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Intervista

Let’s rap about it presenta Ako

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Lacasadelrap.com approda in Sardegna e per l’occasione si veste da Nuraghe (ringrazio Miner Illustrations per questo).

Ha inizio oggi la nuova rubrica che ha il compito di analizzare e incontrare le varie realtà che convivono nell’isola. Cercheremo di comprendere il rapporto tra musica rap e il sardo, i problemi dell’essere “distanti” dal panorama nazionale e la forza che spinge gli artisti a fare il doppio dei sacrifici per accaparrarsi uno spazio in un movimento tanto lontano fisicamente da sembrare, delle volte, a noi estraneo.

Partiamo da Oristano, costa ovest dell’isola, fucina dei più disparati generi musicali made in Sardegna. Ci accoglie Federico Camedda, in arte Ako.

Vendesi è stato l’ultimo album del nostro artista; potremmo definirlo a dir poco impeccabile, frutto di un grosso impegno, molto più vicino alla scena italiana che a quella isolana. Tredici brani, tredici hits e allo stesso tempo tredici racconti.

Nel  2017 torna con un nuovo singolo, Bye Bye, per rappresentare l’isola nel migliore dei modi, con un titolo alquanto provocatorio e carico di significato.

Di seguito l’intervista, buona lettura.

Quanto è difficile Vendersi in Sardegna?

Vendersi in Sardegna è molto, molto difficile.

Qua, per far sentire la tua voce, non puoi fare altro che urlare rispetto ad una persona di pari potenzialità che magari sta a Milano.

Ora come ora, a seguito delle mie scelte e dei miei ultimi lavori posso dirti che sono soddisfatto, quindi non è che mi stia pesando più di tanto stare qua, in passato invece mi è pesato molto di più perché comunque mi rendo conto, senza presunzione, che vengono “premiati” certi individui che non vedo aver nulla di speciale.

Cosa ti influenza maggiormente? Preferisci rifarti ad un rapper italiano o alla scena sarda?  

La scena sarda non influenza la mia musica, nonostante ci siano un po’ di artisti che ascolto e che mi piacciono tanto.

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Ascolto Uzi Junkana che mi piace da morire, Riky che mi piace ugualmente tantissimo, ma facciamo campionati diversi e quindi non posso competere con loro.

Per ciò che riguarda il rap italiano più che altro mi concentro sul modo di scrivere che hanno certi rappers che mi piacciono, vedo che c’è da parte loro una continua ricerca sia a livello di contenuti, sia a livello espressivo, cose per me fondamentali.

Per quanto riguardo la musicalità e generi spazio tantissimo anche se sto cercando di tenermi lontano dai suoni che ultimamente si sentono.

Dal punto di vista linguistico invece? Nel tuo album non troviamo nessuna parola in sardo. Forse una.

Si, c’è la parola “podero”, ma ti dico la verità è una parola così tanto radicata nel mio modo di parlare che ero convinto fosse una parola italiana, e mi chiedevo perché la gente non sapesse cosa significasse “poderare” (ndr. poderare in sardo significa tenere in mano).

Il sardo non è una cosa che mi appartiene tantissimo, per quanto lo capisca, musicalmente non l’ho mai sentito mio.

Per me fare un pezzo in sardo significherebbe demolire tutto ciò che ho fatto fino ad oggi, ripartire da zero e rinunciare ai risultati che sto ottenendo. Non potrei mai emulare i Menhir o i Sa Razza, non avrei la stessa attitudine e probabilmente sarebbe una buffonata. Preferisco pensare che ognuno debba fare il proprio nella maniera migliore.

Parlaci un po’ di Bye Bye.

