Spiccano il flow caratteristico, le metriche serrate e le produzioni freschissime, elementi già presenti nei precedenti lavori ma che adesso riescono a trovare la giusta collocazione in una dimensione solista adeguata
Ciao Debbit, benvenuto ne La Casa del Rap. Per cominciare, presentati ai nostri lettori!
Devo presentarmi? Serve davvero? Dai che lo sanno chi è Debbit!
Partiamo dal tuo primo disco ufficiale: com’è nato Piano D? uando hai iniziato a lavorarci? Su cosa ti sei focalizzato in fase di scrittura?
Piano D è un disco in costruzione dal 2013. Già ai tempi sentivo lo stimolo e il bisogno di far uscire un disco, ma causa eventi (vedi MTV Spit) siamo stati quasi costretti a rinviarne l’uscita. I vari EP che ho pubblicato in questi ultimi anni sono infatti estratti del lavoro svoltosi fino ad allora, la necessità di uscire con qualcosa subito ci ha spinto a estrapolare 5 pezzi prima (E’ il mio turno EP) e altri 4 poi (Fuori Controllo EP), ma io quasi considero questi EP parte integrante del disco in se. Provate ad ascoltarli tutti assieme.
Quando scrivo mi piace mettermi alla prova, ogni testo che partorisco è come una prova d’abilità che devo superare per fare un upgrade, per migliorarmi. Il bello della musica secondo me è che tutto può nascere da tutto, non c’è uno schema da seguire per dar vita a una canzone: un riff, una ritmica, una rima, una melodia, un birdge, da ognuno può nascere un’idea da sviluppare. Quindi, se devo dirti su cosa mi sono focalizzato riguardo alla scrittura ti dico sull’imprevedibilità, sul diverso (sempre rispetto a ciò che ho scritto io finora) e quindi sulla caratterizzazione ulteriore del mio modo di scrivere.
Oltre che rapper da studio, hai avuto riscontri importanti anche nel mondo del freestyle e a volte il rischio è proprio di scrivere un disco improvvisando. Hai avvertito questo rischio? Come ti sei rapportato alla tua dimensione da freestyler nel disco?
Dipende che idea hai del concetto di rischio, e soprattutto del concetto di “improvvisare”. Per quanto mi riguarda, un pezzo scritto in freestyle (ossia al volo, senza un concetto ben preciso) ha la stessa valenza di un testo scritto ragionato; ovviamente bisogna giudicare in base a ciò che si sta giudicando e agire di conseguenza. Non puoi aspettarti da un freestyle quello che ti aspetti da un classico, o meglio non vuoi aspettartelo, altrimenti non lo ascolteresti. Non credo che sia opportuno parlare di “rapportarsi ai testi da freestyler”, perchè io non sono un freestyler, io sono un mc. Un mc non fa solo freestyle, ma lo sa fare e pure bene, a differenza di tanti altri rapper non definibili mc al 100%. Io mi rapporto naturalmente con un testo, non la vedo come una cosa così astrusa, magari con l’unica differenza che le rime mi vengono prima rispetto a chi non lo fa
Come hai scelto le produzioni all’interno del disco? Hai lavorato frontalmente con tutti i produttori?
Ho scelto le produzioni e i produttori in base all’idea di sound che avevo in mente per il progetto. Ho lavorato frontalmente con alcuni di loro, come Manu PHL o Weshit, mentre con gli altri è stato comunque un lavoro frontale ma a distanza, skype style. Credo che non sia necessario il face to face quando c’è sintonia a livello artistico e qualità in quello che si fa.
Com’è iniziata la collaborazione con Grande Onda e Sony? Com’è stato aver un team di persone con cui confrontarsi? Hai portato loro il disco finito o c’è stato un percorso di collaborazione più stretto?
Dopo i miei primi lavori e le mie prime comparse nelle battle di freestyle ho suscitato l’interesse di Grande Onda e da lì è iniziata la collabo. Lavorare con un team è sicuramente un’agevolazione, soprattutto per un tipo come me; il confronto fa sempre bene, in ogni caso, a maggior ragione con gente con più esperienza di te. Grazie alla Grande Onda il disco è stato distribuito dalla Sony.
Ricordaci dove seguirti.
Potete seguire Debbit alla pagina ufficiale facebook, su Twitter e su Instagram.
Grazie e tanti saluti alla Casa del Rap, Power!