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Intervista

Rancore davanti allo specchio, questa non è musica per adulti

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Il 2 giugno è stato pubblicato Musica per bambini, l’ultimo album di Rancore. Si tratta di un album assai complesso che, per valore testuale, si pone tra la musica e la letteratura, leggero e allo stesso tempo complicato, dove il testo non esplicita mai ciò che vuol rappresentare.  Puro e genuino Ermetical Rap o meglio puramente Rancore.

Quella che segue è un intervista in cui le domande non vengono da una sola parte, è uno scambio di battute, in cui le domande più difficili sono state poste al sottoscritto dall’artista.

Il titolo dell’album, Musica per bambini, è in totale contrapposizione con quello che è poi il lavoro che è stato fatto all’interno dell’album. Analizzando attentamente l’album, mi è parso che si possa giustificare questa scelta riportando alla rivalsa l’ideale pascoliano del fanciullino, in grado di comprendere il mondo meglio degli adulti, e accostarlo a quello che risulta essere il tuo marchio di fabbrica: l’ermetismo. Possiamo quindi dire che il tuo è un invito all’ascolto con la parte più pura che ognuno di noi possiede, ossia quella infantile?

Certo è assolutamente così, ma c’è di più! Non solo l’album va ascoltato con tanta sensibilità ma è anche stato scritto cercando di utilizzare la massima sensibilità che posseggo. È stato scritto in un momento in cui mi sentivo come dopo un grosso shock, nel quale ho messo in dubbio me stesso e il mondo.

È stato come quando da bambino ti viene fatta la prima ingiustizia e tu passi tutto il tuo tempo a chiederti come sia possibile un mondo così ingiusto, solo perchè non ti era stato fatto ancora nessun torto.

E nel momento in cui ti poni questa domanda il mondo ti crolla addosso.

Alla base c’è la perdita di certezze, il non riconoscere più il mondo come lo si conosceva prima.

Quindi posso dirti che è un disco scritto sotto shock, in cui il mondo inizia ad apparire per quello che realmente: una follia totale. Per raccontare la follia totale del mondo con sincerità senza nascondermi, devo usare la fanciullezza che c’è dentro me, perchè solo essa leva dai miei occhi tutte quelle sovrastrutture che la crescita mi ha imposto. La mia non è altra che una sincera follia nei confronti di un mondo folle.

Il brano Arlecchino è fondamentale per la comprensione dell’album, in cui è presente un forte parallelismo col brano Lo Spazzacamino.Tutto è incentrato sul colore e sulla percezione di esso e, nonostante si richiami un policromatismo, Arlecchino appare più cupo rispetto a Lo Spazzacamino. Mentre quest’ultimo vive nel nero della cenere, con la luce che veglia su di lui, Arlecchino vive nella luce, ma è un uomo cupo, ferito, un uomo che vive il buio. Concordi con questa affermazione?

Arlecchino è una maschera diametralmente opposta a quella del Lo Spazzacamino, uno è tutto nero e l’altro è colorato. Hanno in comune la povertà, uno ha solo abiti neri per il lavoro che è costretto a svolgere e l’altro invece ha preso delle pezze a destra e sinistra e con quel poco che aveva si è fatto un costume.Ritengo che Arlecchino non viva la luce. Mentre lo Spazzacamino vive nel nero dei camini, ma è il suo lavoro, Arlecchino vive nella comunità ma indossa una maschera per coprire quella che è la sua persona e dire ciò che realmente vuole. Spazzacamino sta in silenzio, schiacciato dal sistema in cui vive, Arlecchino sfrutta il sistema in cui vive per guadagnare. Mi piace pensare che sia un piccolo demone Arlecchino, contrapposto allo Spazzacamino che è un piccolo angelo.

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Adesso però voglio farti una domanda io: noto spesso che tanti mi chiedono il suo significato. Io quando guardo un quadro astratto non mi pongo mai tutti ‘sti problemi. Davanti ad un Mondrian,io non sto a farmi domande; lo stesso dovrebbe valere per alcuni brani, in cui spiegare troppo equivarrebbe a distruggerlo, perdere la sua essenza.

