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Intervista

Quattro chiacchiere con i Virus Syndicate al concerto di EGreen

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Circa una settimana fa, i Virus Syndicate sono passati da Milano a supportare un rapper italiano che ormai considerano un fratello: Egreen. G Fantini apriva con la data del Magnolia il tour di “More Hate” e loro, nonostante la data in Spagna pochi giorni primasi sono presentati sul palco le due collaborazioni “Gimme The Mic (refix)” e “Show and Prove”. Quest’ultima contenuta proprio in “More Hate”, nella sua versione Deluxe. La Casa del Rap ha incontrato JSD e Nika D per una birra prima dello show e tra una chiacchiera e l’altra si è parlato della loro storia e dei loro ultimi lavori.

Come vi siete conosciuti?

Siamo diventati amici molto in fretta, anche se la prima volta che ci siamo visti è stato piuttosto imbarazzante. Quando abbiamo iniziato a rappare insieme e ci siamo accorti che eravamo molto simili: è scattato qualcosa. La prima volta è stato molto strano: io, Nika D. e Goldfinger, che è stato parte dei Virus Syndicate, stavamo rappando pezzi nostri ma era come se ci fossimo trovati in una stanza e li avessimo scritti tutti insieme. Loro avevano uno stile più hiphop, io (JSD) più grime. Abbiamo cominciato a scrivere davvero l’uno per l’altro. Quando qualcuno metteva giù una bella rima c’era sempre qualcun altro pronto a continuarla, riuscendo a fare incastri perfetti. Ed è per questo che quando abbiamo cominciato a rappare insieme ci siamo detti: è pazzesco!

Avete uno stile molto particolare, che mette insieme diversi generi. Come lo avete trovato?

Il nostro stile viene da drum ‘n’ bass, jungle e grime. A Manchester c’era questo ragazzo, Mc Trigga, che rappava su drum ‘n’ bass e jungle, in cui tutta la città si identificava! È diventato una sorta di eroe urbano, anche perchè spesso ripeteva nel microfono “Manchester, Manchester, Manchester”, facendo scoppiare il pubblico. Al tempo non nessun altro mc era stato capace di emergere in città, e così per noi era un riferimento. Ascoltavamo comunque anche hiphop, ma inizialmente buona parte delle nostre influenze, specie nello scrivere i testi, provenivano proprio dai generi che andavano a Manchester. Le cose sono poi cambiate molto durante gli anni, siamo diventati dei fan dell’hiphop ancora più grandi di quanto lo fossimo stati prima. Siamo stati travolti da album come Doggystyle di Snoop Dogg, dagli album che non invecchiano mai e che sicuramente hanno modificato il nostro stile nel rappare. E poi c’è la grime, che in Inghilterra ha cambiato il gioco.  Ma noi abbiamo sempre provato a fare le cose un po’ diversamente dagli altri artisti. Cerchiamo di andare oltre e raccontare storie. Il nostro album, infatti, ne è pieno. Siamo sempre stati a cavallo di diversi filoni e questa è la ragione per cui anche Londra ci ha accettato come “champions”.

Come si compone la scena inglese? È unita o ci sono rivalità tra le diverse città?

In Uk la scena musicale è stata per lungo tempo frammentata per regioni (very regional). L’intera music industry fa base a Londra, e per gli artisti provenienti da altre città era una condizone in cui non è facile emergere. La situazione però è cambiata tanto, soprattutto grazie a internet. Infatti dopo un breve periodo di campanilismo, c’è stata una decisa apertura. Quando abbiamo iniziato a fare musica, tenevamo anche un programma radio settimanale a Londra che iniziava dopo quello di Wiley, un grande nome in UK (stava nella stessa crew di Dizzie Rascal, di cui è considerato un mentore). Eravamo i soli a venire da fuori Londra, ma non ci siamo mai sentiti i rappresentanti di Manchester. Abbiamo sempre pensato che la nostra musica fosse prodotta per il mondo intero. E parlando generalmente della musica in UK, il pensiero è condiviso. Spesso gli artisti trovano una confort zone: si adagiano in quell’area. Invece bisogna mettersi in situazioni scomode, è questo che fa crescere. Il nostro gruppo è nato proprio con l’idea di produrre musica su scala globale, è per questo che ci chiamiamo Virus Syndicate. Abbiamo sempre saputo che non ci saremmo fermati ai confini di Manchester: eravamo convinti che il nostro obiettivo era viaggiare per il mondo. A Londra questa visione è sempre stata comune, a Manchester in realtà si tendeva a rimanere nella città; adesso però le cose stanno cambiando per varie ragioni. Ma non solo a Manchester: a Birmingham, Shots sta facendo grandi cose, ma ci sono rapper bravi da tutta la Gran Bretagna.

