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Intervista

C.U.B.A. Cabbal e la sua guerra per Resistere tra i resti

C.U.B.A. Cabbal

Ormai sono 27 anni che C.U.B.A. Cabbal calpesta i palchi italiani e del mondo.

La sua musica è forza, incoraggiamento e denuncia; un occhio oggettivo in un mondo che non piace; una voce contro il sistema che sempre più appare imperialista; un braccio armato contro i movimenti fascisti che dimenticano l’uomo per stupidi ideali.

L’11 Settembre è uscito il suo ultimo album dal titolo Resistere tra i resti, diario di guerra di un mondo diviso da scontri, razzismo e calamità naturali (come il terremoto dell’Abruzzo che ha coinvolto l’artista in prima persona).

La musica è mezzo di comunicazione, aggregazione e lotta.

Non aggiungo altro, parla da se l’intervista.

Buona lettura.

La tua presa di posizione contro il fascismo e l’imperialismo è ormai nota. In primis vorrei concentrarmi sulla tua concezione di imperialismo, sul perchè e sul come pensi lo si possa combattere oggi.

Mi hanno associato al Rap militante, antimperialista e antifascista. Sono nato agli albori del rap, quando il rap era pura forma di denuncia e non una bischerata, avevamo qualcosa da dire. Sono passati anni e continuo a fare rap non per autocelebrarmi ma come unica via per dire cosa penso della società, della politica e del mondo che mi circonda. Osservo, vivo e scrivo.

Ho parlato di imperialismo perché attorno a me vedo soprusi, dittatura e americanizzazione a discapito della popolazione che non conta niente e non ha voce in capitolo. Siamo solo pedine mosse da dai ricchi per i loro interessi. Cerco di far capire a chi mi ascolta che il mondo non è tanto bello come lo si dipinge, che se apri il coperchio è pieno di merda.

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Quanto pensi che la tua musica possa portare una modifica negli ideali dei tuoi ascoltatori?

Quando scrivo, non lo faccio per gli altri tantomeno per piacere alle masse, andare di moda o per fare un pezzo che finisca  in classifica.

Io parlo, chi vuole capire capisca; in mezzo a dieci persone ci sarà chi riterrà che io faccia schifo, chi non capirà il mio messaggio ma ci saranno coloro che affermeranno: ‘cazzo ha ragione, è vero, bisogna ragionare così, bisogna muoversi, bisogna agire”.

Io voglio solo smuovere le coscienze.

 

Per quanto riguarda la lotta antifascista vorrei proporti un commento alla vicenda accaduta pochi giorni fa: l’intrusione di un gruppo di estrema destra che ha interrotto una riunione pubblica per leggere un volantino di accuse contro l’immigrazione.

Come scrissi una volta “dove finisce la parola incominciano le mani”. Rap o non rap il discorso va oltre, perché non basta rappare per fermare queste persone. Ognuno con il rap può dire quello che vuole, anche un fascista può fare rap, però non ha le basi perchè esse stanno nell’unione e nella fratellanza.

Io penso che il razzismo sia dato dal capitalismo, dal nero ricco e dal nero povero. Il nero ricco è bravo, perché ha fatto i soldi, il nero povero invece viene schifato proprio perché povero; e la gente se la prende col povero perché è più povera. Questa guerra è nata perché il capitalismo vuole la guerra fra poveri, vuole che la gente si distrugga a vicenda, che combatta fra loro per le briciole.L’album in quanto “bollettino di guerra” si presenta cupo e malinconico. In un ambiente moderno dove ha sempre più visibilità ciò che è allegro e spensierato come collochi il tuo lavoro?

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Quest’album mi è venuto mente ero in Abruzzo durante il terremoto. La situazione era così critica che mentre scrivevo facendo riferimento al terremoto la terra ha deciso di tremare. Ho vissuto un momento davvero brutto, ho vissuto una settimana con due metri di neve fuori, senza luce e senza gas. Ho vissuto il regresso degli uomini primitivi, una sensazione che non avevo mai vissuto, quindi in questa settimana da “uomo primitivo”, ho concepito quanto il progresso non esista e come senza tecnologia tu sia solo, finito.

Più andiamo avanti e più dimentichiamo che il pericolo ci cammina a fianco. Da questa cosa è nato il disco, dall’incazzatura nell’accorgersi che sei solo, che non puoi fare niente e che non c’è un sistema che ti supporta. È stato questo fervore che mi ha fatto scrivere, creando un disco cupo per la maggior parte dei testi, ad eccezione di Havana Rom (Rap De C.U.B.A.).

Vorrei soffermarmi un attimo sulla copertina dell’album: in primo piano la mano di un Cristo sulla croce cui mano reca una bomba e dietro di essa uno sfondo rosso che colora uno scenario di distruzione. Potresti darci una tua interpretazione della copertina?

Lo sfondo rappresenta il “Resistere tra i resti”, perché mentre il terremoto distruggeva tutto attorno a me, vedevo alla tv Damasco ed Aleppo bombardate. Lo sfondo è fatto di macerie provocate da calamità naturali o dalla mano dell’uomo; stessa mano che mette in croce Cristo e che sfrutta la religione come pretesto di guerra, quando invece la religione non dovrebbe fomentare le guerre.

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Ma in tutta quest’aria negativa dove sta il messaggio di speranza?

Il messaggio di speranza sta nella lotta, affinché non si prenda in mano la bomba, affinché si dica “no, io questa non la voglio e non la tiro”.

In fin dei conti lo scopo dell’album è far prendere consapevolezza, far rendere conto alla gente che il pericolo gli cammina affianco e che bisogna agire perché altrimenti saremo tutti schiavi.

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