Perchè su alcuni tipi di arte o di lavori, c’è sempre questa continua ricerca del contenuto? Ovviamente nel tipo di rap che faccio io è messo in primo piano, ma metterlo in primo piano non è che deve sempre portare l’ascoltatore alla sua ricerca. Arlecchino è un esperimento di astrattismo letterario (permettetemi di chiamarlo così) e il chiedersi troppo è un perdere le sensazioni che esso vuole trasmettere ascoltando semplicemente quelle pennellate di parole.

Personalmente ritengo che le domande nascono dal fatto che inconsciamente ogni ascoltatore ritrova qualcosa che lo rappresenta nel testo. E non capendo ricerca le domande nell’artista.

Comprendo, ma ti dirò è necessario che si stia attenti a questo, perchè spesso le domande distaccano dal senso dell’operato dell’artista. Non tutte le canzoni devo avere un argomento, potrebbero avere infiniti argomenti al loro interno come non averne nemmeno uno; come un quadro astratto potrebbe avere mille colori e mille forme e poi effettivamente non averne nessuno.

Permettimi allora di dire che ci troviamo davanti un po’ alla metafora del brano Il Sangue Di Drago; che diviene così manifesto della tua musica.

Si possiamo dire che è manifesto dell’ Ermetical Rap, di un rap scritto a più livelli; dove tu puoi vedere la favola come racconto o come metafora del potere che costruisce finti draghi per ucciderli e prendere ancora più potere camuffando il buio per luce e il male per bene. Tutto ciò, in una favola molto dettagliata per la quale ogni elemento, anche il più piccolo, è associabile ad un aspetto della nostra realtà. Pensiamo un po’ al Sangue di Drago, al fatto che il principe ha accanto un mago, un consigliere, la principessa. Ogni ruolo è un qualcosa della realtà. Così io per raccontarti quello che detto schiettamente sarebbe un discorso classico sul potere ho cercato di attribuirgli un senso più grande.

Una cosa che si evince e costituisce il filo conduttore dell’album è la magia. Si parla di magia bianca, nera, inganno, truffa (che comunque sia è una magia), mistero e infine la magia come sentimento. Tu che rapporto hai con la magia e col mistero?

Io adoro il mistero e adoro la sua potenza, molto più della magia, nonostante magia e mistero possano essere ben collegati. I maghi che mi piacciono sono quelli che mischiano magia e mistero, quelli che anche dietro a un inganno (il trucco di magia) riescono a mettere un senso di mistero; in questo momento vedo la magia bianca come una magia con del mistero buono dietro. Il mago che nel prossimo fa scaturire il sentimento del mistero, fa del bene poiché usa la magia affinché il prossimo si “evolva”.

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Ci sono poi i maghi che solo con l’inganno prendono fama e questi maghi vivono dando certezze alle persone, senza dargli nulla di nuovo ma levando i dubbi e limitandone il processo di crescita interiore.

Un esempio può essere Gesù Cristo, che in una visione atea, può essere visto come un mago che moltiplicò i pesci, creando quindi magia ma con uno scopo, lasciare un insegnamento; se non avesse fatto quella magia nessuno l’avrebbe ascoltato e non avremmo capito nulla. Dal mistero e dalla magia si genera uno dei sentimenti portanti la fede.

Tutto ciò per dirti che magia e mistero sono complementari nella mia vita e io cerco di trovare quel punto in comune tra l’inganno della magia e la fede dietro al mistero; queste assieme nel mondo moderno hanno una potenza assurda, da sole possono risultare solo fini a se stesse, non aiutano il prossimo a cambiare.

https://www.youtube.com/watch?v=CYJIaFvfGJM

Durante i live, chi ti accompagna con la strumentazione indossa una maschera da spaventapasseri. Ho accostato questi spaventapasseri ad una simbologia tratta dal mago di Oz, una delle più classiche storie per bambini; lo spaventapasseri è possibile vederlo come la contrapposizione della figura di Rancore, in quanto esso rappresenta il vivere con leggerezza. Quindi sorge in me la domanda se tu ti senta un po’ l’uomo di latta alla ricerca del suo cuore e qual è il fine ultimo della ricerca?