È sempre maggiore il numero di rapper inglesi che fanno date in Italia, dimostrando un’attitudine sempre più internazionale. Lo stile inglese sta tornando di moda dopo l’ondata di “Konnichiwa” di Skepta?

Come dicevo prima, si sta espandendo tra i rapper la visione secondo cui c’è un campo più grande dei confini della UK. Francia, Germania, Svizzera, e anche l’Italia hanno una bella scena hiphop, e l’obiettivo degli artisti è espandersi tra chi li apprezza. Per farlo avevano solo bisogno di un apripista, e questo è stato Skepta. Il grime era un genere che stava ingrandendosi già da solo, ma lui ha dato un impulso veramente forte per farlo conoscere in giro per il mondo. Ha dimostrato a tutti che c’è un mondo fuori dalla propria città e ha messo un sacco di pressione sulla scena UK. Ha collaborato con un gigante come Drake e questo ha aiutato a far conoscere il grime, accostandolo a sonorità “meno pure”. Drake, ad esempio, è un grande artista che sa rappare e sa cantare e, quando questo mix è arrivato sotto gli occhi di tutti, il genere è definitivamente esploso in Uk. Quando questa musica è diventata popolare le major si sono lanciate alla ricerca di artisti da mettere sotto contratto, però hanno preso molti scarsoni. Ora quindi c’è una situazione di incertezza sul futuro mainstream della grime. La regola comunque è sempre la stessa: rimarrà al top solo se uscirà musica di valore. La buona musica si diffonde sempre.

Quali sono le differenze che notate tra il pubblico internazionale ai vostri concerti?

Per quanto riguarda il modo di reagire del pubblico, noi siamo un gruppo che mette molta energia nei live, e riusciamo a coinvolgere tutti i tipi di spettatori. Il pubblico di Manchester è molto duro, così come quello della Gran Bretagna in generale. In Francia, USA e Svizzera invece il pubblico risponde sempre con grande entusiasmo. In Germania un po’ meno, così come in Italia.

Avete collaborato con Egreen due volte. Com’è stato? E come vi siete incontrati?

I nostri responsabili delle pubbliche relazioni ci hanno fatto sentire alcune sue canzoni e ci sono piaciute molto. Allora abbiamo cominciato a chattare su Whatsapp e abbiamo deciso di fare il remix di “Gimme the Mic”. Appena abbiamo inizato a parlare abbiamo capito che c’era una certa connessione e ci abbiamo messo poco a diventare amici. Abbiamo sentito la stessa vibe che abbiamo con i Dope DOD.

Proprio con i Dope DOD avete fatto un ep, Battle Royal, dimostrando di uscire dai confini anche per collaborazioni con gli stranieri. Come vi trovate a lavorare con gli artisti esteri?

Non abbiamo lavorato in studio assieme, ci mandavamo le strofe e i beats via internet. È stato comunque molto facile lavorare con loro: siamo molto connessi anche musicalmente. Quando ci mandavano le cose che incidevano eravamo esaltati già dal primo ascolto, e così loro con le nostre. Sono sicuro che molti artisti che hanno provato a lavorare con stranieri abbiano avuto brutte esperienze, ma praticamente i Dope DOD e Egreen sono diventati parte della famiglia per noi. Lavorare con gli stranieri diventa facile se si è connessi in qualche modo.

Quest’anno è uscito il vostro album quarto album: Symptomatic. Com’è andato?

Siamo entrati in classifica in 8 Paesi e questo è un ottimo risultato. Nell’album precedente (The Swarm) hanno lavorato tanti producer diversi, contiene tanti grandi singoli ma forse sono un po’ scollegati tra loro. “Symptomatic” invece, così come nostro secondo lp “Sick Pay”, è molto più intimo. Ho prodotto io stesso (JSD) il 95% dell’album, lavorando fino a notte fonda per circa un anno e curando ogni dettaglio, fino all’ultima eco. Abbiamo deciso, dopo il grande esperimento che fu “The Swarm”, di prenderci la nostra libertà artistica e il tempo che ci serviva, senza deadline concordate con l’etichetta. Abbiamo lavorato molto sul mood del disco, che è molto dark sia a livello di sonorità sia di argomenti. Siamo molto contenti del risultato e secondo noi è il migliore che abbiamo fatto finora.

State lavorando su progetti nuovi?

Sì, stiamo lavorando al nuovo album e a una serie di singoli, alcuni dei quali già pronti, più un video. Uno dei nuovi pezzi è prodotto da Dr. Diggles dei Dope DOD, il cui video è stato girato il video in Spagna. Sentirete parlare spesso dei Virus Syindicate nei prossimi 3 mesi.

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