Dinastia dei Co’Sang è uno dei dischi più attesi e, forse, uno dei dischi che molti pensavano non potesse arrivare mai.
Dopo il singolo di lancio a fine luglio, O primm post, e l’annuncio delle due serate previste in Piazza del Plebiscito il 17 e il 18 settembre sold out in pochissime ore, da qualche giorno è disponibile su tutti gli store digitali Dinastia, terzo disco dello storico duo napoletano.
Dinastia, che arriva dopo quasi dodici anni dallo scioglimento del gruppo, è un album composto da dodici brani pubblicato da Warner Music in lingua Napoletana. Fra gli ospiti del progetto troviamo solo quattro nomi, fra cui Geolier, Liberato, i Club Dogo e Marracash. Un peccato se si pensa a quanti altri artisti avrebbero potuto essere scelti per rappresentare un disco che ha “dinastia” come parola chiave.
Ascolta Dinastia dei Co’Sang su Spotify!
Testi
Dinastia parte con Napoli. C’è il golfo, il Vesuvio, le Vele. Ci sono i sapori, gli odori, i rumori, i dolori e le gioie che una città variopinta come Napoli ha nelle sue vie, nelle case e nei negozi. C’è il sapore della strada, i riferimenti alla violenza, anche psicologica, e quell’inconfondibile gansta rap caro a Luchè e Ntò.
Dinastia, però, non è solo autocelebrazione e strada. Sono molti, infatti, i momenti riflessivi del disco. I due rapper, attraverso i loro modi diversi di descrivere le situazioni, aprono con uno zoom in sulla Napoli del 2024 per arrivare a descrivere poi, con uno zoom out, l’intera società di oggi.
Dinastia arriva a toccare temi diversi dal solito. Da menzionare il singolo Nun è mai fernut, forse uno dei più intimi del disco. Qui sono evidenti i riferimenti alla salute mentale, all’amore, al divorzio. Il brano ha un sapore nostalgico con cenni ai tradimenti e alle amicizie ritrovate. Proprio qui, i Co’Sang, sbeffeggiando l’ascoltatore, facendo un chiaro riferimento al fatto che il loro ritorno non è stato per mero “business”.
Guido e leggo ‘nu messaggio ca me dice “cagna strada”
Chi me chiamava frate è ‘o stesso ca m’ha minacciato
E chi avesse mai pensato ca doppo ‘nu divorzio
Avesse pruvato ‘n’ammore ancora cchiù forte
È scoppiato tutt’ nda na notte
A psicologa me dice “ma pecché vieni addò me?”
Teng pazient ca s cercn a forza e s sentn a te
(Luché)
St’ammore nun fernesce, è ‘nu incantesimo
Credevano ca era ‘nu bluff, ‘n’operazione ‘e business
Luchè, sti sciem’ nun sanno niente
‘O facimmo pe’ nuje stess
Sulo ‘a corrente pe’ ‘e strumenti, niente riscaldamento
Appar ‘o cient’ almeno pe’ suonà ‘int’ ‘a n’appartamento
‘O magnà ‘int’ ‘e scatolett
Siett’ e nuje ‘nnu lietto
A gloria ‘n’addore e Chanel, ma tesoro d’Oriente
(Ntò)
Dinastia fa riflessioni sulla vita, sulla morte, sulla violenza usata come vendetta. Si parla della ciclicità del quotidiano, del logorio del lavoro, dei bambini che crescono troppo in fretta a causa di quello che li circonda. Dinastia mostra un lato di protagonismo tipico dei Co’Sang, ma anche la voglia di essere considerati come persone e non solo come “vip di successo”.
Nel disco sono tanti i riferimenti al passato, al disagio, alla fratellanza, alla famiglia e all’hip hop di un tempo. Si parla di errori, dell’importanza di sbagliare per poi fare meglio. Le rivendicazioni personali nei confronti della scena si alternano a momenti in cui due rapper mostrano le proprie debolezze come mai avevano fatto prima.
Strumentali
Il tappeto sonoro potrebbe confondere l’ascoltatore e far pensare che il disco “non suoni Co’Sang”. La verità è che parliamo di due artisti che, in poco meno di quindici anni, si sono evoluti e diversificati, come il suono e tutto quello che gira attorno al mondo delle produzioni.
Dinastia non ha basi musicali che, come molti hanno sperato, “suonano vecchie”. Il tappeto sonoro ha dei classici boom bap, dei richiami alla golden age, ma suona assolutamente “nuovo” come è normale che sia per un disco che esce nel 2024.
I produttori principali sono Dat Boi Dee e Geeno coadiuvati in alcune tracce da Torok, Pepp ‘O Red, Don Joe (nel brano Cchiù tiempo insieme ovviamente con featuring Club Dogo) e lo stesso Luchè che produce interamente il brano Comme na fede.
Il punto di forza sonoro dell’intero disco è la varietà delle sfumature proposte. Beat tipicamente rap si accompagnano ad atmosfere soul, R&B e a tratti club, dando vita a un groove contemporaneo unico.
Stile
Lo stile di Dinastia può riassumersi semplicemente citando il concetto di coerenza, partendo dal sound che, in tutte e dodici i brani, è coerentemente hip hop con sfumature attuali e urbane. Anche lo stile è coerente. Il duo di Marianella si mostra per quello che è dando attenzione al flow, alle metriche, alla tradizione e a Napoli.
I contenuti sono coerenti, iniziando da un’analisi micro su Napoli, per poi guardare al macro e alla società di oggi, trattando anche temi scomodi e mai toccati prima.
La delivery del disco, dal videoclip di lancio alla copertina, è coerente, poche patine e zero fronzoli. Molto street, ma senza eccessi.
L’anno di uscita è coerente con le scelte produttive. Dinastia è un disco del 2024, non un disco del 2000. È moderno, attuale, dinamico. Rispecchia l’oggi, ma senza snaturare la componente classica a cui si rifà.
Dispiace e allarma che parte del pubblico abbia frainteso l’intento del disco e si aspettasse qualcosa di musicalmente vicino a Chi More Pe’ mme o Vita Bona.
Dinastia è per i nostalgici, ma solo per quelli che vanno oltre il suono e le apparenze per concentrarsi sull’attitudine. Ntò e Luchè, negli anni, sono ovviamente maturati dal punto di vista umano e artistico. Sorprende che si potesse pensare che restassero gli stessi di quando si sono sciolti.