine e molti ritratti fotografici…
Le persone intervistate sono rapper: Fabri Fibra, Guè, Massimo Pericolo, Marracash; Madame; il fumettista Zerocalcare, lo street artist Jorit, l’afroamicano graphic artist membro del Black Panther Party Emory Douglas, l’inviata di guerra Milena Gabanelli, la giornalista Cecilia Sala, l’ex magistrato Gherardo Colombo, i trapper Bello Figo e Baby Gang, il cappellano del carcere minorile Beccaria Don Claudio Burgio, il comico Filippo Giardina, l’imprenditore punk Riko De Ville, l’innovativo youtuber e twitcher Andrea Hakimi e Gian Gaetano Bellavia esperto di diritto penale dell’economia.
Insomma persone molto differenti tra loro, con idee e attitudini molto varie. Tutte raccontano una parte di mondo, di realtà e di verità. Come potrete immaginare ne deriva un dibattito corale, plurale, complesso, contraddittorio, un pò mutevole a seconda di chi parla e a volte un po’ fastidioso. Per dirla con una sola parola: interessante esattamente come i nostri tempi.
Silenzi espliciti
Mentre leggevo le prime interviste che parlavano di censura, di autocensura e di libertà di espressione ragionavo sulla vicenda del rapper iraniano Toomaj Salehi. Censurato, incarcerato dal regime di Teheran, ha rischiato la pena morte e di come la scena rap italiana si sia attivata in modo tiepido e non collettivo. Belle eccezioni sono stati Murubutu e Kento, ad esempio.
Questo silenzio, oltre ad essere estremamente deludente, mi ha fatta capire ancora di più, che in generale a livello intellettuale e artistico in Italia ci si attiva solo se le questioni ci riguardano, se ci solo se ci toccano da vicino. Dov’è l’empatia? Dov’è la solidarità? Se la complicità è difficile, perchè non aprirsi alla compassione? Dove sono i valori dell’Unità, dell’Amore e della Pace alla base della controcultura Hip Hop? Il cambiamento dello status quo? La mia vuole essere una suggestione, non puntare il tipo.
Le persone rimangono mute per paura di perdere popolarità, consenso, follower e quindi soldi e ingaggi. Sotto questo punto di vista l’intervista a Zerocalcare è molto lucida e puntuale: come i suoi disegni d’altronde. È una delle interviste che mi è piaciuta di più. Soprattutto quando tocca il concetto di “censura orizzontale”, oppure “censura dal basso”.
“Dittature” e minoranze
A proposito, un altro aspetto che non mi ha entusiasmata e mi ha lasciata parecchio contraddetta. È stato leggere di “dittatura del politicamente corretto”. Espressione è coniata dall’estrema destra. Viene usata quando si parla di minoranze marginalizzate e oppresse per secoli, che adesso richiedono dal basso e a gran voce il riconoscimento di diritti umani, tra cui il diritto all’esistenza e al rispetto. Questo vale, secondo un approccio intersezionale, per donne, persone nere, o razzializzate, LGBTQIA+, persone disabili, persone dal corpo non conforme ai canoni bianchi-occidentali, persone non appartenenti al cristianesimo, variamente denominato.
Il diritto alla libertà di opinione e di espressione non va confuso con il diffondere: disinformazione, ostilità, odio, legittimazione e incitamento alla violenza. Questo non solo con l’arte. Lo abbiamo visto anche alle Olimpiadi di Parigi con l‘odio e il bullismo internazionale subito dalla pugile olimpica algerina Imane Kheif.
Libertà ed educazione
Ho apprezzato molto invece le riflessioni di Marracash sulla violenza di genere che esprimono una genuina volontà di cambiare nel tempo mettendo al centro l’educazione e quindi la cura, senza sconti:
“ “Educate i vostri figli…”. Ma chi li deve educare i vostri figli? Solo i padri devono educare i propri figli, in un rapporto uno a uno? Io credo che l’educazione invece passi attraverso tutti e soprattutto anche attraverso la cultura, quindi se noi non mettiamo in discussione anche la nostra cultura, dove è radicata questa cosa, saremo destinati al fallimento e i femminicidi continueranno. Però facciamo molta fatica perché il cambiamento è scomodo, vero?”.
Conflitti sociali, censura e carceri
Strano ma vero, anche l’intervista da Baby Gang mi ha colpita positivamente. Fatta poco prima che venisse condannato a cinque anni e due mesi. Diretto e crudo intravede una possibilità di redenzione nella musica. Nelle sue canzoni evoca la marginalità sociale, l’etichettamento sociale, lo stigma, l’esclusione, di razzismo, la povertà materiale e delle poche opportunità in cui spesso si trovano a vivere le giovani generazioni nate o cresciute in Italia da famiglie migranti.
È vero usa espressioni sessiste. Eppure dà voce a situazioni e sentimenti di vita quotidiana in cui tante persone si riconoscono. Come la rabbia il rancore. Le illusioni per una vita migliore, si mescolano con la violenza e la microcriminalità di certi contesti sociali urbani e provinciali. Durante l’intervista dice:
“Sono cresciuto dove Dio non manda angeli per spiegarti chi diventerai, ma io so che aveva un disegno per me. E non era certo quello di fare il ladro. L’ho capito con il tempo, provando e riprovando”.
Le canzoni di Baby Gang parlano di conflitto silenziato, censurato? ma che ribolle. Mostrano elefanti nella stanza che il nostro Paese fatica, o preferisce non vedere e nemmeno guardare. Come le condizioni delle nostre carceri, raccontate anche da Don Claudio Burgio, per il Beccaria. Rieducano veramente? Non sono solo problemi sociali, ma politici forti e di difficile risoluzione. Anche quest’intervista mi ha fatta meditare non poco. Leggetela.
Non lo so se come Madame sarò fraintesa. Sicuramente il quadro che emerge dalla lettura di questo primo volume Testi espliciti sulla censura e sui suoi nuovi stili è un quadro ambiguo. Perché ambigua e ambivalente è la nostra società. Per questo tende ad irrigidirsi. Lo sconfinamento e l’opacità spaventano, molto spesso.
Buon estate, sconfinate!
P.s. Aspetto il Volume II.