Dopo Vendesi a livello musicale ero proprio vuoto; ho iniziato ad ascoltare un po’ di musica jazz ed elettro swing, suoni di cui poi mi sono innamorato. Ho quindi deciso che avrei voluto quei suoni per rapparci sopra. Dal panorama italiano non ho ricevuto feedback. Mi sono poi imbattuto in un ragazzo Americano, che ha il suo e-commerce di strumentali; gli ho spiegato di cosa avessi bisogno e lui mi ha mandato un pacchetto di strumentali dove c’era anche il provino di Bye Bye. È stato amore a primo ascolto.

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È stato tutto molto naturale, non aspettavo neanche io un risultato del genere. Bye Bye è l’apice del mio mantenere i contenuti riuscendo però ad arrivare a tutti. L’ho registrato nel mio studietto sotto casa, ho mandato tutto a Malakay (che si è occupato anche del mixaggio di Vendesi); sono poi salito a Sassari da lui e ho registrato nuovamente tutto per avere il miglior prodotto possibile. Quando ho finito il pezzo avevo già in mente un video animato. Ho fatto ricreare ogni posto che nomino nella canzone perchè riprendere realmente questi posti avrebbe avuto un costo esorbitante. Pochi mesi prima era uscito il video di En?gma, Rapa Nui, e armandomi di faccia da culo ho scritto a Mud Mark per un preventivo. Non aspettavo una risposta e invece ha accettato. La mole di lavoro che ha affrontato è stata enorme, ha disegnato il tutto frame per frame.

Cosa ci proporrai nel 2018?

Sto lavorando a dei pezzi nuovi, totalmente diversi da Vendesi. Se dovessi prendere in mano tutta la mia discografia, non troveresti un lavoro simile ad un altro. È una mia caratteristica, e allo stesso tempo anche una mezza inculata (perdonami il termine) perché ogni volta devo sapermi reinventare.

Questa volta, più di altre, è statodifficile farlo; dovevo capire che taglio musicale volevo ottenere, ma pare che anche stavolta ce la stia facendo.

Devo solo capire come si evolverà il mercato, perché il disco in se è figo ma l’utente poi lo apprezza veramente tutto? O si ferma ai singoli che vengono promossi?

Sto quindi pensando di pubblicare i pezzi nuovi come singoli, ognuno col proprio video, affinchè il pubblico apprezzi al meglio ogni mio lavoro.

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L’ambiente oristanese è uno dei miei preferiti per via della vostra attitudine fuori dal comune, che vi rende capaci di lavorare su qualsiasi genere. Dacci il tuo parere.

Il nostro problema purtroppo è l’invidia. Si tratta di un invidia che forse abbiamo nel sangue. Qualsiasi persona che decida di fare qualcosa, che provi a modificare la propria situazione, viene fatta a pezzi. La mia esperienza personale è così. Quando ero piccolo e mi sono approcciato al rap, non ho ricevuto nemmeno un consiglio da quelli che appartenevano alla scena da ben più tempo. Per loro la nuova generazione non doveva neanche esistere.

L’ipocrisia regnava e regna sovrana rendendo tutti amici per il semplice motivo che fa comodo. Per me è impensabile fare parte di un gruppo del genere e per questo motivo ho deciso di aiutare chiunque lo avesse chiesto.

Posso dirti che ora aiuto e consiglio due realtà della scena oristanese di cui sono fan. Fra di loro è venuta a mancare quell’ipocrisia e quella falsità tipica della nostra scena.

Come sarebbe possibile possibile combattere i problemi musicali della Sardegna?

Per avere successo in Sardegna devi per forza scappare, fare successo e poi tornare da vincitore. Non sempre però lo si può fare, quindi gli artisti devono essere valorizzati durante gli eventi importanti così da educare il pubblico.

È necessario educare il pubblico alla convivenza con l’artista e all’interazione con esso, abituandolo al fatto che non ci sia il bisogno di un grosso artista per andare ad un evento.

Devono essere i gestori dei locali e degli eventi a dover credere per primi negli artisti.

Chi vorresti leggere dopo di te?

Ergobeat, penso che avrebbe tanto da raccontare.

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