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Intervista

Intervista a Rareș: esordio e futuro di un artista a 360°

YojH QyA

L’esordio di Rareș, giovane talento dalle tinte soul, fa sperare in una lunga carriera futura.
Il suo album Curriculum Vitae è stato pubblicato il 6 marzo per Needn’t e dimostra una maturità artistica a 360°, dalla scelta delle sonorità fino alla scrittura dei testi e all’uso personale delle sfumature vocali.
Se i brani del disco non bastassero a comprendere l’artista, trovate qui di seguito qualche domanda su di lui, sulla musica e sul suo futuro.

Questo è il tuo primo album in studio, l’esordio ufficiale della tua carriera artistica. Per presentarti, non possiamo quindi non porti la prima domanda: chi è Rareș?

Rareș è Io, per semplicità. Mi perdo facilmente e non saprei gestirne un altro, di Rareș.

Dove nasce, quindi, la tua passione per la musica? Ti ricordi un episodio in particolare?

Sì, nella nostra casa in campagna a Birlad, prima che ci trasferissimo in città a Vaslui. Non so quanto la mia mente abbia storpiato questo ricordo, però c’era una chitarra a casa, non ricordo se fosse per bambini o fosse quella vera di mio padre. Ce l’avevo sulle zampette e la tocchignavo.

Nel disco riscontriamo influenze black, soul, pop, funky e swing. La voce e gli strumenti suonano poi particolarmente puliti. Sappiamo che hai studiato elettronica al Conservatorio, da dove deriva l’esigenza di ritrovare sonorità più “tradizionali”?

Mi dico sempre che viene dai Beatles. Ho voluto emulare un modo di fare musica che non appartiene per forza ad oggi e alla mia generazione, con tutti i pro e i contro. Non sarà mai un disco pop, ma avrà per sempre la sua piccola anima particolare.

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Quali sono dunque le tue influenze musicali passate? Cosa, invece, non può mancare oggi in una tua playlist?

Ho appena finito un mese di trap 24/7, non so cosa mi fosse preso, ma ci voleva. Ad oggi, sto ascoltando tantissimi artisti come Nils Frahm, Goldmund, Basinski. Poi c’è questo canale YouTube, Should be asleep, che io e Giuseppe Vio ci stiamo mangiando. Dentro ci sono artisti come Takashi Kokubo, che fanno delle cose super particolari, ma estremamente docili e godibili.

A colpire particolarmente sono stati, oltre all’uso della voce, i testi. Ogni canzone sembra scritta quasi come fosse una poesia pascoliana, tra immagini e figure retoriche. Potresti raccontarci il tuo processo di scrittura e descriverci l’eventuale filo rosso che unisce i vari brani dell’album?

Fino ad ora non ho mai forzato tanto il processo di scrittura. Ultimamente sto sperimentando approcci diversi, ma la norma per me è prendere uno strumento, accendere il registratore e partire. Ogni tanto viene tutto insieme, a volte prima il testo, altre prima la musica. Il risultato spesso si discosta molto poco dalla primissima bozza. Nel disco non c’è un filo rosso esplicito: sono solo canzoni scritte nel 2018-2019. Sono sicuramente legate fra loro, ma non volutamente.

Avendo presentato al pubblico il tuo Curriculum Vitae, l’ultima domanda guarda al futuro ed alle sue possibilità. Quale obiettivo ti poni attualmente riguardo alla tua evoluzione artistica? Cosa, al contrario, ti auguri non accada?

Curriculum Vitae è il mio punto zero, l’obiettivo ora è andare al punto uno (e ci sto già andando). Mi auguro che vada tutto bene, ma non ho paura dei fallimenti che, per mia natura, normalmente attirerò. Alla fine serve sempre un po’ tutto nella vita.

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