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Report

Day Off Music Festival 2015 @ Gallipoli

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Live report di Fanzio e Daniela

Il meteo è stato clemente. Dal pomeriggio Parco Gondar, come tutta Gallipoli, era lo specchio dello scenario apocalittico che ha colpito la Puglia nei giorni a cavallo di ferragosto. Trulli crollati, vigneti bruciati dai fulmini, venti e trombe d’aria (tra cui una proprio a 3 km da Gallipoli) facevano notizia nei tg. Durante il viaggio in macchina non eravamo molto fiduciosi che l’evento avrebbe effettivamente preso parte. Una volta parcheggiato ancora meno. Cielo nero già dalle 6 del pomeriggio, orizzonte ancora più nero, vento fortissimo e un abbozzo di pioggia sono stati l’accoglienza per noi poveri cristi che volevamo fare un bagno e muovere un po’ il culo. Ma una volta lì non si poteva tornare indietro. Nemmeno entrare nel parco è stato facile. La divisione tra tavoli, accrediti stampa, accrediti di altro genere, fila per il botteghino, fila per chi ha preso i biglietti con Postepay, innumerevoli posti di blocco pieni di poliziotti che perquisivano in cerca di bottiglie, droghe, curiosità varie, e la stessa confusione di chi avrebbe dovuto fare chiarezza ci hanno fatto rimbalzare da un lato all’altro del Parco Gondar (e per aggirarlo bisogna circumnavigare sia il parco che lo stadio di calcio). Insomma, sfidate le intemperie e superato il labirinto dell’entrata, bisognava fare i conti con la folla. Non so se ci siete mai stati, ma all’interno del parco ci sono diversi spazi, ognuno col suo palco, ognuno di diversa grandezza. Ecco, il più grande contiene diverse migliaia di persone e per l’occasione era stracolmo.

Il primo grande nome della serata è stato quello di Ensi che, con la solita abilità di showman, tra freestyle e alcuni dei suoi pezzi più carichi ha scaldato la folla nutrita. Per dare sfoggio delle sue capacità di improvvisazione a quei pochi che non lo conoscessero ancora e per confermarle a chi invece l’ha già visto su un palco, non si è limitato a usare basi hip hop, su cui magari avrebbe preso il tempo agevolmente per concentrarsi sulle punchline, ma ha lasciato a Dj 2P il compito di usare la sua fantasia per metterlo in difficoltà. Basi reggae e rock, veloci e lente, il rapper torinese non ha mollato una rima compiendo un piccolo capolavoro di metriche e rime. Il tempo a sua disposizione non è stato moltissimo, ma il DayOff (l’evento si chiamava così) aveva in scaletta tanta gente e così, sceso Ensi, sono saliti sul palco i Sud Sound System.

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I SSS giocavano in casa. Portano la bandiera dell’orgoglio salentino in giro per l’Italia dal 1989, e cantare a Gallipoli non poteva che essere una grande festa. Durante i pezzi più famosi, come “Le radici ca tieni”, “Sciamu a ballare” e “Erba erba”, era quasi impossibile vedere qualcuno con le labbra serrate: tutti sapevano le parole a memoria e tra salti, braccia alzate e fumi dai mille profumi in pochi si sono rifiutati di cantarle. I pezzi collaudati hanno generato una grande atmosfera e una grande reazione tra il pubblico. Sul palco però il lungo corso dei Sud Sound System si è fatto un po’ sentire con qualche perdita di fiato e altri errorini sparsi. Non importa però, le imperfezioni ci stanno se l’ambiente che si crea è festa vera. Anche per loro il tempo della performance è stato quel che è stato, circa 45 minuti, ma per come è stato speso, è stato un degno antipasto al main event della serata. Si percepiva una simbiosi tra palco e pubblico che ha fatto sentire un po’ tutti salentini, almeno per una sera.

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Io i Major Lazer quasi non li conoscevo e la serata è stata una buona occasione per rendermi conto di quanto sia estraneo alle tendenze di certi filoni musicali. La folla del Parco Gondar mi ha tirato un pugno allo stomoco urlandomi “sei tu lo sfigato!”. Stesse parole che mi sono sentito dire a più riprese dalla mia socia Daniela a cui vista la preparazione ho preferito affidare la scrittura delle righe che seguono.

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L’attesa per i Major Lazer era tanta, li attendevo persino io che non sono un’amante di musica elettronica e compagnia bella. Piuttosto lontano da hip hop e roots reggae, i generi a cui sono più vicina, è stata la spettacolarità dei video e delle coreografie (già ai tempi di “Pon The Floor”, il brano che li ha lanciati) a catturare la mia attenzione e a spingermi fino a Parco Gondar carica di aspettative soprattutto per il lato scenografico del concerto. E non ne sono rimasta delusa, anzi. Piogge di coriandoli sulla folla, giochi di luce attraverso speciali installazioni sul palco, ballerine molto abili nel twerking (davvero abilissimissime) e trovate ad effetto come quella di entrare in una bolla di plastica per camminare sul pubblico in una versione alternativa allo stage diving, tutti elementi che hanno dato alla performance una marcia in più. Ad ogni canzone seguiva un allestimento diverso: sequenze animate sullo sfondo, giochi di luce e di colore, balli mozzafiato delle ballerine o suggeriti dagli stessi Major Lazer al pubblico. Accanto alle scenografie, per le quali sono rimasta davvero affascinata, la musica. “Peace Is The Mission”, terzo capitolo della saga del gruppo fondato da Diplo, è probabilmente il lavoro più ricco di stili e di soluzioni musicali originali in grado di far ballare persino i più avversi alle sonorità più “tamarre” (tra cui i miei due amici lì con me). A partire da “Watch Out for This” fino all’attesissima “Lean on” (che oltre ad essere una delle tracce più programmate dalle radio italiane questa estate ha anche il merito di aver lanciato la promettente ), passando per “Powerful”, appena uscita ma già molto cliccata su Youtube, il collettivo ha saputo coinvolgere il pubblico che si è espresso positivamente cantando e saltando fino allo stremo delle forze. Da esterna al genere, non sono mancati momenti di alienazione in cui lo spazio lasciato all’elettronica ha reso alcuni passaggi un po’ ripetitivi. Nonostante ciò il concerto è stato molto divertente, l’unica pecca a mio avviso sono state alcune scelte dall’efficacia opposta: convincente ad esempio l’inserimento di una selezione di pezzi di artisti importanti, primi fra tutti i grandi Toots and The Maytals con “54-56 Was My Number”, e di una delle perle della musica reggae come “Come around” di Collie Buddz; meno fortunati, invece, alcuni remix che hanno sporcato la purezza del roots reggae. Per un super mini recap cliccate QUI.

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