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Recensione

“Vince Staples – Hell Can Wait”

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Vince Staples, ragazzo del ’93, rappresenta la nuova generazione della west coast che continua il filone dei gangsta rap. Questo ragazzo sta ottenendo un buon numero di consensi, tanto che lo abbiamo trovato nel ultimo disco di Common, mettendosi in luce con un’ottima strofa. “Hell Can Wait” è una presentazione del suo stile, del suo rap e di come riesca, con le sue rime, a descrivere quello che sta vivendo.
Vorrei partire dall’ultima traccia, “Feelin Love“, perché penso che sia la più adatta per poter inquadrare il personaggio. Il giovane rapper dipinge in maniera molto abile le sue giornate, descrivendo quello che gli succede, i suoi obiettivi futuri che addirittura contemplano il proseguo degli studi, anche se il tutto viene mitigato da rime e riferimenti tipiche del rapper fiero del suo quartiere. E proprio il posto in cui vive viene descritto in maniera fredda e distaccata in “65 Hunnid“. L’inizio della canzone è favoloso: farsi trasportare da alcune note di un sax è sempre una piacevole sensazione. Il beat viene sviluppato con un leggero richiamo alle atmosfere della west coast, ma la cosa apprezzabile è il fatto che il rapper non esalta le dinamiche tipiche del ghetto, anzi ne sottolinea gli aspetti negativi, come la solitudine nonostante si sia circondati da apparenti amici. Il racconto diventa molto più dettagliato in “Screen Door“. Su un beat molto ipnotico, scandito da uno snare, il giovane MC ci spiega come suo padre fosse uno spacciatore e come anche in questi casi il lavoro passa da padre in figlio. Vince fa di questa canzone una specie di storytelling e intravedo nella seconda strofa una sorta di Kendrick Lamar con la doppia voce modificata. All’intero del EP troviamo veri e propri banger come “Fire“, con questo giro di basso che esalta i vostri subwoofer e mostra un Vince consapevole che le proprie azioni lo porteranno all’inferno perché come dice lui: “Heaven could’t get me in a ***** bed“.

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La traccia “Hands Up” mi ricorda la hit “My Nigga” di YG. Forse sono quelle poche note di basso così nette e che rendono l’atmosfera cupa che mi fanno diventare la traccia una delle mie preferite. Il beat, il flow e le rime taglienti del giovane rapper mi esaltano e vi esalteranno. La canzone si scaglia contro la polizia, una risposta ai recenti soprusi che gli afroamericani stanno vivendo in questo ultimo periodo. Anche la traccia successiva continua con un vibe oscura: qui il sintetizzatore è distorto, tanto da farne un suono acuto che a mio parere tende ad essere forse troppo invasivo, perché toglie un po’ di attenzione al rapper che sputa fiamme sul microfono. Concludo con una traccia poco credibile a mio parere: “Limos” con Teyana Taylor. È un canzone in cui Vince si dimostra latin lover, una ragazza dopo l’altra, senza mai provare nessun sentimento. Sia per la qualità delle rime, che per come è trattata la tematica, rimane l’unica traccia sottotono del disco, ma certamente la più melodica grazie all’intervento della cantante Teyana.
Un EP che dimostra le buone capacità del rapper, che risulta piacevole per la varietà della scelta dei beat e soprattutto che dimostra come, nonostante la tematica del ghetto venga tratta in tutte le canzoni, la si possa raccontare sotto diversi punti di vista.

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7.3/10

Conosci meglio

Rapper, cantante, speaker radiofonico, sneakerhead e streetwear addicted, detentore della verità assoluta. Il tuo idolo vorrebbe essere me.
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