Quelli che tu chiami spaventapasseri sono dei giocattoli con in mano degli strumenti che sono a loro volta dei giocattoli.

Se poi i miei giocattoli assomigliano a spaventapasseri è un problema mio (ridacchia).

Però ti dirò che questa visione mi piace, anche perchè potrei immedesimarmi nell’uomo di latta, ponendo poi nel mio rap il mago di Oz. Io così sarei alla ricerca del mio cuore e, pensandoci bene da qui troviamo Rinquore e Rancore (che ricorda la ricerca di pace del proprio cuore ferito). Nell’esprimermi cerco quello che è il mio lato più emotivo, più istintivo, quello che non fa parte del mio essere.

Gli spaventapasseri, come li chiami tu, ti dirò, li presento sempre all’inizio dei live dicendo “questi pupazzi mi aiuteranno a scacciare via i mostri”. Per me sono pupazzi, ma se tu ci hai visto spaventapasseri sicuramente un motivo c’è; possono scacciare via quelli che sono i miei mostri e se ci pensi, fanno ciò che fanno gli spaventapasseri. Loro esorcizzano certi tipi di mostri che devo allontanare.

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Concludiamo affrontando un tema a me caro, lo skatepark. Quello degli skatepark è un problema che vivo assai da vicino, essendo un appassionato che si ritrova senza luogo di allenamento e di aggregazione per gli appassionati. A livello mondiale però si sta vivendo una controtendenza, con una crescita esponenziale di questi luoghi, sia come recupero di zone cittadine disastrate sia come mezzo per coinvolgere i giovani in iniziative che li levino dalle mani della malavita. Vorrei che tu raccontassi il tuo rapporto con lo skatepark e perché consiglieresti ai giovani di avvicinarsi alla cultura dello skate.

Prima di tutto devi sapere che lo skatepark non deve per forza essere un luogo specifico, lo può essere, ma come voglio far capire nel pezzo, tutta la città deve essere uno skatepark; devi muoverti in una città trasformandola nel tuo skatepark. Ciò è fondamentale perchè usi la città in un modo che non le è proprio, tutti i limiti che sono posti in essa, tutte quelle linee rette parallele, come i marciapiedi, che non sono naturali ma imposti, tu li sfrutti diversamente, rompendo le regole. Fai un utilizzo innaturale di qualcosa di innaturale. Hackeri la città usando muri e strutture in un altro modo, e questo crea in te un altro modo di vedere le cose. Ti dirò che io quando cammino per strada sto attentissimo al terreno in cui cammino e sto attento alla sua possibile utilizzabilità, e quando ne trovo uno particolarmente liscio, penso subito “cazzo io qui ci vorrei skateare”  . Faccio skateboarding da una vita e questo mi ha permesso di avere un modo completamente diverso di vedere la città. Questo è il messaggio che vorrei dare per spingere le persone a fare skate. Ti dirò di più mi basta che le persone, andando oltre lo skate, usassero la loro città in vari modi e la guardassero con occhi diversi, andando anche semplicemente a passeggiare.

Il pezzo non ha altro messaggio che ciò, usare la città in modo diverso, con un riferimento a quella che è stata la mia fortuna, ossia avere persone con cui condividere questo modo di vedere la mia città e di vedere fondamentalmente alcuni luoghi, che potevano anche essere luoghi degradati, come luoghi bellissimi in cui poter passare anche tutto il giorno, nonostante non fossero skatepark. Questo è il vero senso dello skatepark, che un po’ fa nascere in me un poco di nostalgia per l’aver perso di vista quelle persone o per il fatto che la vita delle volte ti riempie di impegni e ti trovi a non vivere più la città come prima.

Mi piace pensare a questo fenomeno come alla creazione di un terzo occhio in comune che ti faceva vedere le cose belle. La vita crescendo ti porta ad utilizzare le cose in modo più comune, mentre quando si è più giovani, con quella sincerità dei bambini si vive la realtà in un modo completamente proprio, che si crea lì per lì.

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